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Due milioni di catalani in piazza per l’indipendenza

Dopo che già questa mattina decine di migliaia di persone avevano reso omaggio all’eroe nazionale catalano Rafael Casanova, oggi pomeriggio la richiesta di indipendenza da Madrid ha riempito le strade di Barcellona come forse non era mai avvenuto. Molti dei partecipanti alla manifestazione che ha iniziato a sfilare alle 18  ricordano una partecipazione simile solo nel lontano 1977 quando dopo la morte del dittatore Francisco Franco un milione di catalani scesero in piazza in nome della ritrovata libertà. Che però va stretta agli abitanti del ‘principato’, se è vero che oggi sono state almeno due milioni le persone di tutte le età, molti immigrati compresi (per la Polizia un milione e mezzo), che hanno inondato l’enorme centro storico di Barcellona colorandolo di rosso e di giallo (e di blu) con centinaia di migliaia di senyeras ed esteladas, le due versioni della bandiera nazionale. Via Laietana, la Gran Via, il Passeig de Gracia, Placa de Catalunya e decine di altre strade sono diventate per ore veri e propri fiumi di gente scesa in piazza rispondendo all’appello dell’Assemblea Nazionale Catalana e della Federazione dei Municipi per l’Indipendenza. Delegazioni di catalani sono arrivate non solo dai territori dalla Comunità Autonoma di Barcellona e dalle altre comunità catalane dello Stato Spagnolo (Pais Valencià, Baleari) ma anche dai territori sotto amministrazione francese (Perpignano e il Rossiglione). Ai catalani rientrati in patria dagli altri territori dello Stato si sono unite folte delegazioni di baschi e di galiziani, oltre ai rappresentanti delle organizzazioni politiche di sinistra che, anche in Castiglia, considerano la Spagna una vera e propria ‘prigione dei popoli’.

L’11 settembre i catalani festeggiano, da almeno un secolo, la Diada. Una giornata che commemora la caduta di Barcellona nelle mani delle truppe borboniche di Filippo V di Spagna comandate dal duca di Berwick durante la Guerra di Successione Spagnola l’11 settembre 1714, dopo 14 mesi d’assedio. Quel giorno il governo spagnolo, vincitore di una guerra che assunse connotazioni di scontro nazionale, decise l’abolizione delle istituzioni catalane autonome, a partire dalla Generalitat de Catalunya (il governo). Una data che forse i portoghesi, più che i catalani, dovrebbero festeggiare, visto che la monarchia spagnola per reprimere la rivolta di Barcellona dovette distogliere le truppe dalla repressione della insurrezione dei portoghesi (a dimostrazione che gli stati sono tutt’altro che entità immutabili e naturali…).

Diventata giornata di rivendicazione repubblicana e indipendentista già alla fine del XIX secolo la celebrazione della Diada fu proibita e repressa perché considerata una manifestazione separatista. Una repressione e una proibizione totale che naturalmente hanno caratterizzato gli anni bui della dittatura franchista, ferocemente nazionalista oltre che fascista. A partire dagli anni ’80 e per molti anni, la Diada è stata celebrata separatamente: da una parte le forze catalaniste integrate e compatibili con il nuovo assetto dello Stato Spagnolo basato sulle autonomie, dall’altra le forze della sinistra indipendentista.

Quest’anno la crisi e il piglio aggressivo e centralista  del governo statale del Partito Popolare – la destra nazionalista spagnola mira a una riduzione drastica se non ad una cancellazione di fatto delle autonomie regionali – hanno trasformato la giornata in un momento di rivendicazione politica piena: quella dell’indipendenza e del distacco da Madrid, all’insegna dello slogan “Catalogna nuovo stato indipendente dell’Europa”. Alla fine del corteo alcuni rappresentanti delle forze promotrici hanno difeso, in numerose lingue – italiano compreso – il diritto dei catalani a costruire un proprio futuro indipendente da quello di una Spagna accusata di aver negato la storia e l’identità di una nazione che ora pretende la restituzione della propria sovranità.

diada2012Allo slogan ‘I-inde-independencia’ cantato e declinato in tutte le salse e in tutte le lingue da centinaia di migliaia di persone, si è unita una rivendicazione corale di giustizia sociale e di rifiuto delle politiche di austerity.

In particolare in quei settori della sinistra indipendentista che insieme ai partiti spagnoli – PP e PSOE – criticano anche i partiti che rappresentano gli interessi di una borghesia catalana che pur utilizzando simbologie e fraseologie nazionaliste non hanno mai desiderato una separazione da Madrid, preferendo una più proficua gestione ‘autonoma’ dell’amministrazione del Principato. Non a caso la parola d’ordine delle organizzazioni della sinistra indipendentista catalana era ‘Né patto fiscale, né patto sociale’, mentre la maggiore organizzazione regionalista, il partito di centro destra Convergencia e Uniò del presidente della Comunità Artur Mas, ha deciso di non partecipare alla manifestazione.

Ma la novità storica della giornata di oggi, oltre ad una partecipazione che definire massiccia è dir poco, è che una parola d’ordine radicale e dichiaratamente indipendentista ha messo d’accordo un arco di forze assai variegato dal punto di vista sociale e politico. Al termine della manifestazione una delegazione delle forze promotrici è stata ricevuta all’interno del palazzo del Parlamento catalano all’interno del quale è stato letto un documento che chiede esplicitamente la dichiarazione immediata dell’indipendenza e la separazione dalla Spagna. I rappresentanti dell’Assemblea Nazionale Catalana e della Federazione dei Municipi hanno chiesto al presidente della Generalitat la convocazione in tempi brevi di un referendum che permetta agli abitanti della Catalogna di decidere il futuro status del paese.

diada2012aRivendicazioni sostenute da centinaia di migliaia di firme e votate dai consigli comunali di alcuni municipi catalani nei giorni scorsi, e in via di approvazione in altri centri anche di medie dimensioni. Un recente sondaggio pubblicato dal quotidiano La Vanguardia indica che il 51,1% degli abitanti della regione sostiene l’indipendenza, a fronte di un 36% che si dichiara contrario. Naturalmente a livello statale ben il 77% degli spagnoli si dice contrario all’indipendenza catalana, e l’86% crede che il governo centrale di Madrid debba continuare a vigilare sui bilanci della regione attraverso un patto fiscale che oggi ha ricevuto un nettissimo ‘no’ dalle strade di Barcellona e di altre sei città della regione dove hanno manifestato altre decine di migliaia di persone.
In cambio della concessione di 5 miliardi al governo di Barcellona i nazionalisti spagnoli vorrebbero la rinuncia da parte catalana a buona parte del proprio autogoverno in campo fiscale ed economico. Una pretesa che, stando all’enorme massa di gente scesa in piazza oggi, potrebbe rappresentare la miccia in grado di scatenare un processo di separazione della Catalogna dagli esiti irreversibili.

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1 Commento


  • giancarlo staffo

    l’alternativa all’euroimperialismo passa anche per l’autodeterminazione dei popoli oppressi alleati della classe operaia.

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