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Idranti e lacrimogeni, Turchia divisa nel Giorno della Repubblica

Di chi è il “Giorno della Repubblica”? Del popolo, è l’unanime risposta dei partiti. Ma il popolo turco ieri s’è diviso fra chi approvava le celebrazioni ufficiali presenziate ovviamente dall’attuale leadership – il presidente Gül, il premier Erdoğan, l’apparato delle Forze Armate, tutti ingentiliti dall’accompagnamento delle rispettive consorti – e una parte dell’opposizione che ha manifestato in strada in un’altra zona di Ankara trovandosi di fronte idranti e lacrimogeni della polizia.

In piazza soprattutto militanti dell’Unione della Gioventù Turca (TGB), una componente vicina al Partito dei lavoratori che nell’estate aveva tenuto una conferenza nella provincia di Hatay esprimendo solidarietà al governo siriano di Assad. E naturalmente anche i nostalgici più intransigenti del kemalismo repubblicano all’interno del CHP, il cui segretario Kılıçdaroğlu ha fatto la spola fra le celebrazioni istituzionali e le proteste di piazza. Chi invece sosteneva che non bisognava guastare la festa e dividere la popolazione è stata la destra estrema del Partito della Grandiosa Unità (BBP) tenutasi fuori dalla protesta assieme al Partito Nazionalista (MHP).
Il divieto imposto dal governo si rifaceva a una nota dell’Intelligence che annunciava possibili infiltrazioni di provocatori nelle file dei manifestanti: ”alcuni gruppi possono cercare d’incitare all’anarchia”. Giustificazioni considerate pretestuose dall’ufficio politico del CHP.

Con un appuntamento in un luogo simbolico: l’antica sede del Parlamento, avamposto di quella che fu la lotta per l’indipendenza, circa 20.000 persone tentavano di raggiungere il Mausoleo di Atatürk. Dopo un’ora di fronteggiamenti, scazzotate, manganellate e docce d’acqua e di gas le Forze dell’Ordine hanno consentito un corteo sino ad Anıtakbir soprattutto grazie alle garanzie offerte da taluni deputati. Precedentemente sul registro speciale di Anıtakbir il Capo dello Stato aveva testimoniato per iscritto la sua devozione al padre della Patria ricordando come nell’89° anniversario della fondazione della Repubblica ”la Turchia prosegue la marcia per migliorare la democrazia, proteggere libertà e diritti umani (sic), rafforzare l’economia e sostenere le riforme”. Un pronunciamento da parte di Gül sotto l’indelebile segno di Atatürk, ma gli oppositori al partito-stato dell’AKP non gli credono granché e rilanciano l’allarme di un possibile attacco ai valori repubblicani e laici da parte dell’Islam politico in salsa erdoğaniana. I termini del confronto-scontro si sviluppano dentro e fuori gli organi istituzionali, con l’unica eccezione per le prospettive economiche il cui modello capitalista, non privo di scorribande liberiste,  accomuna i contendenti. Nuovi contrasti sono presenti nella rielaborazione della Carta Costituzionale il cui traguardo tuttora è un obiettivo da raggiungere. E alla fine non è detto che gli eredi del kemalismo, islamisti e laici, al di là delle celebrazioni onoreranno il padre.

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