Almeno 50.000 persone hanno manifestato oggi ad Atene, altre 20.000 a Salonicco e decine di migliaia in altre città elleniche nel quadro dello sciopero generale di 48 ore convocato per oggi e domani dai sindacati. Nella capitale hanno sfilato come di consueto due diversi cortei: prima quello del “Fronte di tutti i militanti sindacali” (Pame) controllato dal Partito Comunista, che ha portato in piazza circa 20 mila lavoratori e giovani; e poi, nella tarda mattinata l’altro corteo – più di 30 mila i partecipanti – convocato dal sindacato del pubblico impiego (Adedy) e da quello dei dipendenti privati (GSEE), con la partecipazione di Syriza e delle altre organizzazioni della sinistra radicale, degli studenti, delle associazioni. I due cortei sono poi confluiti in piazza Syntagma davanti al Parlamento sfilando in un centro città blindato da centinaia di poliziotti in assetto antisommossa.
Le manifestazioni si sono svolte per la prima volta da molto tempo senza particolari incidenti, e senza scontri tra gruppi di manifestanti incappucciati e polizia. Ma i cortei sono stati meno partecipati rispetto a quelli delle precedenti manifestazioni convocate contro il governo. Un po’ per disillusione, forse. Ma soprattutto perchè le aziende del trasporto pubblico di Atene nonostante la richiesta in tal senso dei sindacati ha deciso di bloccare del tutto metropolitane e treni locali, rendendo di fatto impossibile a moltissimi lavoratori e giovani poter raggiungere il centro della capitale per partecipare ai cortei.
Dalla mezzanotte di ieri fino alla stessa ora di domani la Grecia sarà completamente paralizzata dal quarto sciopero generale dall’inizio dell’anno indetto in segno di protesta contro il pacchetto sulle misure di austerità richieste dalla troika (Ue, Bce e Fmi) che ha cominciato questa mattina alle 11.00 il suo iter parlamentare con un dibattito in Commissione Finanze.
L’astensione dal lavoro coinvolge tutte le categorie del mondo del lavoro, sia nel settore pubblico che in quello privato. Anche molte associazioni di commercianti e liberi professionisti hanno aderito all’ennesima mobilitazione contro i tagli, i licenziamenti, le nuove tasse e i licenziamenti decisi dal governo tripartito. Da oggi a domani si fermano scuola, sanità, trasporti, banche, ministeri, amministrazioni locali, farmacie, avvocati, magistrati, giornalisti.
Per tre ore, dalle 10:00 alle 13:00, hanno incrociato le braccia anche i controllori di volo degli aeroporti greci ed il Paese è rimasto così isolato dal resto del mondo mentre molte compagnie aeree sono state costrette a modificare i piani di volo dei loro velivoli. Già ieri alcune categorie avevano scioperato e manifestato nella capitale e i giornalisti si erano completamente astenuti dal lavoro.
Il pacchetto da 13,5 miliardi dovrebbe essere approvato domani sera, mentre la piazza antistante il Parlamento – Syntagma – si riempirà di nuovo di greci arrabbiati e delusi, se non disperati. Teoricamente il governo Samaras può contare su una consistente maggioranza. Ma nelle ultime settimane l’indurimento dei nuovi sacrifici chiesti ai greci già sfiancati da anni di tagli e le pressioni di sindacati e sinistra hanno portato già ad alcune defezioni all’interno della maggioranza. Maggioranza che secondo alcuni calcoli potrebbe arrivare molto vicina alla soglia minima – tra i 153 e i 157 voti – comunque sufficienti a coinvolgere più della metà dei 300 eletti del Parlamento ellenico. Ma perdendo molti dei finora 176 deputati dei tre partiti che sostengono il governo di ‘unità nazionale’ entrato recentemente in fibrillazione per colpa delle draconiane richieste dei rappresentanti della troika.
Si capirà nelle prossime ore cosa faranno i 16 deputati di Sinistra Democratica (Dimar). Ma intanto, al termine di una lunga riunione durata sino alle prime ore di questa mattina, il Comitato Centrale del partito nato da una scissione di destra di Syriza, ha approvato con 77 voti a favore e 13 contrari la proposta del proprio leader Fotis Kouvelis in base alla quale i deputati del gruppo, durante la votazione del ddl sulle misure di austerità saranno presenti nell’aula parlamentare ma non prenderanno parte alla votazione “perchè la riforma del lavoro richiesta dalla troika (Fmi, Ue e Bce) è una questione interna della Grecia”. Per quanto riguarda invece il bilancio dello Stato, che dovrebbe essere messo ai voti la notte di domenica 11 novembre, i parlamentari di Sinistra Democratica hanno avuto l’indicazione di votare a favore. Durante la tempestosa riunione, però, quasi un terzo (26) dei componenti del Comitato Centrale avrebbero chiesto a gran voce che i deputati di Dimar votassero compatti a favore sia del bilancio sia del pacchetto di tagli e nuove tasse, sostenendo che “il partito deve portare sino in fondo l’impegno assuntosi con la decisione di partecipare al governo di coalizione” e che occorre evitare in qualsiasi modo il rischio di un fallimento incontrollato del Paese e l’uscita dall’eurozona.
Dopo l’espulsione di un suo eletto che aveva annunciato il voto negativo alla manovra lacrime e sangue pare che Nea Dimokratia possa contare sulla fedeltà dei suoi 127 deputati rimanenti. Invece quasi la metà dei 33 parlamentari socialisti del Pasok la scorsa settimana si è ammutinata e ha votato contro un ddl per la privatizzazione delle aziende statali. Il leader del partito Venizelos ha minacciato di espulsione tutti coloro che non obbediranno alle sue indicazioni.
Samaras, da parte sua, continua a promettere che queste misure – che si aggiungono alla serie cominciata nel 2010 e che ha prodotto oltre due milioni di disoccupati e la chiusura di circa 68.000 piccole e medie aziende – saranno le ultime ma sono in pochissimi a credergli. “E’ più facile credere a Babbo Natale che credere che queste saranno davvero le ultime”, ha commentato scettico Euclid Tsakalotos, deputato della sinistra radicale (Syriza).
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