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Sudafrica: incita minatori alla rivoluzione, mandato d’arresto per Malema

Dopo le minacce, il governo ha deciso di passare all’azione contro il leader politico sudafricano che nelle ultime settimane aveva approfittato della rivolta dei minatori per chiedere che la lotta per le riforme si facesse più dura, rispolverando per l’occasione la parola ‘rivoluzione’.

Dopo una serie di annunci e smentite, ormai è certo che la magistratura ha emesso un mandato d’arresto (per quanto se ne sa, ancora non eseguito) nei confronti del 31enne Julius Malema, ex pupillo del presidente sudafricano Jacob Zuma e poi espulso dall’African National Congress per le sue forti critiche alla linea immobilista del partito di governo. L’avvocato di Malema, Nicqui Galaktiou, ha confermato la notizia ma, non essendoci ancora stata la notifica dell’atto giudiziario, ha affermato di non conoscerne contenuto e motivazioni. Ma sembra comunque che le accuse nei confronti di Malema non abbiano una forma politica, ma che il mandato di cattura contro di lui sia stato emesso per frode, riciclaggio di denaro sporco e corruzione. Secondo quanto riferisce sul suo sito il settimanale City Press, ”Malema dovrà comparire davanti ad un tribunale la settimana prossima a Pretoria o Polokwane (a nord, la città di cui é originario, ndr) per rispondere di riciclaggio di denaro sporco, corruzione e frode”. Per evitare che il suo cliente venga ammanettato, l’avvocato ha fatto sapere che ”contatteremo le autorità per organizzare la sua comparsa in aula la settimana prossima”.

Da diversi mesi, la polizia e le autorità fiscali tengono d’occhio l’origine delle entrate di Malema, accusato di avere un tenore di vita troppo alto. Alcuni media hanno diffuso il sospetto che i soldi a disposizione del leader politico provengano da un “oscuro fondo di famiglia” o dalla On-Point-Engineering, un’azienda nella quale ha degli interessi e che ha vinto una gara d’appalto sospetta nella provincia di Limpopo, la stessa di Malema. Ma in un comunicato diffuso oggi le autorità fiscali del Sudafrica hanno negato di aver chiesto il  mandato di arresto.

Che dalle minacce il governo stesse passando ai fatti si era capito qualche giorno fa quando il giovane leader, recatosi alla miniera di Marikana per tenere un comizio era stato bloccato dalla polizia e portato via dagli agenti. Negli ultimi tempi Malema, incitando i minatori alla rivolta e chiedendo a gran voce la nazionalizzazione delle miniere così come avvenuto in numerosi paesi dell’America Latina, aveva innervositi gli investitori stranieri che controllano l’industria estrattiva nel paese.

 

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