E’ un passaggio decisamente rilevante quello invocato in questi giorni dalla piazza in Libano. Ina una società che ha visto convivere “modernità” di tipo occidentale e contraddizioni tutte mediorientali, l’organizzazione della vita politica e sociale su base religiosa, è una delle eredità più pesanti del colonialismo e del postcolonialismo. Il sistema politico libanese è un insieme complesso di suddivisione del potere basato su quote delle varie comunità. Dall’indipendenza del 1943 ciò garantisce un delicato equilibrio tra le 18 confessioni cristiane e musulmane del paese. Domenica scorsa, diverse migliaia di persone avevano già manifestato sotto la pioggia per chiedere l’abolizione di questo sistema, accusato di essere all’origine di tutti i mali del Paese: corruzione, clientelismo, una guerra civile distrutiva (1975-1990) e le crisi politiche che si sono susseguite a ripetizione.”Il confessionalismo è l’oppio delle masse”, era scritto sugli striscioni portati in piazza da centinaia di giovani. Tra questi sono particolarmente attivi i giovani comunisti. Il Partito Comunista Libanese, nonostante un consistente insediamento sociale e una storia consolidata nella resistenza contro le invasioni israeliane, è stato sempre penalizzato nelle elezioni a causa della sua estraneità al sistema confessionale. Solo su base locale è riuscito ad avere una rappresentanza istituzionale, mentre a livello parlamentare ha trovato sempre la strada sbarrata da un sistema elettorale che funziona sulla base di collegi e ripartizione dei voti attuati su base religiosa. I seguaci del premier Hariri vorrebbero strumentalizzare questa protesta in funzione anti Hezbollah. Per il prossimo 13 marzo è stata annunciata a Beirut la ”mobilitazione di massa” dei seguaci della coalizione guidata da Hariri contro il movimento islamico che rappresenta la rilevante componente sciita del paese..
Ma i manifestanti, che a centinaia erano già scesi in strada a Beirut dieci giorni fa, hanno sfatto sapere di non condividere l’attuale polarizzazione politico-confessionale, affermando di non riconoscersi né nello schieramento filo-saudita, guidato dal premier sunnita uscente Saad Hariri, né in quello capeggiato dal movimento sciita Hezbollah.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa