Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza in tutto lo Stato Spagnolo rispondendo all’appello dei due maggiori sindacati iberici (CC.OO e UGT) contro la politica economica del governo Rajoy. Secondo gli organizzatori più di un milione di lavoratori, giovani e disoccupati hanno partecipato alle 57 manifestazioni promosse in tutto lo Stato.
La manifestazione più partecipata, quella di Madrid, ha preso il via intorno alle 12 ed è sfilata senza problemi riempiendo la centralissima Puerta del Sol. A sfilare sono stati anche i settori giovanili e sociali che si riconoscono nel ‘movimento 15 maggio’, anche se assai critici con la piattaforma dei sindacati che al governo si limita a chiedere una “correzione” della riforma del mercato del lavoro. Uno striscione retto dagli ‘indignados’ accusava apertamente “Ugt e Ccoo vendono i lavoratori”. Numerose critiche erano state rivolte alla direzione dei due sindacati per la scelta di non convocare lo sciopero generale e di limitarsi a indire manifestazioni di domenica, tanto che lo slogan più gettonato durante molte delle manifestazioni odierne è stato quello che chiedeva lo sciopero generale immediato sul modello di quanto accade in Grecia. A Madrid gli striscioni riportavano frasi contro il governo, contro i tagli ai diritti dei lavoratori e ai salari, messaggi di solidarietà con la lotta del popolo greco. Uno denunciava ‘Tagli zero alle banche e al clero’. Interrogati dai giornalisti sulle critiche ricevute i segretari generali delle Comisiones Obreras e dell’Union General de los Trabajadores – contro i quali alcuni manifestanti hanno lanciato delle uova piene di vernice gialla – si sono giustificati affermando che la mobilitazione odierna rappresenta una sorta di spazio di ‘espressione democratica’ attraverso la quale i lavoratori possono esprimere il proprio no ad una riforma del mercato del lavoro imposta dal governo che introduce di fatto il licenziamento libero. Hanno chiesto al governo di tornare a trattare e di non attuare riforme unilaterali. Ignacio Fernández Toxo e Cándido Méndez hanno ammesso che non convocheranno uno sciopero generale finchè il momento non sarà adeguato. Una scelta non condivisa dai sindacati di classe e indipendentisti dei Paesi Baschi e della Galizia, che per il prossimo 29 marzo hanno già indetto una fermata generale di 24 ore con una piattaforma che chiede il ritiro della ‘reforma laboral’ e si schiera contro la sudditanza di Madrid e delle istituzioni regionali nei confronti dei poteri economici e finanziari dell’Unione Europea.
La cosiddetta ‘reforma laboral’ è stata varata dal governo del Partido Popular una decina di giorni fa, e rappresenta un attacco durissimo ai diritti dei lavoratori. In un paese in cui la disoccupazione ha raggiunto quota 23% la legge permetterà di assumere i giovani fino ai 33 anni in condizioni di precarietà completa, renderà i licenziamenti più facili e meno costosi sia per le aziende sia per gli imprenditori. Non è un caso che gli imprenditori della CEOE abbia più volte elogiato un provvedimento che non avrebbe saputo scrivere meglio dal punto di vista dei suoi interessi. A proposito di interessi, il governo – soprattutto la vice di Rajoy, Soraya Sáenz de Santamaría – batte sul tasto della competizione tra generazioni: se volete che i vostri figli lavorino dovete rinunciare a un po’ di salario e a un po’ di diritti. Ma la nuova legge non porterà affatto nuovo lavoro, semmai distruggerà quello che già esiste. Quando la riforma entrerà in vigore, si potrà essere licenziati senza giusta causa con un indennizzo di soli 33 giorni per ogni anno lavorato per un massimo di 24 mensilità, mentre fino ad ora l’indennizzo era di 45 giorni per un massimo di 42 mensilità. Inoltre la ‘reforma laboral’ riconosce la giusta causa per quei licenziamenti che siano conseguenza di un rifiuto del lavoratore nei confronti di una decisione unilaterale dell’azienda, oppure quando un’azienda pur non trovandosi in crisi affermi di avere delle difficoltà da 9 mesi. Inoltre da ora, per poter mettere i propri dipendenti in cassa integrazione – in Spagna si chiama ERE – l’azienda non dovrà più ottenere il consenso degli Enti pubblici ma potrà farlo di propria iniziativa avendo di fatto mano libera per quanto riguarda i licenziamenti collettivi. Un attacco di tali proporzioni ai lavoratori e ai giovani non si era mai visto, e non appaiono quindi affatto giustificate le timidezze e le ambiguità dei sindacati ufficiali che continuano a spingere affinché il governo riapra un processo di concertazione che non vuole e non può riattivare. La ‘timidezza’ dei due segretari di UGT e CCOO sono diventate ancora più palesi durante la lettura del comunicato ufficiale dei due sindacati a Puerta del Sol, con migliaia di manifestanti che gridavano ‘sciopero generale, sciopero generale’.
Critiche a UGT e CCOO sono piovute anche nel corteo di Barcellona nella quale erano molto visibili anche gli attivisti e i simpatizzanti della locali organizzazioni di sinistra. Gli slogan più gettonati sono stati “Non è una riforma, è una bomba” e “Contro la riforma mobilitazione”. Pur promettendo che se ce ne sarà bisogno il sindacato ricorrerà allo sciopero, incredibilmente il segretario delle CCOO della Catalogna, Joan Carles Gallego, ha reclamato al governo la necessità di negoziare perché altrimenti “il conflitto continuerà nelle strade e nelle imprese”.
Grande manifestazione anche a Valencia. Giunti nella Piazza del Municipio molti manifestanti hanno gridato slogan contro la Polizia. Riferendosialle cariche degli agenti contro gli studenti scesi in piazza nei giorni scorsi, i manifestanti hanno gridato in catalano ‘que valents, que peguen els xiquets’, che coraggiosi a picchiare i bambini.
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