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Filippine: dal governo via libera al riarmo e alle truppe USA

Con una mossa contestata da numerose parti, il presidente delle Filippine Benigno Aquino III ha dato nei giorni scorsi il suo consenso alla proposta del dipartimento della Difesa di Manila di consentire un maggiore accesso alle forze armate di altri paesi affinché possano realizzare nuove basi militari oppure ingrandire quelle già esistenti. Una mossa che Aquino ha definito “circostanza naturale” per raggiungere “un’alleanza credibile” con partner strategici, soprattutto con l’antico alleato statunitense, ora impegnati in una ridislocazione delle proprie truppe nel Pacifico in accordo con l’Australia in funzione anticinese. Ai contingenti statunitensi che operano in territorio filippino – anche in operazioni anti guerriglia nelle isole del sud dell’arcipelago – ha chiarito il presidente di Manila, non sarà comunque consentito possedere basi proprie, ma solo utilizzare strutture già attive e sotto la responsabilità delle forze armate locali. Inoltre, non potrà essere una presenza permanente, proibita dalla costituzione. Escamotage per coprire un aumento del numero dei soldati USA da sempre presenti nelle Filippine e guardiani attenti – e attivi – della politica locale.

E un dietrofront rispetto alle decisioni dei governi filippini dell’inizio degli anni ’90, quando le basi statunitensi, in particolare quella aerea di Clark e quella aeronavale di Subic Bay (entrambe a Nord di Manila), vennero chiuse rispettivamente nel 1991 e nel 1992 per il rifiuto del governo di rinnovare il contratto d’affitto alle forze armate Usa a seguito di un forte movimento politico e popolare che individuava nelle basi un elemento di degrado socio-economico e una violazione della sovranità del paese.

Il presidente Aquino, nel comunicare il suo sostegno all’iniziativa ministeriale, ha ribadito che il paese ha ora due partner strategici: Stati Uniti e Giappone e che ogni esercitazione militare congiunta sarà attuata “sul nostro territorio o sul territorio degli alleati”.

Davanti alla pressione cinese sulle aree marittime limitrofe al territorio filippino, Manila si è posto alla guida del gruppo di paesi del Sud-Est asiatico che hanno un contenzioso aperto con Pechino sulle acque territoriali o di competenza economica esclusiva. Inoltre, la situazione sta spingendo il paese verso un riarmo accelerato con il sostegno di Washington, finora, attraverso la fornitura di nuovi mezzi aeronavali a cui si potrebbe aggiungere in prospettiva il Giappone, se il governo nazionalista in carica da pochi mesi a Tokyo dovesse far passare le modifiche alla legge attuale che non consente l’esportazione di armamenti e tecnologia bellica.

Intanto il paese cambia, come ci racconta l’agenzia Misna in un lancio di oggi:

CRESCE L’ECONOMIA, CAMBIANO ABITUDINI E TENDENZE

I segnali di espansione economica delle Filippine cominciano a concretizzarsi in tendenze sociali e in nuove tipologie commerciali. La crescita tumultuosa dell’economia, che al momento ha al centro soprattutto la capitale e pochi altri centri urbani, sta cambiando, insieme all’ampiezza della classe media, anche abitudini alimentari e di spesa.

Edilizia, assicurazioni, leasing e call-center (25 miliardo di fatturato nel 2012) guidano le tipologie all’avanguardia dello sviluppo che va prendendo piede sotto la presidenza di Benigno Aquino III, che non solo si trova a guidare il paese fuori da corruzione e nepotismo, ma ha anche fondato la sua presidenza su crescita economica e lotta alla povertà. Con risultati discontinui, ma in ogni caso nel primo trimestre del 2013 l’economia ha raggiunto il valore di 250 miliardi di dollari, con una crescita sull’anno del 7,8%, confermandosi alla testa dello sviluppo asiatico preceduta soltanto dalla Mongolia ma precedendo la Cina.

La classe media, non soltanto va crescendo di consistenza, ma ancor più d’influenza, iniziando a condividere concretamente una prosperità appannaggio per decenni delle élite politiche, dell’aristocrazia terriera e del grande business cinese naturalizzato filippino. Corruzione, instabilità politica e povertà non sono ancora alle spalle, ma i nuovi arrivati al benessere – manager, studenti, impiegati e professionisti – sono all’origine delle fortune nell’arcipelago di brand globali come Zara, Gap, Forever 21, Starbucks, Uniqlo; e di produttori del calibro di Rolls Royce e Bentley.

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