ATENE
Piazza Syntagma, cuore della capitale greca, dal 25 maggio ormai è il centro di un via vai di persone. Sull’onda degli indignados spagnoli, seguendo un tam tam partito da facebook, in circa 100mila hanno occupato la piazza antistante il parlamento per protestare contro le misure di austerità del governo di George Papandreou.
La partecipazione è multiforme, ci sono studenti, lavoratori, anziani, immigrati, disoccupati e bambini. Alcuni bloccano gli ingressi principali dell’edificio e urlano «ladri, ladri!» ai parlamentari, costretti a utilizzare l’uscita posteriore. Martedì pomeriggio gli indignados sono confluiti nella vecchia università di Atene su invito del compositore Mikis Theodorakis e di alcuni professori, desiderosi di «unire le loro voci a quelle della società contro le misure adottate senza di noi». La protesta non sembra per ora infastidire il primo ministro Papandreou: per il portavoce del governo George Petalotis è «del tutto in ordine», perché non di parte e possibile portatrice di «soluzioni positive per problemi specifici». Evidentemente i numeri non impressionano un paese abituato ai movimenti di protesta e scioperi che paralizzano le città – un paese dove la disoccupazione raggiunge il 16%, e dove il governo sta privatizzando energia, acqua e sanità per ripagare il debito pubblico.
A differenza della Spagna, la piazza greca non ha richieste da fare al governo, la sfiducia nei confronti delle istituzioni è totale e generalizzata. «Nessuno si aspetta niente dai politici, la loro democrazia non ci garantisce quello di cui abbiamo bisogno – dice un manifestante – è un sistema di cui beneficiano in pochi e che reprime molti. La politica deve ripartire dalla sua base, e dalla capacità di autorganizzarsi». C’è il desiderio di riempire un vuoto creato dalla gestione della crisi. «Le persone sono stanche, i grandi sindacati non hanno risposte da dare – dichiara Dimitris, del sindacato autonomo dei camerieri – non si fa altro che aspettare il prossimo sciopero generale».
L’ultimo sciopero generale, l’11 maggio, chiamato dai maggiori sindacati – Adedy per il settore pubblico e la Gsee per il privato – aveva bloccato trasporti, voli, scuole, negozi e giornali per 24 ore: grande partecipazione ma anche una brutale repressione da parte della polizia che aveva mandato in coma Yiannis Kafkas, un ragazzo di 21 anni. La notizia che lunedì Yannis ha lasciato l’ospedale di Nikaia ha fatto tirare un sospiro di sollievo non solo a famiglia e amici ma a molti, memori degli eventi che seguirono la morte di Alexis, il quindicenne ucciso da un poliziotto nel quartiere Exarchia di Atene nel dicembre 2009. La tensione però nelle strade di Atene rimane alta. «Quando vado a manifestare ho paura – dice Ani, una studentessa dell’università Aristotele di Salonicco – è una sensazione fisica, temi per la tua vita. Ogni volta ti chiedi cosa succederà». A questo si aggiungono le violente scorribande degli estremisti di destra guidati dal gruppo Chrisi augi («alba dorata»).
Al tavolo dei lavoratori del settore pubblico c’è un lavoratore di un ospedale che racconta dell’ultima grande mobilitazione al grido di «we won’t pay». «L’iniziativa è partita dalle periferia di Atene e Salonicco, dove alcune persone hanno coperto con delle buste di plastica le macchine dei biglietti della metro e del bus permettendo alla gente di entrare senza pagare». Per tutto febbraio il «non pago» si è esteso a macchia d’olio coinvolgendo anche gli ospedali, «i medici si sono rifiutati di far pagare il ticket ai pazienti. E’ stato un tentativo di allargare a tutta la società la protesta contro le misure di austerità del governo, che stanno smantellando i servizi pubblici», anche se ora, conclude, «si assiste all’ennesimo riflusso».
E’ difficile fare previsioni, la situazione greca è molto più grave di quella della Spagna, il paese è alla bancarotta e la politica di Papandreou è più nelle mani delle banche tedesche e del Fondo monetario europeo che del premier stesso. Ora sembra che il movimento degli indignados stia cercando di darsi un piano d’azione: tre giorni fa ha deciso di sostenere le lotte dei lavoratori e degli studenti, di appoggiare gli scioperi e di far confluire i cortei a piazza Syntagma. Si inizia con lo sciopero indetto oggi dal settore delle telecomunicazioni e con la protesta degli studenti dell’università Propylaia di Atene. Il carattere impolitico e multiforme di questa mobilitazione di piazza potrebbe essere un dato nuovo – se riuscirà a uscire dalla logica dell’indignazione per cercare un cambiamento nella società.
Piazza Syntagma, cuore della capitale greca, dal 25 maggio ormai è il centro di un via vai di persone. Sull’onda degli indignados spagnoli, seguendo un tam tam partito da facebook, in circa 100mila hanno occupato la piazza antistante il parlamento per protestare contro le misure di austerità del governo di George Papandreou.
La partecipazione è multiforme, ci sono studenti, lavoratori, anziani, immigrati, disoccupati e bambini. Alcuni bloccano gli ingressi principali dell’edificio e urlano «ladri, ladri!» ai parlamentari, costretti a utilizzare l’uscita posteriore. Martedì pomeriggio gli indignados sono confluiti nella vecchia università di Atene su invito del compositore Mikis Theodorakis e di alcuni professori, desiderosi di «unire le loro voci a quelle della società contro le misure adottate senza di noi». La protesta non sembra per ora infastidire il primo ministro Papandreou: per il portavoce del governo George Petalotis è «del tutto in ordine», perché non di parte e possibile portatrice di «soluzioni positive per problemi specifici». Evidentemente i numeri non impressionano un paese abituato ai movimenti di protesta e scioperi che paralizzano le città – un paese dove la disoccupazione raggiunge il 16%, e dove il governo sta privatizzando energia, acqua e sanità per ripagare il debito pubblico.
A differenza della Spagna, la piazza greca non ha richieste da fare al governo, la sfiducia nei confronti delle istituzioni è totale e generalizzata. «Nessuno si aspetta niente dai politici, la loro democrazia non ci garantisce quello di cui abbiamo bisogno – dice un manifestante – è un sistema di cui beneficiano in pochi e che reprime molti. La politica deve ripartire dalla sua base, e dalla capacità di autorganizzarsi». C’è il desiderio di riempire un vuoto creato dalla gestione della crisi. «Le persone sono stanche, i grandi sindacati non hanno risposte da dare – dichiara Dimitris, del sindacato autonomo dei camerieri – non si fa altro che aspettare il prossimo sciopero generale».
L’ultimo sciopero generale, l’11 maggio, chiamato dai maggiori sindacati – Adedy per il settore pubblico e la Gsee per il privato – aveva bloccato trasporti, voli, scuole, negozi e giornali per 24 ore: grande partecipazione ma anche una brutale repressione da parte della polizia che aveva mandato in coma Yiannis Kafkas, un ragazzo di 21 anni. La notizia che lunedì Yannis ha lasciato l’ospedale di Nikaia ha fatto tirare un sospiro di sollievo non solo a famiglia e amici ma a molti, memori degli eventi che seguirono la morte di Alexis, il quindicenne ucciso da un poliziotto nel quartiere Exarchia di Atene nel dicembre 2009. La tensione però nelle strade di Atene rimane alta. «Quando vado a manifestare ho paura – dice Ani, una studentessa dell’università Aristotele di Salonicco – è una sensazione fisica, temi per la tua vita. Ogni volta ti chiedi cosa succederà». A questo si aggiungono le violente scorribande degli estremisti di destra guidati dal gruppo Chrisi augi («alba dorata»).
Al tavolo dei lavoratori del settore pubblico c’è un lavoratore di un ospedale che racconta dell’ultima grande mobilitazione al grido di «we won’t pay». «L’iniziativa è partita dalle periferia di Atene e Salonicco, dove alcune persone hanno coperto con delle buste di plastica le macchine dei biglietti della metro e del bus permettendo alla gente di entrare senza pagare». Per tutto febbraio il «non pago» si è esteso a macchia d’olio coinvolgendo anche gli ospedali, «i medici si sono rifiutati di far pagare il ticket ai pazienti. E’ stato un tentativo di allargare a tutta la società la protesta contro le misure di austerità del governo, che stanno smantellando i servizi pubblici», anche se ora, conclude, «si assiste all’ennesimo riflusso».
E’ difficile fare previsioni, la situazione greca è molto più grave di quella della Spagna, il paese è alla bancarotta e la politica di Papandreou è più nelle mani delle banche tedesche e del Fondo monetario europeo che del premier stesso. Ora sembra che il movimento degli indignados stia cercando di darsi un piano d’azione: tre giorni fa ha deciso di sostenere le lotte dei lavoratori e degli studenti, di appoggiare gli scioperi e di far confluire i cortei a piazza Syntagma. Si inizia con lo sciopero indetto oggi dal settore delle telecomunicazioni e con la protesta degli studenti dell’università Propylaia di Atene. Il carattere impolitico e multiforme di questa mobilitazione di piazza potrebbe essere un dato nuovo – se riuscirà a uscire dalla logica dell’indignazione per cercare un cambiamento nella società.
da “il manifesto” del 2 giugno 2011
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