*****
A chi è cresciuto nell’epoca di Wikileaks e dei blogger globali, la notizia potrà non fare alcun effetto, ma chi invece era già adulto negli anni della guerra del Vietnam e da allora ha iniziato a dubitare della sincerità dei governi, non rimarrà indifferente alla notizia. A quarant’anni di distanza dalla loro rivelazione sulla prima pagina del New York Times, nel 1971, i ‘Pentagon Papers’, domani, verranno finalmente resi accessibili al pubblico nella loro integrità. Per via di quelli che il Washington Post definisce «bizantinismi» del segreto di Stato, i documenti che svelarono vent’anni di politiche e errori americani in Vietnam e nel sudest asiatico, verranno ufficialmente dichiarati «declassified» dalla National Archives and Records Administration. Sebbene si sia trattato, finora, di un riserbo puramente formale, per documenti resi già in gran parte pubblici, grazie alla stampa, sarà possibile, per la prima volta, consultare nella loro totalità le pagine che componevano il rapporto intitolato ufficialmente, «United States – Vietnam Relations, 1945-1967: A Study Prepared by the Department of Defense». Fu, all’epoca, il più clamoroso caso di fuga di notizie riservate mai registrato nella storia americana. Una ‘bombà mediatica il cui effetto fu forse ancora più dirompente di quello suscitato dai documenti resi pubblici in questi anni da Julian Assange. I ‘Pentagon Papers’, come scrisse anni fa il New York Times, « dimostrarono, tra le altre cose, che l’Amministrazione Johnson aveva sistematicamente mentito, non solo al pubblico, ma anche al Congresso, su una questione di straordinario significato e interesse nazionale».
I ‘Papers’ altro non erano che uno studio, commissionato nel 1967 dal segretario alla Difesa Robert McNamara a una task force di analisti militari, all’insaputa degli altri membri dell’Amministrazione Johnson e dello stesso presidente. Lo scopo non era chiaro, anche se McNamara in seguito spiegò che la sua intenzione era di lasciare un resoconto dettagliato del coinvolgimento americano in Vietnam a beneficio degli storici. Per portare a termine il compito, che alla fine assunse la forma di 47 volumi, per un totale di 7mila pagine, gli autori dei ‘Papers’ attinsero a piene mani dai documenti riservati del gabinetto del segretario alla Difesa. McNamara lasciò il suo incarico nel febbraio del 1968 e il suo successore, Clark M. Clifford, ricevette il lavoro finale il 15 gennaio del 1969, appena cinque giorni prima dell’insediamento di Richard Nixon alla Casa Bianca. La pubblicazione dei ‘Papers’, avviata dal New York Times, a cui presto si unì anche il Washington Post, avvenne per iniziativa di Daniel Ellsberg, un analista della Rand Corporation, il think tank al quale erano state consegnate due copie del lavoro finale. Visionati i documenti, Ellsberg, che si opponeva alla guerra, dopo averli fotocopiati, maturò l’idea di renderli pubblici. Tentò dapprima, invano, di contattare Henry Kissinger, consigliere per la sicurezza nazionale di Nixon. Infine, nel febbraio del 1971, ne parlò con il cronista del New York Times Neil Sheehan. Il 13 giugno, il quotidiano pubblicò i primi estratti dei «papers», a breve seguito dal Washington Post. Nixon, inizialmente, persuaso che le rivelazioni mettessero più che altro in imbarazzo i suoi predecessori democratici, non si oppose alla pubblicazione. Solo in seguito, fu persuaso da Kissinger a intraprendere una serie di azioni per fermare la fuga di notizie.
Le rivelazioni diedero luogo a cortei di protesta in tutto il Paese, infinite polemiche politiche e durissime battaglie legali. Fu uno shock per il pubblico americano, e non solo, scoprire che il governo degli Stati Uniti, in particolare sotto le amministrazioni democratiche di Kennedy e Johnson (ma la disinformazione sulla politica Usa in Vietnam risaliva all’Amministrazione Truman) aveva, tra l’altro, esteso il proprio ruolo nel conflitto con bombardamenti e raid aerei nel Laos, in Cambogia e in Vietnam del Nord e aveva intrapreso delle azioni di guerra prima che gli americani ne fossero informati. Uno dei documenti pubblicati all’epoca, un memorandum del Dipartimento della Difesa sotto l’Amministrazione Johnson, rese chiare a tutti quali erano le ragioni della persistenza americana nel conflitto: «70% – per evitare una sconfitta umiliante per gli Stati Uniti; 20% – per mantenere il Vietnam del Sud e i territori limitrofi fuori dall’influenza cinese; 10% – per consentire alla gente del Vietnam del Sud di godere di uno stile di vita migliore e più libero; ANCHE – per uscire dalla crisi senza inaccettabili ombre per i metodi usati; NON – per ‘aiutare un amicò». Nel corso di questi quarant’anni, l’importanza della pubblicazione, seppure non integrale e in alcune parti imprecisa, di quei documenti, è stata largamente discussa, oggetto di innumerevoli articoli, libri e perfino di un film, «The Pentagon Papers», appunto, del 2003, diretto da Rod Holcomb. Così come il conflitto vietnamita, anche alla luce della riconciliazione che c’è stata, negli anni scorsi, tra Washington e Hanoi, è stato ampiamente analizzato, perfino nei suoi aspetti più tragici e controversi. Lo stesso Ellsberg, oggi ottantenne, ma ancora fiero oppositore delle pretese di segretezza da parte dei governi, intervistato dal Washington Post, fa sapere che la desecretazione dei «papers» è da considerarsi un «non evento». La domanda da farsi, dice ancora Ellsberg, è una sola: «cos’altro ci hanno nascosto in questi anni?».
Per approfondire:
http://www.upi.com/Audio/Year_in_Review/Events-of-1971/The-Pentagon-Papers/12295509436546-7/
http://www.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB48/supreme.html
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa