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Libia. No fly zone? Di fatto è un attacco militare

 

Le Monde riferisce che i diplomatici britannici e francesi si stanno adoperando per far varare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che avvii la No fly zone sulla Libia. A spingere in questa direzione sarebbero anche le petromonarchie arabe attraverso il Consiglio di Cooperazione del Golfo, alcune delle quali alle prese – a loro volta – con rivolte popolari che ne minano la stabilità. Secondo il segretario del Pentagono, Robert Gates, prima di realizzare la no fly zone occorre però colpire le postazioni della contraerea libica a terra, il che prevede una fase di bombardamenti sul territorio libico per distruggere i missili antiaerei. In realtà si tratta di ben poca cosa: un centinaio di missili SA-2 degli anni cinquanta e una settantina di SA-6 più recenti, riferisce il sito specializzati Global Security.org. «Sia chiaro che noi non abbiamo alcuna intenzione di intervenire in Libia. Ma ci stiamo preparando ad ogni eventualità» ha affermato il segretario generale della Nato Rasmussen nel corso della sua conferenza stampa mensile. Alla Nato non è stata finora richiesta alcuna azione: «ogni nostro intervento potrà essere realizzato solo dietro mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu», a partire dalla possibilità di creare una “No fly zone” sulla Libia. «Un’operazione questa chiaramente di carattere militare». Uno stop alla frenesia interventista è arrivato però ieri dalla Russia: a parlare di “contrarietà” è stato il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov. Il ministro degli esteri italiano Frattini al momento esclude la partecipazione di aerei militari italiani ma conferma la messa a disposizione delle basi militari per le operazioni belliche.

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