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Siria: Amina , il bluff della blogger fantasma

«Libertà per tutte le Amina». Era questo lo slogan che decine di italiani scandivano ieri davanti all’ambasciata siriana di Roma. Un sit-in tenuto nel nome della 35enne Amina Arraf Adballah, mentre dalla Siria giungevano notizie di altri morti e feriti, diffuse da attivisti locali al termine di un nuovo venerdì di proteste contro il regime di Bashar Assad. Tuttavia si fanno sempre più forti i dubbi non solo sull’arresto ma sull’esistenza stessa dell’insegnante d’inglese siro-americana autrice del noto blog “A gay girl in Damascus” e che oggi sarà ricordata all’Europride.

Che la blogger sia un fantasma comincia a pensarlo anche la stampa occidentale che in queste settimane di scontri in Siria ha dato ampio spazio ai resoconti di massacri attribuiti alle forze di sicurezza del regime di Bashar Assad, fatti dai cyberattivisti e, quindi, anche dalla «ragazza gay a Damasco». Lunedì scorso in tutto il mondo era rimbalzata la notizia dell’arresto di Amina, portata via, secondo la (presunta) cugina Rania Ismail, da tre giovani energumeni del partito Baath al potere. L’enorme copertura giornalistica è stata accompagnata da una foto della giovane che ha fatto il giro del pianeta. Successivamente però è stato accertato che la persona in quell’immagine è in realtà una signora croata, Jelena Lecic, che vive a Londra, e non Amina che nessuno ha mai potuto incontrare, ufficialmente per motivi di sicurezza. Come si legge su uno dei blog del New York Times, un giornalista della Npr, Andy Carvin, segnala che nessuna delle notizie sull’arresto di Amina è stata scritta da persone che l’hanno incontrata in passato, o che l’hanno intervistata. «Non l’ho mai vista» aggiunge da parte sua la freelance italiana M. I. (collaboratrice del Manifesto e di Nena News) che, come gli altri (pochi) reporter stranieri presenti in Siria, ha potuto solo intervistare la blogger inviandole le domande grazie all’email. Anche la Cnn l’aveva intervistata il mese scorso via email.

M.I. aggiunge che un suo conoscente, un giovane siriano appartenente alla nascosta comunità gay di Damasco, dice di non aver mai visto la siro-americana. Altro fatto strano (o che almeno suscita una serie di interrogativi), una donna che si era definita «sua amica personale», Sandra Bagaria, ha indicato al Nyt, alla Bbc e ad Al Jazira, non solo di non averla mai incontrata, ma di non avere neppure mai comunicato con lei attraverso Skype. I ripetuti contatti tra le due sono avvenuti soltanto scambiando circa 500 email da gennaio, quindi senza mai vedere il suo viso.

Pur non potendo escludere del tutto l’esistenza della blogger, è opinione sempre più diffusa che il blog «A gay girl in Damascus» sia gestito da più persone che con ogni probabilità non vivono in Siria.

(Fonte: Nena News)

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