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Atene. Il parlamento approva i tagli. A bastonate

Alla fine le misure di cosiddetta austerità volute dalla troika sono passate. L’enorme manifestazione che ha affollato per ore Piazza Syntagma nonostante il diluvio, le due ore di guerriglia urbana e una settimana di scioperi in tutti i settori che hanno paralizzato il paese non hanno impedito a una risicatissima maggioranza del Parlamento di approvare, poco dopo la mezzanotte, una nuova serie di misure lacrime e sangue per i greci, considerate dai creditori internazionali (Ue, Bce e Fmi) indispensabili per concedere alla Grecia un’altra tranche di aiuti da 31,5 miliardi di euro e “salvare il Paese” dal fallimento.
Un voto di misura – 153 quelli a favore, 128 i contrari e 18 gli astenuti – e contestato anche dal minore dei tre partiti della coalizione, Sinistra Democratica (Dimar) di Fotis Kouvelis, i cui deputati erano presenti in aula ma non hanno votato e che è arrivato al termine di una giornata che ha visto il Paese paralizzato dal secondo giorno consecutivo di sciopero generale e più di 100.000 persone scendere in piazza ad Atene a protestare contro il governo. Per la prima volta la polizia ha usato i cannoni ad acqua contro i dimostranti, mischiando sostanze chimiche repellenti ai getti sparati ad altezza d’uomo non solo contro gli incappucciati ma anche contro chiunque tentasse di rimanere in una piazza che i reparti speciali – i Mat – avevano ricevuto l’ordine di sgomberare.
I deputati hanno votato un pacchetto ‘lacrime e sangue’ che non hanno neanche avuto il tempo di leggere. Le 600 pagine che descrivevano i provvedimenti elencavano una nuova ondata di misure antipopolari che peseranno sulle esangui famiglie come macigni.

Di seguito la cronaca della giornata di ieri nelle corrispondenze di Tonia Mastrobuoni e Argiris Panagopoulos

La rabbia dei greci incendia Atene: “Siamo alla fame” 
Tonia Mastrobuoni – La Stampa

Lo spettro della manifestazione di febbraio, quando Atene era stata messa a ferro e fuoco dai manifestanti cacciati da Syntagma, si materializza subito. Già alle sei di pomeriggio, un’ora dopo l’inizio della manifestazione, dal lato nord della piazza scendono minacciosi due enormi camion con gli idranti. Qui in Grecia non si vedevano da anni. La piazza è piena in attesa del voto di mezzanotte, quello che dovrebbe dare il via libera a nuovi, pesanti tagli a pensioni e stipendi da 13,5 miliardi di euro. Poco prima, davanti alle transenne che delimitano la facciata principale del Parlamento, è andata in scena la solita dinamica che incendia le piazze. Ragazzi incappucciati e attrezzatissimi – maschere antigas, caschi, bastoni, molotov e il marmo sradicato dai gradini degli alberghi intorno a Syntagma – cominciano a lanciare oggetti, persino i mandarini degli alberi affianco del Parlamento, e a intonare cori di insulti contro la polizia, “maiali, maiali”.
La reazione non si fa attendere. Al primo lacrimogeno si leva un boato arrabbiato tra la folla, poi comincia il fuggi fuggi generale. Gli idranti cominciano ad avanzare verso la piazza e non si limitano affatto a spegnere le molotov lanciate dai ragazzi: sparano il getto ad altezza d’uomo. I sibili dei lacrimogeni si moltiplicano. Tempo un’ora e Syntagma è immersa in una enorme nuvola bianca. È svuotata. L’aria è irrespirabile. Resiste solo chi ha le maschere antigas – ormai le vendono ovunque qui ad Atene – o i fazzoletti impregnati di Maalox. In più, comincia a piovere. Alle nove di sera la grande piazza quadrata davanti al Parlamento è sotto il diluvio. A mezzanotte non c’è più nessuno.
La maggior parte degli ottantamila venuti a protestare contro l’ennesima stangata è arrivata nel primo pomeriggio, ha srotolato gli striscioni e si è unita alle canzoni partigiane cretesi sparate da qualche altoparlante o ha intonato slogan contro il governo. Molti sono al di là della rabbia, sono disperati. Nico Drakotos, 33 anni, non sa come andare avanti. Regge assieme ad altri uno striscione che dice “basta con l’austerità” – ha moglie e un figlio ma non percepisce lo stipendio da settembre. “Mi sono rimasti 15 euro sul conto in banca, come faccio a dare da mangiare a mio figlio?”. Accanto a lui, Caterina Terina, 34 anni e una laurea in ingegneria. Fa parte di quel 25% di greci disoccupati e sta pensando di emigrare in un paese arabo: “Lì c’è tanta richiesta di ingegneri”. È “molto arrabbiata con il governo” ma una delle cose che la preoccupano di più è il successo crescente dei neonazisti di Alba dorata. Lei abita vicino a Agios Pandaleimonas, il quartiere dove il partito di Michaliolakos ha un grande seguito. “I miei vicini di casa – racconta – pensano che siano innocui, anzi, che facciano del bene al popolo. È questo il pericolo: che crescano i movimenti antidemocratici. Sta già succedendo.”
Qualche metro più su, in Parlamento, si consuma il rito del “voro unico” su un provvedimento da 600 pagine che chiede nuovi sacrifici a un popolo letteralmente stremato da cinque anni di recessione. Il voto è sul filo del rasoio, il pacchetto passa a mezzanotte con 153 sì su 300 e sette deputati “disobbedienti” espulsi. La maggioranza del governo Samaras si è letteralmente liquefatta sotto la pressione della piazza e dell’impopolarità crescente. Oltre ai deputati che hanno votato contro del Pasok e di Nuova democrazia, i rappresentanti del partner di minoranza della coalizione, la Sinistra democratica di Fotis Kouvelis, si sono astenuti – e fino all’ultimo il leader del Pasok Evangelos Venizelos ha tentato di frenare l’emorragia del suo partito per evitare che la quota dei ’sì’ scivolasse sotto la quota pericolosa dei 154. Ma è evidente che con questa maggioranza anche il governo Samaras, eletto appena a giugno, non avrà vita lunga.Il pacchetto votato ieri notte contiene l’innalzamento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni e una sforbiciata agli assegni previdenziali del 10% per quelli tra 1.500 e 2.000 euro, quelli sopra questa cifra del 15%. I cosiddetti “stipendi speciali” dei militari, dei magistrati e dei medici saranno decurtati tra il 2 e il 30%. Agli impiegati delle aziende controllate dallo Stato toccherà lo stesso destino – tagli tra il 30 e il 35%. Duemila statali saranno messi in mobilità e avranno la busta paga decurtata del 25% per un anno, in attesa di capire se saranno trasferiti o cacciati. Altri 6.250 subiranno lo stesso destino nel corso dell’anno prossimo. Il blocco del turn over in vigore dal 2010 sarà prolungato al 2016. Il pacchetto di misure prevede anche una deregolamentazione di 14 professioni e la liberalizzazione di alcuni settori.

Grecia. Polizia in assetto di guerra scatenata fin dentro il Parlamento
Argiris Panagopoulos (Il Manifesto)

Ieri la democrazia greca è stata duramente messa alla prova dall’epoca della caduta dei colonnelli. I reparti speciali della polizia in assetto di guerra sono entrati nel parlamento, arrivando fino all’ingresso dell’aula parlamentare per reprimere lo sciopero proclamato dai dipendenti del parlamento contro la seduta in corso che eliminava i loro diritti. Sotto la paura dell’interruzione della seduta il governo ha ritirato il disegno di legge per far rientrare gli impiegati nelle loro funzioni e far uscire i celerini dal parlamento.

Il secondo giorno di sciopero di 48 ore, proclamato da Gsee e Adedy ha avuto un enorme successo; funzionavano i trasporti, ma è servito per riempire piazza Syntagma e dintorni di almeno duecentomila manifestanti, molti dei quali decisi a passare la nottata aspettando l’esito della votazione. Il corteo del sindacato PAME, quasi il doppio dallo sciopero di martedì, era rimasto per poco tempo in una parte di piazza Syntagma, lasciando come al solito tutta la piazza ai manifestanti convocati dai sindacati della Gsee e Adedy e dal resto delle sinistre. Perfino la polizia ha ammesso che i manifestanti superavano le «centomila». Dopo due ore anche PAME è tornato a piazza Syntagma!

Per votare i tagli dei 13,5 miliardi per il 2013-2015 il parlamento si era trasformato in un’assemblea plebiscitaria, dove il suo presidente cercava di far passare le svendite del patrimonio pubblico a vista, senza contare i voti dei deputati. Fuori dall’aula la piazza Syntagma era diventato un altoforno in ebollizione, dove centinaia di migliaia di persone aspettavano nervose l’imminente attacco delle forze dell’ordine, mentre decine di miglia di amanifestanti giravano nei dintorni pieni di poliziotti in borghese.
 Per il secondo giorno consecutivo la polizia aveva mobilitato ingenti forze, tra celerini, polizia motorizzata e in borghese, articolati, decine di pullman blindati per fermare il traffico in interi quartieri presso il parlamento con molti fermi preventivi. Il ministro della Protezione del Cittadino Dendias sembrava aver vinto la battaglia delle apparenze, dichiarando che «non era successo nessun incidente». Mobilitando però di continuo reparti di celerini. Non a caso la manifestazione di ieri appariva piena di giovani, perché tanti anziani o persone di mezza età non sono scesi per strada nel timore della loro incolumità, dopo i due morti del PAME per i gas chimici. La pioggia, iniziata verso le diciotto ora italiana, ha fatto sparire il nervosismo tra i manifestanti e ha fatto abbassare le sempre pronte mascherine antigas.
Un’illusione per una manifestazione pacifica, perché dopo pochi minuti è cominciata la vera pioggia di gas e per la prima volta sono stati utilizzati gli idranti con acqua e sostanze chimiche per disperdere i manifestanti di fronte all’albergo «Gran Bretagna». Dalla parte opposta la piazza bruciava, di molotov e gas irrespirabili.
La tragedia greca stavolta si consumava nel parlamento, dove il grande gruppo parlamentare di Syriza ha cambiato i vecchi scenari, quando Nuova Democrazia e Pasok avevano il monopolio della visibilità istituzionale. Non ha caso il governo tripartito di Samaras ha perso la votazione sulla incostituzionalità dei tagli, quando dentro la sala erano rimaste quasi compatte tutte le opposizioni. Invece di contare i voti dei deputati, il presidente della Camera, il conservatore Meimarakis, ha violato il regolamento interno ritardando di 70 minuti, invece dei dieci previsti,, la votazione nominale richiesta dai tre partiti di governo. Regalandocosì prezioso tempo alle forze del governo per vincere con 170 voti contro e solo 46 a favore la proposta di Syriza e dei conservatori dei Greci Indipendenti per l’incostituzionalità delle quasi 800 pagine di leggi e leggine con le quali Samaras fa piazza pulita dei diritti dei lavoratori e taglia per il terzo anno consecutivo, in primis stipendi e pensioni. Syriza aveva abbandonato momentaneamente la sala per protestare contro la violazione del regolamento, mentre Greci Indipendenti, Kke e Alba Dorata hanno votato a favore dell’incostituzionalità.
Samaras ripeteva che la votazione dei tagli, in nottata, sarà il passaporto della maxi tranche dei 31,5 miliardi che riceverà il paese. Dal governo stesso si alimentano voci per un imminente rimpasto. Da parte loro Syriza, Kke e la piccola Antarsya puntano sulla caduta del governo con la disobbedienza civile nelle prossime settimane di mobilitazioni continue.

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