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Gli Autonomi, volume X

Un felice flash back per l’oggi e il domani.

E’ uscito, da qualche mese per i tipi di Derive/Approdi il decimo volume della collana “gli Autonomi” dedicato alle esperienze teoriche, politiche e sociali dell’autonomia meridionale.

Questo volume – curato da due compagni, Antonio Bove e Francesco Festa – è il primo di tre tomi che racconteranno l’epopea dell’autonomia meridionale. (il secondo è in uscita a maggio 2022).

Da tempo – tra i compagni – circola l’ironica constatazione che ci ricorda che per raccontare la vicenda politica del PCI lo storico Paolo Spriano ha impiegato 8 volumi, per quella dell’Autonomia Operaia siamo già a 13 volumi programmati e molti altri sono in preparazione…..

In ogni caso – oltre il facile umorismo e la possibile inconsapevole tendenza al reducismo ed alla pura memorialistica – il testo elaborato da Bove e Festa si distingue nettamente, a parere di chi scrive, dallo stile degli altri volumi della collana fornendo ai lettori alcune chiavi di interpretazioni che tornano utili in questi nostri complessi e complicati tempi.

Ovviamente non è mia intenzioni affermare che negli altri testi della saga Autonomia sono contenute mere testimonianze archivistiche o esclusivamente rievocazioni di lotte e/o passaggi della storia del conflitto di classe degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso.

In tutti i volumi della collana ho colto – al di là del necessario racconto e della cronologia di un periodo spesso opacizzato e criminalizzato della vicenda politica di questo paese – spunti di bilancio critico ed autocritico di una variegata esperienza politico/pratica e – soprattutto – i nessi teorici di una scuola di pensiero (l’Operaismo e i suoi diversificati Post) la quale si è, comunque, misurata con gli “onori e gli oneri di ogni tipo” e con le forme della lotta di classe in Italia e non solo.

Il volume sull’autonomia meridionale di Bove e Festa ha il pregievole merito di aver portato alla luce significative esperienze di massa e di protagonismo operaio e popolare che non compaiono in nessuna fonte storica ufficiale (la formazione dell’Unione Sindacale Comitati di Lotta impulsata da militanti rigorosamente marxisti-leninisti e, quindi, sideralmente lontani dalle elaborazioni di Panzieri, Tronti, Negri e quant’altri.

Il racconto vero delle rivolte di Avola, Battipaglia, de L’Aquila, di Castellamare di Stabia e – particolarmente – quella di Reggio Calabria le quali, all’epoca, furono osteggiate dal PCI, incomprese anche da tanti pezzi dell’allora Nuova Sinistra e spesso derubricate a fenomeni reazionari o a nostrane vandee da cui distinguersi e contrapporsi).

Un lavoro di ricostruzione storica (ma anche politica) che capovolge la retorica della “sinistra” (di ieri e di oggi) la quale, ha operato nel Meridione senza coglierne le peculiarietà strutturali e travisando artatamente lo stesso pensiero di Gramsci riducendolo ad una icona inoffensiva verso ogni fenomenologia sociale di rottura e di cambiamento.

Una azione politica, sindacale e istituzionale, propugnata dal PCI, dal Sindacato e da tanti “cespugli del Partitone” la quale – con buona pace di quanti generosamente sostennero quelle posizioni – ha nociuto ad una vera Rinascita del Meridione ed ha – soventemente – lasciato la materia sociale nelle mani di soggetti e forme della politica asserviti, a vario titolo, alle filiere dei grandi interessi “nazionali ed internazionali” che si riteneva di ostacolare.

Ritornare – dunque – ad una possibile storia anomala di quelle esperienze popolari (e di classe) che la storiografia della “sinistra” ha cancellato e stigmatizzato serve – come convintamente ci argomentano Bove e Festa – ad elaborare una inedita cassetta degli attrezzi utilizzabile per l’agire politico e sociale di oggi.

La riscoperta e la nuova attenzione verso la Questione/Contraddizione Meridionale (sempre più Euro/Mediterranea a parere di chi scrive) dentro una dimensione del sottosviluppo capitalistico – caratterizzato dalla dinamica dello “sviluppo diseguale e combinato” – è il ragionamento effettuato nel contributo “Dimenticare il Mezzogiorno”, contenuto nel volume, che gli Autori hanno elaborato oltre il dato cronologico e storiografico.

Siamo – quindi – in presenza di un libro che ha saputo intelligentemente intrecciare rievocazioni ed elaborazioni offrendo, a quanti vorranno cimentarsi, spunti di ragionamento e discussione che richiedono attenzione, dibattito e confronto collettivo con rigore, senza impressionismi e facili “coazioni a ripetere” le quali, all’oggi, sarebbero fuori tempo massimo.

Un libro da consigliare ed acquistare.

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