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Spagna: uccise giovane antifascista, ora fa il procuratore

Avevamo scritto pochi giorni fa di un terrorista nero spagnolo, tale Emilio Hellin, che nel 1980 rapì e assassinò una giovane antifascista e che, nonostante la condanna a una lunga pena detentiva ha cambiato nome e, uscito anticipatamente di prigione, è diventato un addestratore di poliziotti.

Nel giro di dieci giorni ecco che un caso analogo viene scoperto questa volta a Valencia, nel sud della Spagna. Molte le similitudini con il rapimento e l’omicidio della giovanissima Yolanda. Anche in questo caso il fascista premiato è un ex appartenente all’organizzazione di estrema destra Fuerza Nueva, attiva a fianco degli ambienti franchisti tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80.

Il 6 ottobre del 1977, Miguel Ángel Panadero Sandoval assassinò il giovane di Alicante, Miquel Grau, mentre attaccava sui muri della città manifesti che invitavano a partecipare alle manifestazioni per il Dia del Paìs Valencià, la festa nazionale del sud della Catalogna. La vittima, allora 20enne, era un militante del Movimiento Comunista del País Valencià, organizzazione che si batteva contro il franchismo e per l’autonomia della sua regione. Contro di lui Sandoval e altri fascisti lanciarono prima acqua, poi sassi, un martello e alla fine una grande pietra che colpirono in pieno Grau mandandolo in coma. Il giovane morì dopo dieci giorni di agonia, e il giorno dopo il decesso una enorme manifestazione di rabbia sfilò per le vie di Alicante.

L’11 ottobre del 1977 il fascista fu arrestato, processato e condannato dall’Audiencia Nacional di Madrid a 12 anni di reclusione e a risarcire con due milioni di pesetas i familiari della vittima. La condanna venne confermata nel 1979 dal Tribunale Supremo, che rigettò il ricorso presentato dai legali dell’estremista di destra. Ma, ciò nonostante, nel 1982 Sandoval fu scarcerato, in conseguenza di un indulto concessogli nel maggio del 1979 dal ministro della giustizia del governo del ‘centrista’ Adolfo Suarez. Il ministro Íñigo Cavero commutò la pena detentiva di Sandoval in appena sei anni, e per effetto della buona condotta l’assassino uscì dopo cinque. A dimostrazione degli agganci del personaggio con gli ambienti del regime; la sua famiglia, raccontano i giornali locali, si era arricchita durante gli anni del franchismo grazie alla gestione di alcune pompe di benzina affidatagli dai gerarchi fascisti.

Che un omicida per motivi politici venga rimesso in libertà dopo appena 5 anni di carcere è di per sé già uno scandalo, che la dice lunga sulla mancata rottura tra ‘nuova Spagna democratica’ e vecchio regime fascista. Ma un altro motivo di indignazione è che l’estremista di destra, cambiatosi il nome in Miguel Ángel-Díaz Panadero Sandoval, eserciti da anni la funzione di Procuratore nei tribunali di Valencia. Durante i pochi anni di carcere scontati studiò Giurisprudenza, e in men che non si dica da aguzzino si è trasformato in un rispettato funzionario incaricato di applicare la legge… Uno dei suoi primi assistiti fu José Fernández Cerrá, uno dei tre fascisti arrestati per la strage di Atocha. Il 24 gennaio del 1977 un commando entrò nell’ufficio legale del sindacato comunista Comisiones Obreras, nel centro di Madrid, e aprì il fuoco sui presenti: sotto i colpi dei fascisti rimasero uccisi tre avvocati, un praticante e un segretario. Durante i processi si scoprì che alla strage parteciparono anche alcuni neofascisti italiani, tra i quali Carlo Cicuttini. Autore insieme a Vincenzo Vinciguerra della strage di Peteano (1972) e che poi si scoprì essere un membro dell’organizzazione clandestina Gladio (Stay Behind), gestita dagli Stati Uniti in funzione anticomunista.

Se a Sandoval andò bene, lo stesso si può dire del suo primo assistito. José Fernández Cerrá è infatti da molti anni a piede libero ed è diventato un affermato imprenditore.

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