La “strategia della tensione” è l’oscuro disegno che fa da sfondo ad uno dei periodi più terribili della storia recente del nostro Paese: tra il 1969 e il 1980, in una serie di attentati dinamitardi che ebbero luogo in siti affollati come piazze, stazioni, banche, treni, persero la vita 136 persone.
Questi inermi cittadini, sorpresi dalla fatale esplosione di una bomba mentre erano intenti in scambi commerciali, si recavano in vacanza, partecipavano ad una manifestazione antifascista o, semplicemente, vivevano la propria quotidianità, furono vittime di atti terroristici dietro i quali si celavano organizzazioni eversive di estrema destra, elementi deviati dell’apparato statale – governo, magistratura, forze dell’ordine, servizi segreti -, logge massoniche e connivenze internazionali.
In poco più di un decennio avvennero otto stragi: la prima all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, il 12 dicembre 1969; l’ultima, la più terribile, fu quella alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, con 85 morti.
Le altre: Gioia Tauro, 22 luglio 1970 (6 morti), Peteano, 31 maggio 1972 (3 morti), Questura di Milano, 17 maggio 1973 (4 morti), Savona, vari attentati tra il 1974 e il 1975 (1 morto), Piazza della Loggia, Brescia, 28 maggio 1974, (8 morti), Treno “Italicus”, San Benedetto Val di Sambro, 4 agosto 1974 (12 morti).
Il malcelato scopo di questi eccidi, al di là di tutti gli insabbiamenti e i depistaggi, era quello di impedire eventuali cambiamenti nell’assetto politico interno ed estero dell’Italia, come emerge nella riflessione sopra riportata; il susseguirsi di questi luttuosi accadimenti avrebbe dovuto comportare il diffondersi tra la popolazione di un sentimento di insicurezza tale da giustificare o auspicare svolte politiche di stampo autoritario, sul modello di quanto avvenuto, ad esempio, in Grecia con la “dittatura dei colonnelli” in quegli stessi anni.
Ciò che sconcerta, a distanza di mezzo secolo, è il fatto che per tali stragi, nella maggior parte dei casi, non sia stata fatta giustizia, perché gli iter processuali, spesso lunghi e contorti, si sono chiusi senza che i responsabili abbiano pagato per le proprie azioni.
Questi fatti sono stati oggetto di numerose indagini, di opere cinematografiche e teatrali ed hanno ispirato, negli anni, artisti e musicisti che, a vario titolo, hanno voluto esprimere il proprio sentire in merito.
Importante, poi, è stata l’attività svolta dalle associazioni dei familiari delle vittime, che in diverse occasioni, istituzionali e non, hanno richiesto che venisse fatta luce sulle trame occulte che hanno impedito di ottenere verità e riparazione per quanto accaduto.
La prima strage, quella che è stata definita “la madre” di tutte le successive, ebbe luogo come si è detto a Milano, in Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969: alle 16, 37, nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura, esplose una bomba che causò 17 morti e 88 feriti. Per il cinquantennale dell’evento, nel 2019, sono state promosse diverse iniziative commemorative; oggi, a 54 anni da quel giorno, è nato un progetto discografico che vuole ricordare, ma anche denunciare, tutto ciò che si lega a quanto accadde quel fatidico pomeriggio.
“17 fili rossi + 1 – Ricordando Piazza Fontana”, questo il titolo dell’album, si compone di 16 tracce – musica, canzoni e monologhi – per rievocare l’attentato e le sue 18 vittime: le 17 persone che persero la vita nell’esplosione più l’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della Questura tre giorni dopo e riconosciuto come diciottesima vittima dal presidente Giorgio Napolitano nel 2009.
Il progetto nasce da una lirica di Fulvio Mario Beretta che, con alcuni interventi sul testo e la composizione della musica da parte di Renato Franchi, ha dato origine alla canzone che dà il titolo al disco.
Ma le fonti di ispirazione per la realizzazione dell’album, che si vuole configurare come un autentico documento sonoro, sono anche altre. Il titolo “17 fili rossi + 1” è stato infatti suggerito a Beretta e Franchi dalla visione del docufilm “Io ricordo, Piazza Fontana”, diretto da Francesco Miccichè e coprodotto da Rai Fiction e Aurora TV nel 2019, in occasione dei 50 anni dalla strage.
Nella narrazione filmica Francesca Dendena, figlia di Pietro, uno dei caduti, fondatrice dell’Associazione Piazza Fontana 12 dicembre ’69 e interpretata da Giovanna Mezzogiorno, collegava con dei fili rossi le foto delle 17 persone decedute a causa della bomba, di Pino Pinelli e dei presunti responsabili dell’attentato.
Un altro elemento che ha contribuito alla realizzazione del concept è il brano Fontana del dolor, scritto dal cantastorie milanese Angelo Cavallini negli anni Settanta e recentemente riportato alla luce da Claudio Bernieri in un suo documentario, a sottolineare il notevole impatto che la tragica esplosione nella Banca Nazionale dell’Agricoltura ebbe sulla cultura popolare rappresentata dagli artisti di strada.
Partendo da questi spunti, Renato Franchi ha contattato numerosi cantautori e band che nel loro repertorio avevano pezzi dedicati alla strategia della tensione, a Giuseppe Pinelli e a Piazza Fontana.
Alcuni degli artisti coinvolti si sono dichiarati disponibili a comporre una canzone “ad hoc” o a interpretare brani già esistenti.
Si tratta di musicisti da sempre impegnati nella difesa della memoria storica del nostro Paese, come Gang, Renato Franchi & His Band, Yo Yo Mundi, Filippo Andreani, Alessio Lega, Come le foglie, Casa del Vento e la Banda degli Ottoni a Scoppio.
Al loro fianco troviamo band e musicisti emergenti come Daniele Ridolfi, Andreacarlo e l’ensemble Emily Collettivo Musicale.
Accanto a loro, cinque attori – Moni Ovadia, Renato Sarti, Daniele Biacchessi, Silvano Piccardi e Paolo Raimondi – hanno interpretato monologhi che illustrano, da diversi punti di vista, ciò che accadde quel terribile pomeriggio, ma anche gli eventi antecedenti e successivi, come la morte dell’anarchico Pinelli e i funerali delle vittime in Piazza Duomo.
L’album, che per il momento uscirà solo in formato fisico e non digitale, è pubblicato dalla casa discografica Latlantide. Significativo è l’artwork, curato dallo studio VISE Photograph di Cristian Visentin: la copertina rappresenta i funerali in Piazza Duomo in un’opera grafica di Giovanni Tagliavini, mentre altre immagini realizzate dell’artista milanese arricchiscono il booklet del CD.
All’interno di quest’ultimo sono presenti i contributi di Fulvio Mario Beretta, di Francesca Dendena, di Licia, Claudia e Silvia Pinelli, oltre alle foto delle lapidi delle 17 vittime della strage e di Pino Pinelli e, non ultima, l’iconica immagine delle esequie delle vittime nel celeberrimo scatto di Uliano Lucas.
Il progetto discografico “17 fili rossi + 1” va ad inserirsi in un contesto più ampio di iniziative legate alla denuncia e alla memoria della strategia della tensione, di cui la bomba in Piazza Fontana fu solo il primo drammatico atto.
Per ricordare tutte le persone scomparse nelle stragi che hanno avuto luogo tra il 1969 e il 1980, nella piazza del capoluogo lombardo – non lontano dalle lapidi delle 17 vittime del 12 dicembre 1969 e di Giuseppe Pinelli – verrà realizzata “Non Dimenticarmi”, un’installazione permanente composta da 137 steli metallici che sostengono altrettante campane a vento, ciascuna dedicata a una delle vittime delle stragi stesse (i 136 più Pinelli).
Il memoriale, progettato dall’artista Ferruccio Ascari, si configura come una doverosa riparazione nei confronti della mancata giustizia e delle ferite ancora aperte inflitte alla società italiana. Un’immagine del monumento è anch’essa presente nel booklet.
Ricordiamo infine che un frammento della title track dell’album è stato inserito da Daniele Biacchessi, giornalista e scrittore da sempre impegnato in un lavoro di indagine sugli eventi che hanno insanguinato il nostro Paese, nel suo documentario “Stragi d’Italia – Ombre nere 1969-1980”. Lo stesso Biacchessi è presente nel disco con il suo monologo Il Paese della vergogna.
La realizzazione di “17 fili rossi + 1” è patrocinata dall’associazione “Piazza Fontana 12 dicembre ‘69”, dal Comitato Promotore “Non dimenticarmi”, da ARCI “Ponti di Memoria” e da Licia, Claudia e Silvia Pinelli ed è stata sostenuta da diversi soggetti, tra i quali numerose sezioni provinciali e locali dell’ANPI.
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