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Clima di guerra contro la Siria

Oggi alcuni stati membri dell’Unione Europea hanno proceduto all’espulsione degli ambasciatori siriani dai rispettivi paesi. Al momento si segnalano l’espulsione da Italia, Spagna, Francia, Germania, Canada. La Gran Bretagna ha espulso l’incaricato d’affari e altri due diplomatici dato che aveva già espulso l’ambasciatore. I miliziani anti-Assad del Cns hanno salutato positivamente le espulsioni dei diplomatici siriani.

A Damasco è tornato l’inviato speciale di Nazioni Unite e Lega Araba, Kofi Annan. L’obiettivo è provare a mantenere il piano in sei punti che nei mesi scorsi era riuscito a far sottoscrivere al presidente siriano Assaf, senza però concreti risultati. Il piano Annan aveva previsto anche l’arrivo in Siria, lo scorso 12 aprile, di una missione di 280 osservatori ONU, al fine di fermare le violenze armate da entrambe le parti. Si tratta della prima visita di Annan in Siria da marzo. Kofi Annan, ha chiesto al presidente siriano Bashar al-Assad, che lo ha ricevuto a Damasco, “passi decisi” per mettere fine alle violenze in corso nel paese. Annan “ha illustrato in termini franchi il suo punto di vista al presidente Assad, dicendogli che il piano di pace in sei punti non può avere successo senza passi decisi per fermare le violenze e rilasciare i detenuti e ha sottolineato l’importanza della piena attuazione del piano”, ha detto a Ginevra il portavoce di Annan, Ahman Fawzi. Intanto anche uno dei “falchi della guerra” il ministro degli Esteri britannico, William Hague è volato con destinazione Mosca: l’obiettivo è fare pressioni sulla Russia perché assuma azioni concrete contro il governo siriano, a cui finora ha assicurato pieno appoggio. “La nostra priorità è individuare i responsabili del massacro – ha detto al Guardian, Hague – Sarò a Mosca per chiedere alla Russia di compiere pressioni rapide e non equivoche sul regime di Assad. Non è nell’interesse della Russia, né nell’interesse di nessuno al mondo, che la situazione in Siria collassi fino ad una guerra civile di larga scala”.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva duramente condannato l’utilizzo da parte del governo siriano di artiglieria pesante contro la popolazione della città di Houla: venerdì notte l’attacco ha provocato la morte di almeno 108 persone (tra cui 49 minori) e il ferimento di altre 300. Nella dichiarazione, sottoscritta stavolta anche dalla Russia – fino ad ora alleata di Assad – l’Onu dichiara che le morti sono il risultato di “attacchi che hanno coinvolto l’artiglieria governativa in quartieri residenziali” e chiede al presidente Assad di abbandonare l’utilizzo di armi pesanti in aree popolate – secondo quanto previsto dal piano in sei punti che Kofi Annan aveva fatto firmare a Damasco a marzo.

Una dichiarazione che non ha accontentato gli oltranzisti dell’intervento militare contro la Siria. Francia e Gran Bretagna avevano proposto una condanna ancora più dura, mentre la Russia puntava ad un più blando comunicato, in particolare dopo che Damasco aveva negato ogni responsabilità per il massacro. “Non è ancora chiaro così sia accaduto – ha detto Igor Pankin, vice ambasciatore russo alle Nazioni Unite – Ci sono prove sostanziali che dimostrano che la maggior parte delle vittime è stata accoltellata o giustiziata da armi da fuoco da breve distanza”.

Il governo siriano, attraverso il portavoce del Ministero degli Esteri, Jihad al-Makdissi, ha definito le accuse contro Damasco “uno tsunami di bugie”. “Neghiamo completamente la responsabilità di questo massacro terroristico contro il nostro popolo – aveva detto in conferenza stampa al-Makdissi – Abbiamo istituito una commissione militare e legale di indagine. I risultati emergeranno in pochi giorni”. Secondo Damasco, prova sarebbe le modalità di uccisione delle vittime di Houla: non colpi d’artiglieria ma semplici armi da fuoco che hanno sparato da breve distanza.

Qui di seguito il comunicato ufficiale del portavoce del ministero degli esteri siriano per i giornalisti:

“La Siria condanna severamente questo massacro terroristico che è costato la vita ai figli della Siria, ragazze, ragazzi e anziani, vittime di un atto dichiaratamente criminale. La condanna della Siria è duplice, in quanto essa condanna lo tsunami di menzogne che ha avuto inizio tre giorni fa contro la nazione siriana, e condanna la facilità con cui i ministri degli affari esteri di alcuni Paesi e i mezzi d’informazione hanno puntato il dito contro le forze governative . Ciò che è accaduto, è stato voluto e pianificato, ed è che centinaia di uomini armati si sono riuniti alle ore 14.00 di venerdi 25 maggio ed hanno utilizzato macchine pick up cariche di armi sofisticate e pesanti, come mortai, mitragliatrici pesanti e missili anticarro , il che rappresenta una novità nella rappresaglia contro le forze governative. La strage non è avvenuta solamente nella località di Houla; anche il villaggio Shumariyeh è stato testimone di un massacro. I raccolti agricoli, le case, l’ospedale, tutto è stato dato alle fiamme, e Houla è la parte di un’immagine più grande che mostra l’esecrabile progetto terrorista. Nessun carro armato siriano è entrato in queste località nè alcun cannone è stato mai puntato contro il luogo in cui si sono commessi questi massacri, e le forze governative e di sicurezza non hanno mai abbandonato le loro postazioni, anzi sono rimaste in stato di difesa, rispondendo a quest’aggressione come legittima difesa. Gli scontri sono terminati alle ore 23.00 dello stesso giorno. La nazione siriana è responsabile della difesa dei suoi cittadini, civili e forze governative, e tra i suoi doveri vi è la difesa dei civili ai sensi della costituzione, cosa questa che non è mai cessata. La Siria preserva il diritto di difendere i suoi cittadini, che questo piaccia oppure no, non si tratta di un gioco politico ma di sicurezza, e la salvaguardia dei cittadini ricade sotto la responsabilità della nazione siriana ed è ciò che avviene nel modo più opportuno”.

L’attacco avvenuto, i due massacri a Shumariyeh e al Houla e l’incendio delle case, dei quartieri e degli ospedali pubblici è una cosa ingiustificabile e merita una riunione del Consiglio di Sicurezza per indagare su chi finanzia, arma, ospita e istiga l’intervento della Nato. La Siria ha formato una commissione militare di giustizia che indagherà su tutto quanto è accaduto, i cui esiti saranno diffusi tra tre giorni”.

Una dichiarazione che può essere ritenuta credibile o meno, ma che ormai appare del tutto inutile. I falchi della guerra e dell’intervento militare si aggirano sulla Siria.

Un recente precedente storico: le stragi al mercato di Markale (Bosnia)

5 febbraio 1994: prima strage di Markale, la principale piazza del mercato di Sarajevo. Il 6 giugno successivo Jasushi Akashi, delegato speciale ONU per la Bosnia, dichiara alla Deutsche Presse Agentur che un rapporto segreto ONU aveva attribuito da subito ai musulmani la paternita’ della strage, ma che il Segretario Generale Boutros Ghali non ne aveva parlato per ragioni di opportunita’ politica. Poco tempo dopo Akashi viene rimosso dall’incarico…
28 agosto 1995: la seconda strage a Markale suscita fortissima emozione nell’opinione pubblica. All’inizio di settembre la NATO attacca i serbi della Bosnia… Solo successivamente (Cfr. il dispaccio ITAR-TASS 6/9/1995 che fa riferimento alle operazioni segrete “Ciclone Uno” e “Ciclone Due”, coordinate dal capo dell’esercito musulmano Rasim Delic. Vedansi anche Michele Gambino su “Avvenimenti” del 20/9/1995 e Tommaso Di Francesco sul “Manifesto” del 3/10/1995) emergera’ che pure la strage del 28/8 ha ben altri responsabili: si parla di strutture segrete, appoggiate dai servizi occidentali, impegnate nella strategia della tensione contro la popolazione della Bosnia.


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