La foto del ragazzino di 13 anni con il sangue che gli cola dalla testa dopo esser stato selvaggiamente manganellato da alcuni poliziotti a Tarragona lo scorso 14 novembre ha fatto il giro del mondo, ed è già diventato un’icona della repressione poliziesca delle lotte sociali.
Ma in Catalogna gli episodi di violenza della Polizia autonoma sotto il controllo del governo del liberale Artur Mas sono moltissimi, e non meno gravi. Anche una ragazza di 16 anni è rimasta gravemente ferita nella repressione a Tarragona. E se durante la giornata del 14 novembre, almeno a Barcellona, i Mossos D’Esquadra hanno lasciato relativamente tranquilli i lavoratori che sfilavano nel corteo dei sindacati spagnoli – quelli concertativi, per intendersi – in serata contro gli attivisti dei sindacati di classe e alternativi e i giovani dei coordinamenti della sinistra indipendentista e autonoma si sono scatenati. Lacrimogeni, manganellate, calci sono stati distribuiti indiscriminatamente in più punti del centro, cercando di disperdere migliaia di persone che protestavano contro una situazione intollerabile. Soprattutto, gli agenti della polizia autonoma catalana hanno sparato una gran quantità di ‘pallottole di gomma’ – palle di gomma dura – contro i manifestanti, provocando molti feriti. Uno dei quali, la giovane Ester Quintana, ha perso un occhio dopo essere stata colpita da una palla di gomma sparatagli contro nei dintorni di Placa de Catalunya mentre con alcuni amici tornava a casa, a corteo già concluso. Ester Quintana sarebbe la settima persona a perdere un occhio solo in Catalogna, negli ultimi tre anni, a causa dell’uso e dell’abuso un’arma pericolosissima in dotazione alle forze di sicurezza di tutto lo stato spagnolo.
E la rabbia nei giorni successivi ha preso la forma di nuove manifestazioni e di presidi davanti prima ai commissariati e poi alle carceri dove sono stati rinchiusi sindacalisti e giovani arrestati in diverse località catalane la sera del 14 novembre. Molti testimoni avevano segnalato che moltissimi celerini non indossavano la placca identificativa che pure la legge del paese gli impone di portare durante il servizio per essere riconoscibili in caso di abusi.
E ieri, in aiuto del movimento dei lavoratori e di quello antirepressivo, sono venuti anche gli hacker attivisti di Anonymous, con un’ennesima azione spettacolare e non dal semplice valore simbolico. Anonumous infatti ha messo online e quindi rivelato al pubblici i nomi e il numero identificativo di ben 18 agenti dei reparti antisommossa dei Mossos D’esquadra. Azione rivendicata dagli attivisti che hanno affermato di “voler fare luce su recenti episodi di violenza commessi dalle forze antisommossa”. Gli hacker attivisti minacciano di “ripagare la polizia con la stessa moneta, e di far conoscere molte più informazioni sulla sua attività repressiva, se non cesseranno le ingiustizie contro il popolo”.
“Ci siamo presi la libertà di curiosare nel vostro sistema – dice Anonymus – con l’obiettivo di stilare una lista nella quale inserire gli incaricati di reprimere le voci del popolo che lottano contro la dittatura finanziaria dei politici e dei banchieri”.
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