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L’oracolo di Essen. Per un esercizio di militanza rivoluzionaria

Sillogismi, ragionamenti contrapposti, contraddittori (antilogia), vogliono provare che le stesse cose possono essere buone o cattive, giuste o ingiuste. Ad esempio che le navi si scontrino, per l’armatore è male, ma per i costruttori è bene. Che un prezzo di un bene prodotto dalla terra aumenti per l’agricoltore è positivo per il commerciante è negativo. E si possono mettere giù milioni e milioni di esempi a tal proposito.

Attraverso questa tesi, Protagora (in ragionamenti demolitori) cercava di allenare i discepoli alla discussione. E questa potrebbe essere una delle tante linee di pensiero (o di fuga) che percorrendola incontra, su un avamposto militante, il manoscritto “Servire Dio e Mammona”, di Leo Essen, edito da L’Antidiplomatico 2021.

Ma ce ne sarebbero tante altre, come ad esempio la tendenza a cercare nell’uomo – e non fuori – i criteri del pensiero, lo studio, l’analisi razionalistica e allo stesso tempo antiaccademica che mette tutto in discussione e non accetta nulla se non attraverso il vaglio critico, e quindi lo scontro, o la discussione in senso agonistico per dirla ancora con Protagora.

Oppure, l’inclinazione verso la dialettica e il paradosso tipica dei sofisti, col tentativo però di andare oltre lo sterile relativismo conoscitivo e morale, semplicemente seguendo la passione incondizionata per la verità e il rifiuto di ridurre la filosofia a retorica fine a se stessa.

Da qui compiamo un volo pindarico e approdiamo dritti-dritti nel campo della storia delle idee (Arthur O. Lovejoy ,1873-1962), intesa come quella parte o quello strumento della storia dei sistemi di pensiero che hanno esercitato ed esercitano una benefica influenza sulla storia della filosofia.

Questo è il primo grande merito che si ricava dal saggio “Servire Dio e Mammona”, pagina dopo pagina ci invita infatti a non ridurre la storia della filosofia a una semplice interpretazione di testi, ma a ricercare i collegamenti tra le dottrine filosofiche, economiche e il più ampio contesto culturale, politico e sociale in cui sorgono.

Quindi due aspetti di metodo: la concezione delle idee come idee-unità e il carattere interdisciplinare della ricerca storica (P. Rossi – Il passato, la memoria, l’oblio).

Fin dall’avvertenza Leo Essen ci informa che “i temi del valore e della moneta attraversano in superficie tutti i testi. Sotto traccia si muove il confronto tra l’empirismo e l’idealismo, tra l’economia classica e neoclassica, tra il marxismo e la scuola economica austriaca, questo confronto è interpretato alla luce dello strutturalismo e del post-strutturalismo. In particolare, in certe occasioni, lo strutturalismo è giocato contro il post-strutturalismo – e viceversa -, ed entrambi sono rivoltati su se stessi per disinnescare tutte le istanze empiriste e scettiche che li attraversano.”

Utilizzando l’arma del dubbio e confutando, l’autore mostra al lettore l’inconsistenza di ogni persuasione. Tutto è in gioco e non si risolve di certo né con la totalità dialettica (Althusser docet), né accettando il “salto nel buio”, quello di cui a un certo punto ci indica di compiere Marx (come più volte ci ricorda nel libro l’autore), ma bisogna essere animati da quel desiderio di conoscenza, di vero scavo sotto i piedi, per portare alla luce un qualcosa di nuovo, una rivelazione, ossia la verità intesa come alètheia e non come veritas.

Il termine i rimanda a qualcosa da accettare in quanto conforme ad una realtà oggettiva, il termine alètheia invece rimanda a un qualcosa da svelare attraverso la conoscenza. Il saggio “Servire Dio e mammona” si muove lungo la seconda direzione, spingendo il lettore a comprendere che la realtà/verità è insita nello stesso svelamento.

Nel Nietzsche di Heidegger si legge: “L’essenziale per un rivoluzionario non è il rovesciamento in quanto tale, bensì il fatto che, nel rovesciamento, egli porta alla luce ciò che è decisivo ed essenziale. Da questa congettura nasce, tanto per dire, l’architrave del pensiero politico-filosofico di Micheal Foucault, il suo metodo archeologico e genealogico dei saperi“. Ma non basta, l’autore ci invita a sorvolare per andare oltre.

Per l’appunto, nel lavoro di Essen non si tratta di sapere per esempio come le regole di Maastricht piuttosto che il trattato di funzionamento dell’Unione Europea, il meccanismo europeo di stabilità, piuttosto ancora l’unione bancaria e qualsiasi altro accordo o istituto europeo, hanno inciso sulla sorte di milioni e milioni di persone, producendo effetti nefasti in termine di arricchimento, di saccheggio, di distruzione e miseria.

E non si tratta nemmeno di sapere come, ad esempio, un piano di controllo statale possa limitare la belva darwinista in un approccio di libero mercato; niente di tutto ciò, ma solo cercare di capire da dove sono partiti certi discorsi, certi ragionamenti, certi impianti teorici che hanno dato vita a correnti filosofiche e a scuole di pensiero differenti che hanno regolato e regolano, attraverso ciò che si definisce “ragione di Stato”, la vita economica e sociale fin dall’emergere degli Stati-nazione.

Questo per dire cosa che ogni teoria economica, ogni scuola di riferimento che ne diventa artefice del pensiero e ne fa un monumento, ha una sua base scientifica, ha un suo fondamento logico che non può essere superato così semplicemente senza essere attraversato, senza immergersi nel campo dell’analisi, del giudizio critico, del procedere dialettico delle determinazioni logiche – direbbe qualcuno -, e senza però avvalersi della pretesa della “mediazione superiore” (Hegel, Platone), come d’altronde fa con grande merito Leo Essen nel suo lavoro.

Il manoscritto “Servire Dio e Mammona” sembra dire tutto è il contrario di ogni cosa, ogni autore passato sotto la lente d’ingrandimento, in rapporto all’altro pensiero filosofico, sembra superare se stesso attraversando l’altro, anche quando va in suo soccorso.

Non esistono limiti, tutto è in gioco e, d’ora in poi, chi ha la pretesa di dichiararsi contrario a una dottrina, a un governo, a una istituzione, chi si rispecchia a qualcosa (una fede, un simbolo, un mito, eccetera) chi si definisce autonomista, pacifista, sovranista (tanto per citare alcuni termini in voga), rispetto a una impostazione piovuta dall’alto o un semplice ordine politico-sociale, deve imbrattarsi le mani: non esiste egemonia di pensiero senza lo scontro dialettico, le rotture decisive e sostanziali, come le reazioni violente, vanno praticate e non auspicate, facendosi portatori di elementi nuovi, infinitamente rivoluzionari.

La filosofia è alla base di tutto, deve porre ogni sistema consolidato sotto assedio, bisogna praticarla come fosse l’arma più feroce sulla spalla del proletariato.

Leo Essen sembra muoversi spesso in modo sparpagliato, privo di mediazione, catapultando il lettore direttamente al cuore delle nervature argomentative di un autore. Che sia Augusto Graziani (teoria monetaria di Marx e pareggio di bilancio), L. Althusser (alienazione e totalità dialettica), Lucio Colletti (Marxismo dialettica e lotta di classe) o J.Baudrillard (decostruzione, distinzione valore d’uso valore di scambio), non fa alcuna differenza.

Questa immedesimazione è in realtà per molti versi necessaria: occorre abbandonarsi all’ascolto del discorso altrui per mostrare come questo, dall’interno, si decostruisca. Solo così si può innescare quel processo dialettico di critica radicale che incarna lo spirito (o lo spettro) marxista.

In “Servire Dio e Mammona” Il richiamo a Derrida (oltre i ricami) è quasi sempre palese, nel tentativo di produrre un discorso nuovo che non si riduca ad una propria creatura finita di pensiero, ma che sia un evento di pensiero, dunque per definizione inappropriabile e sempre suscettibile di nuove riletture e riaperture.

In “La cattiva possibilità – una pagina di Spettri di Marx”, undicesima parte del suo lavoro, percorrendo il tema del soggetto della storia (teleologismo, telepoiesi, Hegel, Derrida ecc..) Leo Essen scrive: “La possibilità dell’insuccesso del comunismo deve far parte della sua struttura. Solo a questo livello il comunismo si dà come qualcosa di mai visto – di nuovo, di inedito. Tutto il resto – il piano, l’intervento pubblico, la programmazione, eccetera, non sono il comunismo. Sono qualcosa che, in una certa misura, fa parte, come realtà effettiva o come progetto (Cattiva possibilità), di questo mondo.

Ciò non vuol assolutamente dire che adesso non ci sia bisogno di piano, di progetto, eccetera – tutt’altro. Vuol dire soltanto che tutti questi interventi non sono il comunismo, né tanto meno ne assicurano la venuta, anche se possono agevolarne la venuta. Non sono una tappa o un momento verso il comunismo, per il motivo che il comunismo non è anticipabile in un piano, se lo fosse non sarebbe quel movimento che abolisce il presente, ma, al contrario, quel movimento che rinforzerebbe o perfezionerebbe, in un movimento teleologico, dunque pilotato e controllato, telecontrollato, rinforzerebbe il presente”.

Come dire siccome l’evento è ciò che irrompe e sorprende qualsiasi orizzonte di prevedibilità, allo stesso modo, l’evento (messianico), la venuta del tutt’altro, dev’essere scevro di ogni riferimento contenutistico o dogmatico, sia esso di tipo religioso, razionale o mitico.

L’esperienza aperta all’avvenire assoluto di ciò che viene dev’essere necessariamente un’esperienza indeterminata, astratta, desertica, libera, esposta, dedita alla sua attesa dell’altro e dell’evento.

Sembra questa la vera posta in gioco del dibattito a cui gli autori (compresi i neoclassici) affrontati nel saggio hanno cercato di dare una risposta: il marxismo è finito o possiede un avvenire?

Mentre il fantasma di Marx ha attraversato per oltre un secolo le cancellerie e le accademie di tutto il mondo, bistrattato a più non posso, come fosse il pericolo di un virus mortale che infettava le categorie del politico, trovando poco riparo se non in poche eccezioni, il lavoro di Leo Essen, dopo averlo reso a brandelli, ce lo riconsegna integro, in tutta la sua forza d’urto rivoluzionaria, sia nella sua cristallizzazione concettuale, comprensiva di vuoti teorici, sia nella possibilità di articolarsi concretamente dentro nuovi apparati e nuove strategie del movimento proletario mondiale.

E comunque qualcuno già sembra dirci che il barbuto è vivo e vegeto e, per certi versi, lotta insieme a noi.

In “Piano contro mercato. Per un salario sociale globale di classe”, edito sempre da  Antidiplomatico (2021), Pasquale Cicalese scrive: “Originale è, dunque, l’approccio all’accumulazione di capitale nell’eurozona teso a gonfiare capitale fittizio e a smantellare economia reale, nel mentre il pil mondiale in un decennio è passato da 37 mila a 74 mila miliardi. [….]

Differentemente da Bernanke e Draghi, l’operazione di sterilizzazione monetaria cinese era accompagnata da una spinta fondamentale all’aumento dei salari, cresciuti negli ultimi tre anni al tasso medio annuo del 20%. Risultato: i brezneviani austro monetaristi dell’eurozona, che adottando ciò che i loro sicofanti appellano “austerità espansiva” affossano l’economia europea e, con essa, mondiale; la dirigenza cinese, puntando tutto sul pubblico, garantisce tassi di crescita annuali pari al 7,5% pur in un contesto mondiale fortemente deteriorato.

I brezneviani furono i responsabili della stagnazione sovietica dopo i gloriosi 30 anni di crescita economica dell’URSS basata sulla pianificazione. I “brezneviani austro monetaristi”, mixati con i fautori americani dell’asset inflation, si gloriano dei risultati da loro raggiunti (pag19). [….]

La Cina per 4 decenni ha concentrato tutti gli sforzi finanziari per le marxiane condizioni generali della produzione, cioè l’infrastruttura completa del Paese. Lo spettacolare aumento della produttività totale dei fattori produttivi conseguente ha permesso, nell’ultimo decennio, un altrettanto spettacolare reflazione salariale – lato monetario.

Ora per loro si tratta di allargare la sfera del salario, per giungere a un quadro completo di salario sociale, sul modello francese o italiano degli anni ’70 (pag.52).”

L’approccio storico materialistico dello studio di Cicalese, frutto di un lavoro scientifico durato otto anni (raccolta dati e articoli), sembra dirci che gli effetti benefici (crescita, lotta alla povertà, sviluppo delle forze produttive)sono riconducibili al primato dello Stato sul mercato, attraverso il controllo pubblico dell’economia, e rappresentano il risultato finale della tesi che soggiace nel libro.

Leo Essen sembra non voler aspettare sul letto del fiume, a gambe incrociate, il cadavere del nemico, ma per certi versi si adopera per decostruire i fenomeni che si formano a monte, prima che la loro forza dirompente arrivi a compimento. Far saltare l’impianto a partire dalla sua costituzione, dall’origine (intesa come soglia d’intellegibilità storica), per andare a scalfire il centro di ogni struttura.

Mettere a confronto oggi questi due testi “Piano contro mercato” e “Servire Dio e Mammona” è quanto mai urgente oltre che indispensabile. Come dire son due modi diversi per analizzare i fenomeni e innescare quella dinamite utile (nel senso di ingiunzione marxista) contro ogni forma di svilimento, nel praticare la lotta di barricata (cit. Cicalese).

Leo Essen elabora un trattato sulla moneta, per certi versi sorprendente perché non si limite a tratteggiare gli enunciati classici e neoclassici (nessi, confronti, scontri) della teoria economica a partire della origini della formazione del pensiero economico, ma spinge il lettore oltre e lo porta in una dimensione del tutto nuova, di vocazione metafisica autentica (per dirla ancora con Derrida).

C’è da dire che le analisi condotte dall’autore non appaiono certo conformi ai canoni tradizionali della storia della filosofia, presentando strumenti, metodi e finalità loro proprie, che generano una periodizzazione sui generis e che connotano la categoria di modernità mediante un apparato teorico complesso, lontano dai consueti schemi interpretativi.

Tutto si consuma e perisce in uno shock eterno, in uno scontro dialettico di permanente transizione. Come dire oggi in occidente a primeggiare è il pensiero unico neoliberista, marginalista, utilitarista e monetarista di derivazione neoclassica, autori come Merger, Bowerk, Walars, Van Heyek, lo stesso Pareto sono diventati punti di riferimento costante, vere icone per organismi sovranazionali quali BCE, FMI, UE ecc…, hanno per così dire creato un solco insormontabile verso tutta un tradizione di autori classici (Smith, Ricardo, Marx, Malthus, Say ecc..) che avevano gettato le basi teoriche per lo sviluppo della storia del pensiero economico contemporaneo.

Oggi in Europa vige la regola dei cambi fissi in un sistema accettato con il dogma della teoria dell’equilibrio economico generale (legge di Walras) fondato sul modello statico, rigido del pareggio di bilancio e della conseguente estinzione a priori di tutti i debiti tra i contraenti.

La scuola neoclassica, che ha dominato il panorama intellettuale per gran parte del secolo scorso, ha le sue radici nel tentativo fatto nel XIX secolo di costruire una teoria economica più vicina alla fisica e alle scienze naturali che alle scienze sociali. L’approccio neoclassico si basa su proposizioni e teoremi logicamente dedotti da principi universali come la massimizzazione del profitto e dell’utilità, la scarsità, la tecnologia, le dotazioni.

Gli equilibri possono essere rapportati a un equilibrio “superiore” (Hegel, Platone) e valutati gli effetti delle sue politiche in materia di inflazione, una banca centrale non deve fare nulla di più. Essa deve solo stabilire una regola per mantenere l’inflazione in prossimità del suo valore obiettivo. Come dire, un buon algoritmo computazionale potrebbe essere un eccellente banchiere centrale!

Il trattato di Maastricht è impregnato di questa visione, e coerentemente attribuisce alla Banca centrale europea il solo compito di controllare l’inflazione, concedendole una indipendenza dal potere politico, svuotando di contenuto (di forma e di sostanza) gli Stati-nazione.

In “Servire Dio e Mammona”, Leo Essen, andando a ritroso, come l’angelo della storia di benjaminiana memoria, squarcia il velo e mette il lettore di fronte un grande affresco di crudele nudità: il vero volto della moneta (segno, simbolo, valore, pathos) che ha attraversato gli ultimi due secoli e più di storia, procedendo verso un fine a un ritmo (tempo) dettato da Dio (Leo Essen – Il tempo è denaro, pag.207).

E lo fa mettendo a confronto scuole di pensiero (classica e neoclassica) e correnti filosofiche (empirismo/scetticismo e idealismo, strutturalismo e post-strutturalismo) chiamando in causa molti degli autori su una preminente (non unica) contesa teorico-storica: teoria del valore-scambio (lavoro) contro teoria del valore-uso quale base scientifica per la formazione del prezzo di un bene.

Sembra una quisquilia di poco conto, ma uscire indenni da questo scontro non è affatto casuale. La casualità ha che fare con un secco lancio di dadi. Come la scoperta dell’oracolo di Essen, nascosto tra le pieghe del manoscritto “servire Dio e Mammona”. Ripercorrere le tappe della storia del pensiero filosofico occidentale attraverso un trattato sulla moneta oggi diventa compito fondamentale per un esercizio di militanza rivoluzionaria.

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4 Commenti


  • Walter Gaggero

    sillogismi,antinomia ma con chi state parlando?


    • Redazione Contropiano

      Non questi i termini complicati, dài…


  • Manlio

    Leggetela fino in fondo questa recensione è superba, sia nella forma che nel contenuto. Complimenti all’autore, ordinare il libro è d’obbligo!


  • Giuseppe

    Vi è una riluttanza pericolosa a percorrere i sentieri del pensiero. Quasi un fastidio o una sufficienza dettata da un “fare” asfittico e strozzato. Come se Marx, Lenin, Gramsci avessero nella loro vita percorso esclusivamente quella “concreta militanza” che rifugge dalla comprensione delle cose in nome di un disarmante e deludente attivismo . Nobile finchè si vuole ma ben poco rivoluzionario. La filosofia è l’arma sulla spalla di chi vuol cambiare le cose…ben detto. Ottima recensione.

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