“La violenza dell’ETA non esiste più, quella dello Stato Spagnolo si” ha affermato ieri la candidata della sinistra indipendentista basca Laura Mintegi. Le elezioni anticipate che domenica rinnoveranno il parlamento regionale della Comunità Autonoma Basca vengono spesso definite ‘le prime senza il ricatto del terrorismo’. E’ ormai chiaro anche ai media più distratti che l’organizzazione armata che per decenni ha tenuto alta la bandiera dell’indipendenza basca ha lasciato completamente campo libero al fronte politico, dopo la sua decisione di abbandonare per sempre la sua attività. E la scrittrice a capo della coalizione di sinistra EH Bildu – gli eredi di Batasuna, i nazionalisti di sinistra di EA e gli ex di Izquierda Unida di Alternatiba – potrebbe raggiungere domenica un risultato storico, a pochi punti dai liberal-democristiani del Partito Nazionalista Basco, in un “consiglio regionale” dove socialisti e popolari saranno assai ridimensionati rispetto a quello uscente.
Nella campagna elettorale che si concluderà col voto del 21 ottobre irrompe ora il tema della tortura. Introdotto nel dibattito da un intervento della Tribunale Europeo per i Diritti Umani che ieri ha condannato il governo spagnolo a risarcire l’ex direttore del quotidiano basco Egunkaria, Martxelo Otamendi. Arrestato e torturato dalle forze di sicurezza di Madrid nel 2003, Otamendi denunciò alla magistratura spagnola i maltrattamenti che gli erano stati inflitti, ma i tribunali di Madrid in tutti questi anni si sono ben guardati dall’ordinare una inchiesta e tantomeno dal punire i colpevoli.
All’alba del 3 febbraio del 2004 decine di Guardia Civil incappucciati fecero irruzione all’interno della sede del quotidiano Egunkaria (l’unico integralmente in euskera) e lo misero sotto sequestro, arrestando dieci persone tra giornalisti e amministratori con l’accusa di appartenenza all’ETA. Su ordine del giudice dell’Audiencia nacional Juan del Olmo, tutti gli arrestati, tra i quali il direttore Otamendi, furono sottoposti ai cinque giorni di completo isolamento che le leggi d’emergenza spagnole concedono per le indagini antiterrorismo. Durante questo periodo di ‘incomunicaciòn’ Otamendi ed altri vennero pesantemente torturati, nella speranza che realizzassero dichiarazioni che dimostrassero la tesi dell’accusa. Cioè che il giornale era diretto dall’organizzazione armata che lo utilizzava per finanziare le proprie attività.
Al termine del periodo d’isolamento cominciò per cinque detenuti un lungo iter giudiziario che si è concluso solo sette anni dopo, il 12 aprile del 2010, con l’assoluzione completa di tutti gli imputati. Nel frattempo il giornale chiuso manu militari dalla magistratura spagnola – stessa sorte era toccata nel 1998 ad un altro quotidiano, Egin – era stato sostituito con un altro anche in questo caso interamente in basco, Berria. Nessun risarcimento nonostante i danni milionari causati alle imprese editoriali colpite, nessuna scusa ufficiale, e nessuna inchiesta sulle torture inflitte ad alcuni degli arrestati, sottoposti a pestaggi, minacce, soffocamento con acqua (la ‘bolsa’)…
Incredibilmente, fu anzi il ministero degli Interni spagnolo a querelare gli imputati per ‘false dichiarazioni di tortura’ e ‘calunnia’ nei confronti della Guardia Civil.
La condanna arrivata ieri da Strasburgo riapre il caso e riporta il tema della tortura nel dibattito politico. Nella sentenza la terza sezione del Tribunale Europeo per i Diritti Umani sanziona l’Audiencia Nacional di Madrid per non aver indagato in maniera adeguata ed esaustiva sulle denunce di Otamendi, e per aver archiviato il caso basandosi esclusivamente sulle dichiarazioni del medico forense, senza neanche aver ascoltato il denunciante. La sentenza di risarcimento di Strasburgo, occorre dirlo, è assai reticente. Non solo perché i 24.000 euro di risarcimento ordinati appaiono ridicoli rispetto ad un’accusa di tortura, ma anche perché il Tedh non si spinge a chiedere la cancellazione dal Codice Penale spagnolo di quei 5 giorni di ‘incomunicaciòn’ usati dagli apparati di sicurezza per torturare i detenuti politici.
Ieri l’attuale direttore di Berria, durante una conferenza stampa realizzata insieme all’avvocato Inigo Iruin, si è detto comunque ‘soddisfatto’ per la presa di posizione di Strasburgo. Anche se poi ha amaramente commentato che “es barato torturar en España” (“torturare in Spagna è economico”), denunciando l’esistenza di centinaia di casi di imputati maltrattati impunemente come lui.
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Enrico Triaca
“Incredibilmente, fu anzi il ministero degli Interni spagnolo a querelare gli imputati per ‘false dichiarazioni di tortura’ e ‘calunnia’ nei confronti della Guardia Civil.”
Avranno imparato dallo stato italiano?
Questa è la realizzazzione della “unità europea”