La destra e l’oligarchia neo-liberista cercano di screditarli, definendoli il “braccio politico delle FARC”. Anche se in Colombia non è detto che rappresentare la guerriglia sia indegno, e comunque non più di quanto non lo sia rappresentare lo Stato. “In molte zone del paese l’esercito colombiano, per la violenza nei confronti della popolazione, è considerato un invasore. Recentemente nella zona di Cauca le comunità indigene hanno espulso i militari dalle loro terre”. Parla Francisco, del movimento “Marcha Patriotica”, spiegando come a 12 anni dal Plan Colombia, intervento diretto militare degli Stati Uniti nel paese, gli effettivi delle forze armate siano passati da 100 a 450 mila e le spese militari siano arrivate al 7% del PIL. “Abbiamo più soldati che il Brasile. Ma l’unica cosa certa è che la guerriglia resiste e mantiene la sua operatività in buona parte del paese, ed il conflitto armato si mantiene attivo perché sussistono le cause che lo hanno generato”.
Francisco e Dolly, di Marcha Patriotica, sono stati in Italia per qualche giorno, per incontrare rappresentanti dei movimenti sociali e politici, per invitare “i popoli europei a manifestare solidarietà politica con i dialoghi di pace e con la proposta di una soluzione politica al conflitto armato”.
Ci è voluta un’ora di intervento a Francisco per spiegare la vera faccia della Colombia, mentre Dolly ha raccontato il funzionamento e le proposta del nuovo movimento. “Aggregate 1700 movimenti sociali” le chiedo, aprendo l’intervista. “Di più, di più. Da quando abbiamo lanciato il movimento, ad aprile, abbiamo oltrepassato le duemila organizzazioni affiliate”, aggiunge sorridente Francisco, che poi chiarisce il senso della frase che si legge sulla bandiera del movimento. “Marcha Patriotica, movimento per la seconda indipendenza della Colombia: la prima indipendenza non si è mai compiuta a causa del tradimento delle oligarchie. Ora vogliamo completare il processo, con l’indipendenza dal neocolonialismo, dall’influenza degli Stati uniti, dal capitale transazionale contrario agli interessi del popolo americano e colombiano”.
E cosa dicono della provocazione della destra e dei settori più reazionari che accusano MP di essere il volto politico della guerriglia? “Abbiamo proposto, in una riunione col presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, che l’Unasur (Unione delle Nazioni Sudamericane ndr) controlli, che la comunità internazionale faccia delle verifiche sull’eventuale infiltrazione o sulla partecipazione delle FARC nella Marcha. Il teorema della destra non ha alcun fondamento, altrimenti saremo già tutti in prigione, te lo assicuro”.
Per Francisco, dietro alla volontà di screditare MP, si nasconde l’incapacità del governo di discutere le proposte politiche e le garanzie democratiche che mancano nel paese. “Dire che siamo un braccio delle FARC è cercare di toglierci la voce, “siete delle FARC, quindi non potete parlare…”.
Dolly trova un’altra chiave di lettura a questa provocazione: “alcuni media europei come El Pais o Intereconomia sostengono questa teoria perché la borghesia transnazionale, gli investitori europei in Colombia non vogliono che i progressisti europei conoscano la realtà e appoggino la nascita di un movimento popolare come la Marcha”.
Ma qual è la realtà in Colombia? Innanzitutto è una democrazia di facciata, con un livello di astensionismo elettorale che da quarant’anni si aggira sul 50%, con picchi del 70% (come nelle Presidenziali del 1994). E quale posto migliore per fungere da “laboratorio neo liberista dell’America Latina” che un paese dove da 45 anni vige, in modo quasi permanente, lo stato d’assedio?
“L’oligarchia colombiana, che ha mantenuto per decenni una dittatura mascherata da democrazia, non è mai dovuta ricorrere ai militari per imporre una dittatura, a differenza di altri paesi dell’America Latina”, spiega Francisco. “A che serve la dittatura quando si può legalizzare a livello costituzionale lo stato d’assedio e la divisione del potere tra due soli partiti? Perché la dittatura, se in piena “democrazia” si può sterminare un partito di opposizione, come l’Unione Patriottica, con l’assassinio di cinquemila quadri e sette senatori in un quadriennio?”, aggiunge.
Ma non è solo MP a contestare l’assenza di garanzie democratiche minime in Colombia. Le organizzazioni colombiane per i diritti umani denunciano l’esistenza di più di 7 mila prigionieri politici. L’ONU parla di circa 60 mila desaparecidos dal 1980, e di 4,9 milioni di sfollati interni dagli anni Novanta ad oggi. Secondo i dati dello stesso governo di Bogotà, i paramilitari al servizio dei latifondisti hanno sottratto, “a sangre y fuego”, 8 milioni di ettari (per le Ong 12) ai contadini colombiani. E sebbene la Colombia abbia il tasso di affiliazione sindacale più basso dell’America Latina, più della metà dei sindacalisti uccisi nel mondo è colombiano.
L’assenza di garanzie democratiche si deve a una serie di fattori, istituzionali, costituzionali ma soprattutto alle caratteristiche delle classi dominanti colombiane. “L’oligarchia colombiana fa da retroguardia ideologica, politica, militare ed economica all’estrema destra e al capitale in America Latina. La Colombia è il modello da seguire per l’FMI per quanto riguarda le leggi nei settori minerario, ambientale, finanziario”.
Questo insieme di contraddizioni, per il rappresentante di MP “fa sì che la lotta di classe si esprima in Colombia attraverso la guerra. Esiste un conflitto sociale ed armato, e non – come volgarmente lo definisce la destra – una minaccia terrorista”.
Un conflitto sociale con profonde radici storiche e culturali. La prima e più evidente è il problema – mai risolto – della terra. Un recente rapporto delle Nazioni Unite sulla concentrazione della terra in Colombia parla di uno 0,4% di proprietari che possiede il 49% delle terre totali. “In questo 49% – precisa Francisco – sono compresi solo i grandi latifondi che superano i 500 ettari. Ma sono i piccoli proprietari o contadini che possiedono terre al di sotto dei due ettari a produrre il 70% degli alimenti in Colombia, dove non si è mai varata nessuna riforma agraria”. I latifondisti continuano ad avere ingenti quantità di terre incolte, e controllano economicamente, politicamente e militarmente il paese.
“Ci troviamo di fronte a un problema che non è stato risolto né dall’oligarchia né dal capitalismo; al contrario, la concentrazione di terra si è sempre più accentuata. Per questo il primo punto della nostra proposta di pace è lo sviluppo rurale”.
E’ in questo contesto che è nato il movimento Marcha Patriotica. Una manifestazione realizzata a Bogotá il 20 aprile ha riunito 100 mila persone provenienti da tutto il Paese, dopo otto anni di completo silenzio durante il governo di Álvaro Uribe.
Il movimento raccoglie le rivendicazioni di diversi settori della società – dagli studenti ai contadini, al movimento operario e quello femminista – decisi finalmente a scontrarsi con i governi neo-liberisti.
“È stato importante non solo per noi come movimento ma per tutto il paese”, ricorda Dolly. “La Marcha è una iniziativa politica che va oltre le elezioni. C’è un logorio della politica elettorale in Colombia, e le persone sono disposte a partecipare in modo nuovo”.
Nessun partito di destra riuscirebbe a mobilitare 100 mila persone, “neanche con le solite manifestazioni pagate dal governo” provoca Francisco, che ricorda come la manifestazione del 20 aprile non rivendicasse nulla in particolare: “è stata una manifestazione politica, e io credo che sia giunta l’ora del cambiamento in Colombia”.
Un cambiamento che dovrà passare prima per le strade per poi concretizzarsi nelle urne. “L’America Latina ci insegna che per fare una rivoluzione Bolivariana in Venezuela, per riuscire ad avere un governo democratico, con socialismo comunitario, come propone Evo Morales, prima c’è stata una rottura con le oligarchie boliviana e venezuelana, cominciata dalle strade. Ora non ci preoccupano le elezioni, ma i rapporti di forza e la mobilitazione. Vogliamo organizzare il 50% della popolazione che non vota, e aggregarla a quegli elettori che votano contro la destra”, conclude Francisco.
La Colombia sembra al bivio. Marcha Patriotica è il principale protagonista di un processo che, con la collaborazione di tutte le forze sociali, potrebbe gettarsi alle spalle decenni di “democrazia macondiana”.
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