Dopo diciassette ore di volo e due scali tecnici per fare rifornimento di carburante, alle Canarie e poi in Brasile, alle 23.30 di ieri sera (ora locale) il Presidente della Bolivia Evo Morales é finalmente atterrato all’aeroporto di El Alto reduce da quello che egli stesso ha definito un “sequestro di tredici ore” all’aeroporto di Vienna. Dove era stato costretto a fermarsi, proveniente da Mosca, dopo che Italia, Francia e Portogallo gli avevano negato il permesso di sorvolo e di atterraggio, nel timore – tutto statunitense – che a bordo potesse esservi anche la ‘talpa’ dell’Nsagate, Edward Snowden, risultato poi invece del tutto assente. E infischiandosene di leggi e convenzioni internazionali che rendono intoccabili gli aerei con a bordo capi di stato di qualsiasi paese. “Alcuni Paesi in Europa debbono liberare se stessi dall’impero degli Stati Uniti”, ha commentatoMoralesscendendo dal velivolo all’aeroporto della Paz, dove è stato accolto da una gran folla di suoi sostenitori che lo hanno sommerso di ghirlande di fiori, e dagli onori militari dopo l’atto di pirateria internazionale al quale è stato sottoposto da alcuni importanti paesi dell’UE. Ad attendere lo statista, ai piedi della scaletta, c’erano il vice presidente Alvaro Garcia Linera e il capo dello stato maggiore interforze, generale Edwin de la Fuente, tutti i ministri, i leader di Camera e Senato, rappresentanti politici, sindacali e della società civile, alcuni ambasciatori stranieri tra cui quelli di Argentina, Cuba e Venezuela.
“E’ stata un’aperta provocazione nei confronti del continente sud-americano”, ha rincarato la dose il presidente indigeno. “Comunque non ci spaventeranno, perché noi siamo un popolo che ha dignità e sovranità. Questa lotta”, ha sottolineato “non é per Evo, é per i nostri popoli”. Dopo aver passato in rassegna il picchetto d’onore, Morales P salito su un podio per ascoltare l’esecuzione dell’inno nazionale. Ha quindi pubblicamente manifestato grande orgoglio per la prova di unità e dignità fornita dai connazionali, e per la “reazione immediata” da parte degli altri governi latino-americani di fronte a quello che ha bollato come “il tentativo d’intimidazione dell’impero”. “Ho potuto constatare da vicino come alcune Potenze facciano quadrato per continuare a pianificare politiche che non hanno altro effetto che quello di uccidere per fame, di scatenare guerre e di pensare solamente a se stessi”, ha concluso. Oggi a Cochabamba, nel centro del Paese, é in programma un vertice di emergenza dei leader dell’Unasur, la principale organizzazione politico-economica dell’America meridionale, dedicato proprio alla crisi internazionale scatenata dal caso Snowden.
Nel frattempo gli Stati Uniti hanno già avanzato una richiesta di estradizione di Snowden alla Bolivia, nel caso in cui l’analista statunitense dovesse arrivare nel paese proveniente da Mosca, dove è bloccato ormai da 11 giorni dopo esservi arrivato da Hong Kong. Ma le autorità di La Paz l’hanno respinta al mittente. “È una richiesta di estradizione sorprendente, illegittima, infondata e suggestiva che verrà rifiutata in modo categorico e immediato”, ha spiegato in un comunicato il ministero degli Esteri de La Paz.
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