Tahrir si prepara al secondo anniversario della sua Primavera incompiuta. L’Egitto politico e preelettorale lo ricorda diviso fra una manifestazione laica che da quattro punti della capitale (Shibra, Imbaba, Ramses, Maadi, ma si vocifera anche di un concentramento presso il palazzo presidenziale di Ettehadiya) convergerà nella piazza simbolo e i festeggiamenti della Fratellanza Musulmana. Quest’ultima ha appena lanciato la campagna “Costruiamo insieme l’Egitto”, prevedendo pianificazioni nazionali e locali. La macchina politica della Confraternita è pragmatica. Comprende come i fatti devono sostituire le parole e certe promesse devono avverarsi per rintuzzare nel voto di marzo, che può scivolare anche ad aprile, le accuse d’immobilismo e autoritarismo sollevate dall’opposizione. Con queste visibilissime iniziative prepara il classico pacchetto di cose fatte e da fare da servire agli elettori. Il segretario generale Mohamoud Hussein ha illustrato il piano comprensivo d’iniziative sanitarie per un milione di concittadini, finanziamenti per il restauro di duemila scuole in vari governatorati e un milione di appartamenti a basso costo. Chi finanzierà? Alcuni fondi vengono da magnati vicini ai Fratelli (Sawfan Sabet e Samir El-Naggar, imprenditori di prodotti agricoli) e dagli “affaristi benefattori” alla Malik e Al-Shater. Poi ci sono accordi con 800 Ong (20 operanti nella capitale) che sosterranno i progetti oltre ad attuarli.
Zeinad Afifi da responsabile della Federazione Nazionale degli Orfani di bisogni se ne intende e storce il naso. Dice criticamente: “E’ una sortita che si esaurirà nello spazio d’un mese. Stavolta non si tratta di provvedere ai pacchetti di cibo per i poveri da distribuire durante il Ramadan. Un simile progetto ha bisogno d’un impatto temporale prolungato di almeno un anno, forse due”. I responsabili del Partito della Libertà e Giustizia respingono dubbi e disfattismo e sostengono che il lancio non ha finalità di propaganda preelettorale. “La campagna di ricostruzione nazionale non è legata alle elezioni. La Fratellanza Musulmana intraprende forme di sostegno alla popolazione da otto anni e gli egiziani lo sanno bene. L’iniziativa è una sorta di regalo al popolo in occasione dell’anniversario della Rivoluzione di piazza Tahrir”. Quando poi dichiarano di chiamare ”I figli e le figlie d’Egitto riuniti nella rivoluzione alla creazione d’una nazione rinnovata quale casa madre d’un nuovo modello di civilizzazione” ammantano un’esigenza reale con una buona dose di retorica. Ma questa è la linea, indubbiamente rafforzata dalle prestigiose cariche rivestite dai Mursi e Qandil, e da precisi calcoli politici: carpire al Fronte di Salvezza Nazionale lo spirito patriottico in cui si riconosce gran parte della popolazione può avere un bel peso nell’urna.
In più c’è da conservare un buon rapporto con la lobby militare, un potere che resta tutt’altro che secondario anche dopo lo scioglimento del Consiglio delle Forze Armate. Ma nel giorno della festa la massiccia promozione del progetto ha il suo peso. Trattare il tema dell’abbattimento dei costi dei generi alimentari promuovendo centri commerciali con prezzi all’ingrosso, sistemare aree per il commercio ambulante il cui caos nei mesi scorsi al Cairo aveva creato addirittura problemi di ordine pubblico significa toccare le tasche oltre che il cuore dei concittadini. Sostenere gli interessi collettivi contro quelli di parte vuol dire abbattere l’astrazione ed entrare nella vita d’ogni giorno. Un modo concreto di parlare del nuovo Egitto mettendo il sale sulla coda dei politici, anche di se stessi. E’ una sfida, sempre che le chiacchiere non rimangano tali e tutto naufraghi nell’irrisolto. Intanto i 18 giorni di rivolta del Cairo, ma anche di Alessandria, Port Said, Suez (ottocento vite rimaste sul terreno e poi più di duecento nei mesi successivi, con migliaia di feriti, oltre 13.000 incarcerati e alcune centinaia di detenuti di cui non si sa più nulla) diventano immagini d’esposizione al Museo Wahim Din Salim di El-Matariya.
Enrico Campofreda, 24 gennaio 2013
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