Negli ultimi giorni la guerriglia curda del Pyd – Partito dell’Unione Democratica – ha sconfitto dopo duri combattimenti i miliziani jihadisti di Al Nusra, legati al Al Qaeda – e molti dicono alla Turchia – presso il valico di Ras al-Ayn, prendendo il controllo di una vasta area di territorio proprio al confine con Ankara. Ora la Turchia teme che i partiti curdi attivi nel nord della Siria possano proclamare come avvenuto alcuni anni fa nel Kurdistan iracheno un’entità autonoma nella Siria del Nord, che di fatto già esiste da circa un anno dopo il ritiro da quei territori dell’esercito governativo fedele ad Assad che Damasco ha deciso di schierare contro i miliziani dell’Els e dei gruppi jihadisti.
I combattimenti fra curdi e jihadisti per il controllo di Ras al-Ayn hanno fatto in 3 giorni 43 morti. E sono stati mortalmente feriti da pallottole vaganti due adolescenti turchi di Ceylanpynar, località di frontiera. L’esercito turco ha replicato sparando verso i guerriglieri del Pyd, denunciato come una ”organizzazione terroristica separatista” in lotta con generici ”oppositori”. I curdi siriani e l’opposizione turca hanno più volte accusato il governo di Ankara di aiutare i gruppi jihadisti vicini ad Al Qaeda che combattono lungo il confine e cercano fra l’altro di prendere loro il controllo delle aree curde.
Dopo la vittoria dei guerriglieri del Pyd, vicino al Pkk turco, a Ras al-Ayn, il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu ha minacciato i curdi siriani, affermando che la Turchia sarebbe costretta a rispondere se il Nord della Siria proclamasse l’istituzione di una amministrazione autonoma. La Turchia, riferisce la stampa di Ankara, ha inviato rinforzi militari nella zona di Ceylanpynar, di fronte a Ras al-Ayn sul lato turco, mentre caccia turchi della base di Diyarbakir hanno sorvolato la zona.
A proposito delle intenzioni del Pyd e delle comunità curde siriane, il portavoce del Consiglio del Kurdistan occidentale Shirzad Al-Yazidi ha detto che il loro piano prevede la creazione di una amministrazione ad interim entro tre mesi ed elezioni entro sei mesi. Uno scenario che Ankara teme perché indebolirebbe la sua strategia di sostegno alle milizie sunnite e islamiste da tempo spinte contro il regime di Damasco e anche perché potrebbe avere un effetto domino sui curdi di Turchia, con i quali il regime di Erdogan sta portando avanti una difficile trattativa negoziale.
Il dirigente dell’opposizione turca Faruk Logoglu ieri ha accusato Erdogan di far salire la tensione coi curdi siriani per giustificare un intervento militare diretto contro Damasco. Ankara, ha affermato, ”deve invece smettere di appoggiare i gruppi radicali in Siria”. Il quotidiano turco Zaman, prima vicino al governo e da alcuni mesi critico, rileva però ”che nonostante abbia in passato più volte dichiarato che non tollererà mai uno stato curdo nella Siria del Nord, Ankara e’ riluttante ad agire unilateralmente nel paese vicino”.
Da parte dei curdi turchi aumenta la pressione nei confronti del governo turco, accusato ripetutamente di “sabotare” il processo di pace in corso con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan che dovrebbe mettere fino a un conflitto che va avanti da quasi 30 anni ma che negli ultimi mesi è in una fase di stallo sempre più vicina alla rottura. E’ quanto ha denunciato lo stesso Pkk in una nota citata dall’agenzia d’informazione ‘Firat’. “E’ chiaro che il governo é dietro i tentativi di sabotare il processo di pace” si legge nel comunicato in cui si contesta la volontà del partito al governo, Giustizia e Sviluppo (Akp), di realizzare nuove caserme dell’esercito nei territori curdi. Il Pkk ha quindi rilanciato la richiesta di permettere a un gruppo di medici indipendenti di visitare il leader del Pkk in carcere ormai da 14 anni, Abdullah Ocalan, che a marzo ha annunciato uno storico cessate il fuoco e la cui salute si è aggravata. Tra le riforme chieste dai curdi anche l’abolizione di quelle norme della legislazione antiterrorismo in base alle quale sono stati imprigionati migliaia di simpatizzanti della causa curda, e l’introduzione nelle scuole dell’insegnamento di tutte le materie in lingua curda. “Stiamo inviando un ammonimento finale al governo – conclude la nota – se non adotterà immediatamente le misure chieste dal nostro popolo e dalla nostra opinione pubblica, il processo di pace non andrà avanti e la colpa sarà soltanto sua”.
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