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Svolta in Groenlandia: porte aperte all’estrazione di uranio e terre rare

Dall’Australia alla Cina, le grandi compagnie minerarie probabilmente non aspettavano altro. In Groenlandia è svolta sulla cosiddetta “tolleranza zero”, il divieto di estrazione di materiali radioattivi, come l’uranio. Una politica ereditata dalla Danimarca, Regno di cui questa nazione autonoma sull’Artico fa parte, e che ora dovrà dare il proprio assenso.

Ma intanto il Parlamento di Nuuk ha fatto la sua scelta, per quanto sofferta dal momento che la decisione è passata con 15 voti contro 14 ed è promossa da un Governo, affidato dal marzo scorso alla socialdemocratica Aleqa Hammond, che ha vinto le elezioni promettendo una maggiore attenzione all’ambiente. Ma in questa nazione di 57mila abitanti, il premier deve fare anche i conti con le difficoltà dell’economia: «Non possiamo accettare che disoccupazione e costo della vita aumentino – ha detto la signora Hammond durante il dibattito in Parlamento – mentre l’economia è bloccata. È dunque necessario che superiamo la “tolleranza zero” verso l’uranio».

La Groenlandia apre dunque agli investitori stranieri lo sfruttamento dei suoi depositi di uranio e delle terre rare, metalli utilizzati nei cellulari, nei monitor e nelle tecnologie per l’energia pulita di cui finora la Cina detiene un controllo quasi totale (il 90%) sulla produzione mondiale. Ed è proprio la Cina uno dei Paesi più interessati a una regione strategica per le risorse minerarie ma anche per l’apertura di nuove rotte commerciali. Non a caso, nelle stesse ore in cui il Parlamento votava a Nuuk, il ministro dell’Industria Jens-Erik Kirkegaard affidava alla britannica London Mining quello che ha definito il più grosso progetto commerciale avviato in Groenlandia, l’investimento in un gigantesco deposito di minerali di ferro a 150 km da Nuuk, nel quale la compagnia britannica intende coinvolgere altri partner stranieri, probabilmente proprio cinesi.

Il progetto Isua, scrive London Mining nel proprio sito, è destinato «a produrre ogni anno 15 milioni di tonnellate di concentrato di minerale di ferro di altissima qualità per l’industria siderurgica». «Questo è davvero un momento storico per la Groenlandia», ha detto Kirkegaard. Malgrado le perplessità degli ambientalisti e l’attesa di 3.000 lavoratori stranieri: «Spero davvero che il Governo si sia venduto a caro prezzo, in modo che London Mining rispetti requisiti più severi di quanto avesse intenzione di fare», è stato il commento di Gitte Seeberg, segretario generale di Wwf Danimarca.

* Sole 24 Ore del 25 ottobre 2013

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