L’ex premier socialdemocratico Borut Pahor è diventato ieri il quarto Presidente della Slovenia, vincendo con ampio margine al ballottaggio nonostante il suo sostegno alle impopolari misure di austerità del governo.
Pahor ha conquistato il 67,44% dei consensi, contro il 32,56% del suo principale avversario, il Presidente uscente Danilo Turk, liberale ed esponente di centrosinistra critico con le misure annunciate dal vincitore.
Pahor, 49 anni, ha ottenuto non solo i voti del suo partito, ma anche quelli della ‘Lista dei cittadini’, espressione della coalizione di governo di centro-destra.
L’11 novembre scorso, l’ex premier si era imposto al primo turno, con il 39,9% dei voti, smentendo tutti i sondaggi. “Questa vittoria è solo l’inizio di una nuova speranza, di un nuovo tempo – ha detto Pahor quando già gli exit poll lo vedevano in vantaggio – se vinco, questo risultato sarà un messaggio forte per tutti i politici sloveni sul fatto che servono collaborazione e unità per risolvere le difficoltà economiche”.
Ma l’affluenza alle urne è stata appena del 41,95% ieri (il 48,25% al primo turno), la più bassa da quando il piccolo paese si è reso indipendente dalla Iugoslavia nel 1991, scatenando l’implosione dello Stato federale con il sostegno di Austria, Germania e Vaticano.
I sogni di gloria degli sloveni, entrati nell’Ue nel 2004 e nell’Eurozona nel 2007, si sono presto volatilizzati. Il paese è sull’orlo della bancarotta, con una disoccupazione quasi al 12% e la possibilità di un commissariamento da parte della troika a base di tagli e licenziamenti sulla scia di quanto già accaduto in Grecia, Spagna, Portogallo o Irlanda.
Pahor ha già affermato che collaborerà con il governo di centrodestra del primo ministro Janez Jansa, che, tra l’altro, vuole alzare l’età per andare in pensione, rendere più flessibile il mercato del lavoro facilitando i licenziamenti e precarizzando i contratti, tagliare gli stipendi dei lavoratori pubblici. Il tutto con la scusa di fare fronte ad un deficit di bilancio del 4,2%.
Nei giorni scorsi numerose manifestazioni popolari hanno scosso la relativa tranquillità che regna normalmente nel piccolo paese, e scontri tra manifestanti e polizia si sono avuti a Maribor e poi nella capitale Lubiana, dove migliaia di giovani e lavoratori hanno chiesto le dimissioni di Jansa e la fine delle politiche dei sacrifici a senso unico.
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