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Panama, il governo cede alla rivolta. Revocata la Legge 72

I rappresentanti del governo di Panama avevano invitato gli oppositori alla calma e alla pazienza perché la deroga della contestatissima Legge 72 avrebbe secondo loro richiesto alcuni giorni di intenso ma obbligatorio iter parlamentare. Ma di fronte alla continuazione e all’allargamento della mobilitazione popolare in tutto il paese iniziata dieci giorni prima i tempi sono stati miracolosamente accelerati. Grazie ad una lunghissima maratona parlamentare conclusasi con soli voti a favore, nessun contrario e nessun astenuto in quella che obiettivamente è una sconfitta dolorosa per la maggioranza di destra del Cambio Democratico al governo. 

E così domenica il presidente Ricardo Martinelli, appena tornato da un lungo quanto criticato viaggio in Asia, ha firmato l’ordine di sospensione della legge approvata dieci giorni fa che consentiva la privatizzazione dei terreni all’interno della Zona di libero commercio di Colón (Zlc). Legge che aveva scatenato una vera e propria sommossa popolare con la partecipazione dei sindacati e delle associazioni popolari ma anche della confederazione dei commercianti, dei trasportatori e degli imprenditori della provincia dove sorge il canale di Panama. Una rivolta trasformatasi presto in uno sciopero generale ad oltranza e in un tentativo di assalto al Parlamento nella capitale, che neanche la dura repressione – tre i morti, decine di feriti e centinaia di arresti – è riuscita a placare. Neanche la promessa di una deroga aveva fermato le manifestazioni, così come la decisione di destinare il 100% dei proventi delle vendite – e non il 35% come deciso inizialmente – a programmi di sviluppo all’interno del territorio di Colòn.

Dopo il dietrofront del presidente viene formalmente reintrodotto il decreto legge 18 del 17 giugno del 1948 con cui venne creata la Zona Libera di Colòn, all’interno del quale i terreni vengono solo affittati alle imprese commerciali straniere attirate da un’assenza quasi totale di imposte, facendone la seconda “zona franca” più importante al mondo dopo quella di Hong Kong. Il Parlamento ha anche approvato la istituzione di una commissione d’inchiesta sugli scontri e sulle violenze accadute nella città portuale capoluogo della zona del Canale, incaricata anche di stabilire eventuali indennizzi per i familiari delle vittime della repressione e di verificare le denunce di abusi da parte di esponenti delle forze dell’ordine mandate dal governo a reprimere la sollevazione popolare.

Contro i manifestanti e gli scioperanti il governo non ha inviato solo gli agenti della Policia Nacional, ma anche gli effettivi del Servicio Nacional de Fronteras (SENAFRONT), un corpo militarizzato finanziato, armato e addestrato dal Comando Sud degli Stati Uniti che ha sempre identificato come ‘nemico numero uno’ i contadini e gli indigeni del paese. Già a febbraio Martinelli aveva inviato un battaglione del SENAFRONT a San Félix contro gli indigeni ch si opponevano alla costruzione di una centrale idroelettrica, e nella repressione erano stati uccisi due lavoratori. Nel 2010 i militari erano stati invece aviotrasportati nelle zone dove era in corso la protesta dei lavoratori delle coltivazioni di banane gestite dalla Bocas Fruit. Anche in quel caso morirono due lavoratori indigeni, falciati dalle pallottole.

Ora a molti dei movimenti sociali, sindacali e popolari che hanno dato vita alla rivolta contro la Legge 72 l’importante vittoria appena ottenuta non basta, e la parola d’ordine delle prossime mobilitazioni già annunciate sta diventando quella delle dimissioni di Martinelli e del suo governo, accusati di favorire le oligarchie locali a danno della maggioranza della popolazione e di governare ad uso e consumo degli interessi delle multinazionali straniere. Nel mirino della contestazione popolare c’è ora il Trattato di Promozione Commerciale con gli Stati Uniti che, a partire dalla sua entrata in vigore del 31 ottobre, potrebbe mandare sul lastrico un totale di 9000 piccoli e medi produttori panamensi.

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