Fare una cronaca esaustiva della giornata di sciopero generale che ieri ha letteralmente paralizzato la Spagna non è affatto facile. Anzi, è impossibile. Avevamo già raccontato in mattinata che il bilancio della protesta alle otto di mattina era già di 32 arresti, scontri e feriti. Ma quella che in mattinata era un’onda nel corso della giornata ha assunto le caratteristiche di una vera e propria inondazione: migliaia di picchetti e blocchi stradali, decine di cortei, occupazioni, blitz, milioni di persone delle piazze. Una inondazione popolare di cui sono stati protagonisti in primo luogo i lavoratori, anche al di là delle rivendicazioni sfumate o ambigue dei sindacati concertativi iberici UGT, CCOO e Uso, ai quali comunque va riconosciuto che, seppur obbligati dalla situazione di crisi nera e trascinati da una base insofferente e sofferente, hanno messo in campo ieri una protesta di quelle vere, frontali, né simbolica né di rappresentazione.
Una marea umana di lavoratori, disoccupati e giovani alla quale il governo di Madrid ha risposto con una violenza inaudita, premeditata, scientificamente preordinate. Basta citare alcuni dati, sicuramente ancora parziali e incompleti: 155 arresti, parecchie decine di feriti, teste spaccate ovunque. La foto del ragazzino di 13 anni con la testa insanguinata di Tarragona – Catalogna – è già diventata l’icona internazionale di una giornata caratterizzata da una repressione indiscriminata, orizzontale. L’unico elemento di ‘democrazia’ – per dirlo con una battuta – rimasto nei paesi sotto il tallone dell’eurodittatura.
Come scrivevamo, è impossibile fare un resoconto esaustivo, dettagliato di ciò che è successo ieri nelle città dello Stato Spagnolo. Per chi ha pazienza e conosco il castigliano, la rete offre ottimi resoconti in lingua originale.
Proviamo qui a riassumere gli elementi più significativi di una giornata di lotta durata più delle 24 ore dello sciopero. A partire dall’adesione, che secondo i sindacati è stata del 75-80%, pari o forse anche superiore a quella già altissima registrata lo scorso 29 marzo nel primo sciopero contro le manovre ‘lacrime e sangue’ del governo appena eletto e i diktat di Bruxelles. Un’adesione quasi del 100% in alcuni comparti, l’industria in particolare.
Madrid
La giornata di sciopero nella capitale si è conclusa con una delle più grandi manifestazioni che si ricordino nel paese negli ultimi decenni. Centinaia di migliaia di lavoratori e giovani hanno letteralmente inondato il centro della città, scesi in piazza dietro uno striscione che recitava “Ci lasciano senza futuro. Ci sono dei colpevoli. Ci sono delle soluzioni”. In spagnolo, ovviamente, ma anche in inglese e in tedesco, affinché anche i responsabili esteri delle sofferenze della classe lavoratrice del paese potessero intendere. La marea umana ha cominciato a muoversi, a passo di lumaca visto le strade collassate, da Plaza de Cibeles fino a Plaza Colon. Con loro c’erano anche alcuni rappresentanti del mondo della cultura e dello spettacolo – Almudena Grandes, Pedro Almodovar, Pilar Bardem e Miguel Ríos – reduci da una notte passata dentro un teatro della capitale a protestare contro i tagli alla cultura e allo stato sociale del governo Rajoy.
Ma come avevano denunciato durante una conferenza stampa i leader dei sindacati “il governo concepisce lo sciopero come un problema di ordine pubblico e non come l’esercizio di un diritto costituzionale”. Non a caso i comunicati ufficiali sull’andamento della giornata provenivano dal Ministero degli Interni e non da quello del Lavoro. Durante tutta la giornata i circa 1300 poliziotti delle unità antisommossa schierati solo a Madrid non hanno fatto altro che aggredire picchetti, blocchi stradali, presidi, concentramenti di lavoratori e ‘indignados’. Cariche ovunque, da piazza Cibeles dove a farne le spese sono stati i lavoratori che volevano raggiungere un ospedale in lotta contro la privatizzazione, ai lavoratori che formavano i picchetti all’ingresso delle stazioni degli autobus o degli ipermercati o di alcune grandi imprese metalmeccaniche.
La giornata a Madrid si è conclusa con 60 arresti, 20 feriti tra i manifestanti e scontri in diverse parti della città. Una ventina dei quali portati via ammanettati da centinaia di celerini che ieri sera avevano occupato con i loro blindati le piazze e le strade intorno alle Cortes, per impedire fisicamente che la marea umana reduce dalle manifestazioni del pomeriggio potesse passare la notte davanti al parlamento impegnato a discutere nuovi tagli ai salari, alle pensioni e ai diritti. Moltissimi giovani si erano portati la tenda, ma il clima fin da subito è sembrato tesissimo. Finché intorno a mezzanotte i reparti antisommossa hanno caricato contro le persone che nonostante gli spintoni e le minacce rimanevano di fronte al palazzo del Congresso, finché all’una della notte plaza de Neptuno era stata completamente ‘liberata’ da ogni traccia di contestazione.
Ma undici persone sono state arrestate anche in centri minori della cintura di Madrid: a Alcorcón, Alcalá de Henares, Móstoles, Leganés e Coslada.
Barcellona
Forse per evitare contraccolpi elettorali – in Catalogna si vota il 25 novembre per il rinnovo del parlamento regionale – questa volta i Mossos d’Esquadra hanno tenuto un profilo relativamente basso, tenuti al guinzaglio durante la giornata dal governatore Artur Mas nel tentativo di scaricare solo su Rajoy le responsabilità dei tagli draconiani a sanità, scuola, stato sociale. E così la giornata è stata caratterizzata soprattutto dall’enorme massa si scioperanti e manifestanti che si sono impossessati della città: centomila per la Guardia Urbana, un milione per i sindacati. Dopo il corteo ufficiale dei sindacati concertativi, alle otto di sera la palla è passata alle organizzazioni sociali della sinistra indipendentista e ai sindacati di classe – come la Cgt – che hanno sfilato in Via Laietana. Ma la ‘tolleranza’ dimostrata nei confronti del corteo ufficiale ha lasciato il passo alla repressione contro quello alternativo, attaccato con lacrimogeni, manganelli e pallottole di gomma. Alcuni gruppi di manifestanti ha reagito incendiando automobili, attaccando banche e scontrandosi con i celerini. A fine giornata gli arrestati erano comunque tanti: 22.
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