Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia e dell’Oriente di Alessandria e Gerusalemme, ha inviato una lettera “a tutte le persone di buona volontà nel mondo”, “a tutte le chiese del mondo” e a tutti i governi delle nazioni affinché aiutino il dialogo, la riconciliazione, l’incontro e il confronto nella martoriata Siria. E’ “il cammino più difficile ma l’unico ragionevole. La Chiesa in Siria è chiamata al ministero della riconciliazione civile e sociale, Musalaha, con tutti i mezzi disponibili”. E il patriarca chiede aiuto per questa impresa: …”Occorre una campagna internazionale per realizzare la riconciliazione in Siria. Se tutto il mondo chiedesse con una sola voce e ogni giorno il dialogo e la riconciliazione, sì, tutto cambierebbe”. Ed è indispensabile, perché la riconciliazione è “l’unica scialuppa di salvataggio per la Siria”.
Alle chiese del mondo e ai religiosi il patriarca chiede che si facciano portatori di Musalaha presso le diverse istituzioni governative quanto presso i fedeli.
Ai cristiani siriani il Patriarca chiede di “non emigrare: il ritorno sarà più difficile, e anche i paesi di accoglienza non saranno disponibili a lungo. Faremo il possibile per assistere i bisognosi e gli sfollati”. A loro volta, impegnandosi in ogni luogo della Siria, con ogni interlocutore possibile, i cristiani levantini e arabi compiranno una grande missione rispetto al loro paese. La loro missione è invitare tutti al dialogo”.
A tutti i siriani il patriarca comunica la grande speranza che “insieme i siriani, tutti sofferenti in questa situazione tragica, troveranno un’altra strada rispetto alla violenza, alle armi e la distruzione, perché nella violenza non ci sono vincitori ma solo perdenti. Ripeto il mio appello fondato su un’esortazione del Corano: ‘Arriviamo a un linguaggio comune fra noi e voi’ (Aal Imran 3:64) e su una del Vangelo: ‘Beati i costruttori di pace’ (Matteo 5:9)”.
Il Patriarca si appella al mondo: “Speriamo che il nostro messaggio sia ricevuto dai re, dagli emiri e dai presidenti arabi e dai capi di tutte le nazioni del mondo, in America del Nord e del Sud, in Europa Occidentale e Orientale, in Asia, in Africa e Australia. E da tutte le chiese e comunità cristiane, dalle organizzazioni non governative e dagli intellettuali, dai costruttori di pace, dai Premi Nobel per la pace”.
Gregorio III precisa che “sul campo, in Siria, c’è il ministero della riconciliazione attivo ed efficiente. E d’altro canto, ci sono gruppi all’opera, formati da capi tribù, persone influenti, e che sta avendo successo nella soluzione dei conflitti in diverse località, operando per ristabilire la pace. Chiediamo ai nostri amici di sostenere il lavoro di questi gruppi, e della Chiesa di Siria che si consacra a questo compito di riconciliazione”. Per questo “ministero di riconciliazione” il Patriarca si dice disposto a offrire la vita.
Il Patriarca è originario di Daraya dove nei giorni scorsi si sono susseguiti violenti scontri, con molte vittime; egli ha invitato alla riconciliazione anche “le sorelle e i fratelli di Daraya”, là dove è cresciuto in un clima di grande concordia fra cristiani e musulmani, e dove adesso i cristiani sono stati presi di mira “da alcune fazioni degli insorgenti, alcuni dei quali arrivati da fuori e affiliati con organizzazioni terroriste”.
Certo con queste, e con chi le sostiene, la riconciliazione appare ardua come scalare le montagne.
Ma Mussalaha sta andando avanti. E’ uno sforzo comunitario, una iniziativa nonviolenta nata a Homs, centro di scontri fra l’esercito siriano e i gruppi armati. Coinvolge membri elle comunità etniche e religiose stanche della guerra. Si propone come “terza via” alternativa al conflitto armato e vuole scongiurare anche un intervento armato dall’esterno (anche se quello indiretto c’è già da tempo). Dice “no” alla prosecuzione delle violenze. No alla guerra civile e a violenze settarie.
Ci sarebbe (stato) un ruolo per gli stessi osservatori dell’Onu avevano iniziato un processo per arrivare a livello locale a dei micro-cessate il fuoco dal basso in alcune località, con una sorta di processi diplomatici guidati fra responsabili locali dell’esercito e dei gruppi armati dell’opposizione. Nella città di Deir ez-.Zor, per un po’ queste tregue dal basso hanno funzionato.
In effetti, suggeriva la tivù russa RT, il mando degli osservatori avrebbe dovuto spostarsi dal semplice monitoraggio di un cessate il fuoco nazionale che non c’è al favorire piccole tregue locali in grado poi di espandersi, partendo dal basso. Quindi, processi negoziali su piccola scala, comunità, villaggi, città. La cosa migliore che la comunità internazionale possa fare sarebbe favorire all’Onu di giocare questo ruolo anziché essere la foglia di fico del multilateralismo per coprire decisioni unilaterali di potenze esterne.
Mussalaha conta sull’appoggio, fra gli altri, di Mairead Maguire, irlandese, premio Nobel per la Pace: “Dobbiamo sostenere con urgenza chi lavora per la pace in Siria e per aiutare i 22 milioni di siriani a risolvere pacificamente il conflitto, anziché promuovere violenza e caos”.
Madre Agnès-Mariam de la Croix, superiora palestinese-libanese del monastero Der Mar Yacoub a Qara (Siria), impegnata nel movimento Mussalaha, ha incontrato nei giorni scorsi la Premio Nobel irlandese per esplorare la possibilità di una delegazione internazionale in sostegno politico al movimento. A Bruxelles ha poi incontrato responsabili della Commissione Europea. Di passaggio in Italia, sta incontrando la stampa e gruppi che appoggiano Mussalaha, come la Rete No War. La nostra proposta è: creiamo un Comitato di Appoggio a Mussalaha.
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=646
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