Lo rende noto la Tepco, società ch gestisce l’impianto ed è al centro di polemiche molto forti per l’inattendibilità delle notizie che rilascia. Era nota per la sua “cautela”, tesa a minimizzare gli incidenti. Ma ieri ha esagerato nel senso opposto, per un banale problema di calcolo. Prima aveva annunciato che la radioattività al reattore n.2 era 10 milioni di volte superiore alla norma, per poi correggere il tiro e parlare di “solo” di 100.000 volte.
L’errore è stato definito «inaccettabile» dal capo di gabinetto, Yukio Edano. «Anche se l’enorme lavoro di chi lavora sul sito può aiutare a spiegare l’errore, c’è da considerare che la verifica delle radiazioni è una condizione importante per la sicurezza: questo tipo di errore è assolutamente inaccettabile». Tepco, dopo l’annuncio fatto in mattinata, è stata costretta dall’Agenzia per la sicurezza nucleare a rifare le analisi per i valori abnormi dichiarati. La compagnia ha prima ammesso incongruenze, fino alla diffusione di nuovi dati comunicati in tutta emergenza in una conferenza stampa a notte fonda.
Resta comunque un problema gravissimo. Il governo giapponese ritiene che l’acqua altamente radioattiva al reattore n.2 sia dovuta «alla parziale fusione delle barre di combustibile». E no si capisce in base a quali considerazioni lo stesso Yukio Edano definisca il fenomeno «temporaneo».
Il livello di iodio radioattivo misurato in mare, a 30 metri dai reattori 5 e 6, è di 1.150 volte superiore alla norma. Si tratta di due reattori che al momento dell’incidente erano spenti per manutenzione, e quindi venivano rienuti “al sicuro”. Questo improvviso innalzamento rivela quindi l’insoergere di problemi seri anche qui. Il tasso di iodio-131 di fronte ai reattori 1 e 4, i più danneggiati dal sisma e dallo tsunami dell’11 marzo, è stato misurato ieri in circa 2.000 volte la quantità normale. Si può dunque dire che nessun reattore dei sei che compongono la centrale sia ora in condizioni “normali”.
Per Roberto Moccaldi, del servizio protezione e prevenzione del Cnr, il rischio Cernobyl è ora più vicino. «A questi livelli di radioattività in poche ore di permanenza all’interno della centrale di Fukushima si raggiunge la dose letale chiamata 50/60, perché il 50% delle persone esposte muore entro 60 giorni per i danni al midollo osseo». Ciò comporta che «i tecnici possono restare solo pochi minuti all’interno della centrale e quindi il rischio è che l’instabilità dei reattori aumenti». Intervistato da Repubblica, l’esperto spiega che l’aumento dell’instabilità dei reattori potrebbe portare a «un’esplosione più grave di quelle registrate finora. Un’esplosione che mandi in pezzi il contenitore primario, cioè lo scudo d’acciaio che trattiene la radioattività». A Cernobyl, prosegue Moccaldi, «il contenitore primario non c’era proprio, ma in sostanza lo scenario è simile. Finora la grande differenza è stata data dal fatto che il guscio di contenimento dei reattori ha fortemente limitato la fuga di radioattività». Adesso, tuttavia, «il livello di radiazione rende molto difficile raffreddare il reattore».
In Italia, invece, la lobby nucleare ancora non si vuole arrendere all’evidenza. Un esempio per tutti: l’editoriale del Corriere della sera di domenica 27 marzo, affidato a Giovanni Sartori (di professione polititologo, non certo fisico o ingegnere!), costretto alla più dolorosa delle arrampicate retoriche su specchi infranti. Sentite: “la lezione non è che le centrali nucleari siano di per sé pericolose, ma che non debbono essere costruite in zone sismiche. Ma al momento questa distinzione sfugge, travolta dall’orrore e dal terrore che tutti proviamo nell’aver visto le immagini di Fukushima”. Cacciare l’orrore con le parole… mission impossible!
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Ultim’ora. Già si erano creati problemi, a causa della combinazione terremoto-tsunami, alla produzione di componenti elettroniche per le automobili (centraline, sensori, ecc). Ora si aggiunge un altro “problema locale” che rischia di avere conseguenze globali.
La crisi nucleare in atto in Giappone potrebbe avere ricadute anche sul settore delle vernici per auto. Uno dei maggiori produttori mondiali di pigmenti, la EMD Chemicals (fa parte del gruppo tedesco Merck KGaA) ha infatti dovuto chiudere lo stabilimento di Onahama, all’interno della zona evacuata per le alte radiazioni sprigionate dai reattori fuori controllo di Fukushima. Il pigmento in questione, lo Xirallic, aggiunge l’effetto metallizzato e intensità ad un lungo elenco di colori che rientrano nell’offerta di varie case. Chrysler ha già informato la propria rete commerciale negli Stati Uniti circa le possibili carenze nelle consegne di vetture richieste con 10 colori molto popolari (brilliant black, blackberry, deep cherry red, redline, inferno red, bronze star, rugged brown, hunter green, ivory and billet metallic) e problemi analoghi potrebbero riguardare nelle prossime settimane Ford, Audi e Bmw.
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