Sul caso dei due militari italiani arrestati in India, si registrano poco fa delle gravi ed alquanto improprie dichiarazioni del Ministro degli esteri italiano.“Abbiamo condiviso l’esigenza di affermare sul piano internazionale il principio dell’immunità dei peacekeeper che operano nel quadro delle risoluzioni Onu” ha detto il ministro degli Esteri, Giulio Terzi in visita in Etiopia. Per Terzi bisogna “affermare questo principio di immunità e di giurisdizione nazionale applicabile come principio di carattere generale che è ampiamente riconosciuto ma che merita di essere affermato”. Resta il problema che i due militari, non erano affatto impegnati in una missione Onu ma assoldati dalla compagnia amatoriale della petroliera Enrica Lexie sulla base di un accordo bilaterale ed oneroso con il Ministero della Difesa italiano che ha deciso di mettere in vendita a privati i propri militari.
In Italia si parla molto e a sproposito dei due militari italiani accusati di aver ucciso due pescatori italiani. Non si parla affatto delle vittime, anzi queste non esistono più, quasi che a ucciderle siano stati i tonni che stavano pescando. Si fa strada l’idea dell’impunità a prescindere, invocando addirittura il precedente dei piloti statunitensi responsabili – in Italia e contro cittadini italiani – della strage del Cermis. Una vulgata talmente becera da essere sottolineata anche dal giovane direttore de La Stampa, Calabresi, il quale rispondendo ai lettori, invita a non esagerare invocando una legge unilaterale degli Stati Uniti che è stata imposta al resto del mondo. I due pescatori uccisi sembrano ormai essere morti quasi per colpa loro, mentre in Italia si stenta ad ammettere che l’India non è più quella di Tremal Maik ma un paese grande, una potenza emergente, con le sue leggi e i diritti dei suoi cittadini.
Sul fronte delle indagini si segnala che una delegazione del Dipartimento della Marina indiana è salita oggi a bordo della Enrica Lexie per svolgere controlli legati alla scatola nera e al libro di bordo della nave, riguardanti l’incidente del 15 febbraio in cui sono stati uccisi due pescatori del Kerala. L’operazione amministrativa, è sorvegliata da un responsabile dell’ ambasciata italiana e da tre rappresenti della Marina. Giorni fa sulla stampa indiana erano emerse indiscrezioni secondo cui la scatola nera non avrebbe conservato i dati relativi al giorno dell’incidente. Intanto i due militari del Battaglione San marco, i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno trascorso la seconda notte invece che in cella nella dimora, nell’area dell’ ospedale, all’interno del carcere centrale di Trivandrum. Su richiesta delle autorità italiane, anche l’Unione Europea si sta attivando per trovare “una soluzione soddisfacente» al caso dei marò italiani in India. Lo ha riferito una portavoce di Catherine Ashton, la responsabile per la politica estera europea. L’Unione Europea “ha sempre seguito molto da vicino, fin dall’inizio, questa crisi, in particolare attraverso la sua delegazione a Nuova Delhi”, ha detto Maja Kocijancic. “Ora, su richiesta dell’Italia, stiamo attivando contatti per trovare una soluzione positiva alla vicenda”, ha aggiunto la portavoce della Ashton senza fornire dettagli.
La conclusione della vicenda sarà molto importante, non solo nei rapporti tra Italia e India ma anche sul piano del diritto internazionale. Una soluzione basata sull’impunità sarebbe come uccidere un’altra volta le vittime “italiane” del Cermiss o il funzionario dello stato “italiano” Nicola Calipari. Se le prove dimostreranno che i marò sono innocenti ben vengano, ma se dimostreranno il contrario non ci potrà essere impunità che tenga.
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