Nei sondaggi della vigilia è ancora parità fra Obama e Romney. Una rilevazione della società Rasmussen, segnala che il presidente e il suo sfidante sono pari al 49%. Lo stesso rileva un sondaggio di Abc news/ Washington Post dà il testa a testa tra i due. Entrambi raccolgono ciascuno il 48% delle intenzioni di voto. Il sondaggio di Abc news/Washington Post iè però più accurato e si sofferma anche sulle differenze di orientamento tra i vari gruppi sociali ed etnici che costtituiscono il meling pot statunitense. Obama sarebbe preferito dalle donne con una percentuale del 6% mentre il repubblicano Romney dagli uomini per il 7%. Il 20% degli elettori bianchi opta per Romney, mentre Obama raccoglie il 59% delle preferenze tra gli altri elettori. Come nelle presidenziali del 2008, i giovani per il 25% sono favorevoli a Obama, mentre le persone più anziane, il 12%, preferiscono Romney.
Il presidente americano sarebbe avanti di un punto, secondo il sondaggio di Wall Street Journal/NBC: Obama ha il 48% delle preferenze contro il 47% di Romney. Più lusinghiero per Obama è un sondaggio Usa Today-Gallup. secondo cui Obama ha il 50% delle preferenze a fronte del 46% di Romney, ma sempre secondo l’istituto Gallup Barack Obama e Mitt Romney sono pari con il 48% negli swing state, (gli stati indecisi), cruciali nella corsa alla Casa Bianca. Il Gallup considera come “swing state” Colorado, Florida, Iowa, Michigan, Nevada, New Hampshire, New Mexico, North Carolina, Ohio, Pennsylvania, Virginia e Wisconsin.
Obama sarebbe avanti di 4 punti tra i probabili elettori nello stato chiave dell’Ohio, secondo l’ultimo sondaggio Reuters/Ipsos. Il presidente è infatti al 48% mentre il suo rivale Romney è al 44%. Il precedente sondaggio dello stesso istituto dava Obama avanti in Ohio di un solo punto. Testa e testa (47%) in Pennsylvania, secondo un sondaggio di Tribune-Review. Obama e Romney pari anche in Michigan. Secondo un sondaggio di Foster McCollum White Baydoun, i due candidati sono pari con il 46%. Obama è in lieve vantaggio in Virginia, secondo un sondaggio di Wall Street Journal/Nbc, Obama ha il 48% delle preferenze contro il 47% di Romney.
Nel mondo degli affari si vanno delineando i posizionamenti decisivi. Il Financial Times ha rinnovato il suo appoggio Obama, ritenuto la scelta “migliore” nel voto del 6 novembre. Nel 2008 lo aveva sostenuto considerandolo “la scelta giusta” e la “scommessa più sicura” per gli Stati Uniti. “La supremazia degli Stati Uniti è minacciata – afferma il Financial Times – in un mondo in cui il lavoro a basso costo è disponibile. La determinazione americana è sotto esame in Afghanistan, Medio Oriente, Nord Africa e Cina. Nessuno dei candidati ha offerto risposte convincenti su come affronterà queste sfide”. “Quello che è chiaro è che i due hanno diverse filosofie di governo. Obama è un interventista” e “nella sua risposta all’uragano Sandy ha mostrato che un governo forte può esser parte della soluzione più che un problema”. “La presidenza di Obama – conclude Ft – appare come la migliore scelta”. Un sostegno quello del Financial Times che contrasta con con quello degli ambienti di Wall Street . Romney infatti gode del favore e del sostegno delle maggiori banche d’affari con stanziamenti molto generosi. Gli esperti dicono che la finanza americana preferisce il conservatore Romney, peraltro un candidato espresso dalla stessa élite finanziaria essendo stato a capo per 15 anni del fondo di private equity Bain Capital. Tra banchieri, gestori di hedge fund e padroni del private equity sono stati versati 170 milioni di dollari ai democratici e 220 milioni di dollari ai repubblicani. Alla campagna presidenziale di Obama stavolta sono pervenuti solo 12 milioni, contro i 45 del 2008. I dipendenti dei cinque colossi finanziari politicamente più attivi – oltre a Goldman, Citigroup, Jp Morgan, Bank of America e Morgan Stanley – hanno “offerto” 3,3 milioni a Romney e solo poco piu’ di 600.000 dollari a Obama. Un cambio di campo significativo perchè amministratore delegato della JP Morgan, Jamie Dimon, era considerato il “banchiere del presidente”.
Il voto anticipato si va trasformando in un incubo, soprattutto ancora una volta per lo stato “canaglia”: la Florida, lì dove nel 2000 si giocarono le sorti di Alan Gore e George Bush jr. Vinse il secondo per pochissimi voti ma soprattutto per le magagne del sistema elettorale statunitense. Il New York Times, riferisce che i Democratici hanno presentato una mozione a livello federale per costringere le autorità statali a estendere l’orario delle votazioni in Florida per il voto anticipato. “Andiamo incontro a un voto problematico simile a quello del 2000” affermano alcuni osservatori, in riferimento allo scontro elettorale fra George W. Bush e Al Gore, quando fu necessario riconteggiare i voti della Florida per assegnare i grandi elettori in palio.
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