Dall’Australia alla Cina, le grandi compagnie minerarie probabilmente non aspettavano altro. In Groenlandia è svolta sulla cosiddetta “tolleranza zero”, il divieto di estrazione di materiali radioattivi, come l’uranio. Una politica ereditata dalla Danimarca, Regno di cui questa nazione autonoma sull’Artico fa parte, e che ora dovrà dare il proprio assenso.
Ma intanto il Parlamento di Nuuk ha fatto la sua scelta, per quanto sofferta dal momento che la decisione è passata con 15 voti contro 14 ed è promossa da un Governo, affidato dal marzo scorso alla socialdemocratica Aleqa Hammond, che ha vinto le elezioni promettendo una maggiore attenzione all’ambiente. Ma in questa nazione di 57mila abitanti, il premier deve fare anche i conti con le difficoltà dell’economia: «Non possiamo accettare che disoccupazione e costo della vita aumentino – ha detto la signora Hammond durante il dibattito in Parlamento – mentre l’economia è bloccata. È dunque necessario che superiamo la “tolleranza zero” verso l’uranio».
Il progetto Isua, scrive London Mining nel proprio sito, è destinato «a produrre ogni anno 15 milioni di tonnellate di concentrato di minerale di ferro di altissima qualità per l’industria siderurgica». «Questo è davvero un momento storico per la Groenlandia», ha detto Kirkegaard. Malgrado le perplessità degli ambientalisti e l’attesa di 3.000 lavoratori stranieri: «Spero davvero che il Governo si sia venduto a caro prezzo, in modo che London Mining rispetti requisiti più severi di quanto avesse intenzione di fare», è stato il commento di Gitte Seeberg, segretario generale di Wwf Danimarca.
* Sole 24 Ore del 25 ottobre 2013
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