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Il boicottaggio internazionale si fa sentire sulle colonie israeliane

La campagna internazionale di boicottaggio (Bds) comincia a farsi sentire sull’economia delle colonie israeliane insediate nei Territori Palestinesi. Un articolo del Washington Post tradotto in italiano dalla campagna BdS – Italia.

Una campagna internazionale di boicottaggio dei prodotti israeliani provenienti dagli insediamenti si è rapidamente trasformata da un fastidio lontano in una dura realtà economica per gli agricoltori israeliani nella Valle del Giordano della Cisgiordania.

Il reddito dei produttori dei 21 insediamenti della vallata, il quale dipende dalle esportazioni, lo scorso anno è sceso di oltre il 14 per cento, o 29 milioni dollari, in gran parte perché le catene di supermercati europei, in particolare quelli in Gran Bretagna e in Scandinavia, evitano sempre di più peperoni, datteri, uva e erbe aromatiche dell’area, dicono i coloni.

“Il danno è enorme”, ha detto David Elhayani, presidente del Consiglio regionale della Valle del Giordano, che rappresenta circa 7.000 coloni. “In effetti, oggi, quasi non vendiamo più al mercato europeo (occidentale)”.

Israele ha minimizzato l’impatto della campagna per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni lanciati da attivisti palestinesi nel 2005 per convincere Israele a ritirarsi dalle terre occupate.

“Per lo più, è solo uno sgradevole rumore di fondo”, ha detto il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano Yigal Palmor, sostenendo che i suoi effetti complessivi sono stati trascurabili.

Tuttavia, il lamento degli agricoltori della Valle del Giordano arriva sullo sfondo di un crescente dibattito in Israele sulle conseguenze di un eventuale fallimento della recente missione per i negoziati del Segretario di Stato americano John Kerry. Kerry vuole concordare le linee di un accordo di pace israelo-palestinese, nonostante i grandi disaccordi tra le parti.

Sostenitori israeliani di uno scambio di terra per la pace con i palestinesi hanno avvertito che Israele potrebbe essere oggetto di un sempre crescente boicottaggio – dell’entità di quello che ha fatto crollare il regime dell’apartheid in Sudafrica – se dovesse respingere le proposte che Kerry presenterà nelle prossime settimane.

Il ministro delle Finanze Yair Lapid, parlando venerdì con Ynet, sito di notizie, ha avvertito gli israeliani che “proseguire con la situazione esistente danneggerà il portafoglio di ognuno di noi”, in particolare colpendo le esportazioni.

I palestinesi, pure, potrebbero subire ripercussioni se i colloqui dovessero collassare, per esempio meno aiuti dall’Europa.

Il destino della Valle del Giordano è un argomento di rilievo nelle riunioni di Kerry con i leader israeliani e palestinesi. I palestinesi vogliono uno stato che comprende la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme est, terre conquistate da Israele nel 1967, e la vallata costituirebbe il confine orientale della Palestina con la Giordania.

Kerry ha proposto che Israele mantenga il controllo militare del confine per almeno 10 anni dopo che un accordo di pace sia stato raggiunto per rispondere alle preoccupazioni israeliane circa un attacco arabo a sorpresa o l’eventuale afflusso di armi e militanti.

I falchi della sicurezza israeliani dicono che la vallata deve rimanere sotto il controllo israeliano per sempre. I palestinesi sostengono che questo impedirebbe loro di stabilire uno stato reale perché hanno bisogno dei terreni agricoli e degli spazi aperti.

Uzi Dayan, ex consigliere per la sicurezza nazionale israeliana, ha detto che Israele ha bisogno della vallata, che costituisce quasi un quarto della Cisgiordania, per la profondità strategica.

“Essere qui nella Valle del Giordano è qualcosa di esistenziale”, ha detto questa settimana, mentre stava su una montagna che domina la distesa di piantagioni di datteri. “La sicurezza nazionale di Israele è basata su confini difendibili, non sul boicottaggio”.

Ma le preoccupazioni economiche sono in crescita per alcuni agricoltori della vallata.

Niva Benzion, che vive nel villaggio Netiv Hagdud, un tempo vendeva l’80 per cento dei suoi peperoni e dell’uva alle catene di supermercati in Europa occidentale, in particolare in Gran Bretagna.

Le vendite in Europa occidentale sono crollate negli ultimi due anni, ha detto, aggiungendo che ora vende principalmente all’Europa orientale e alla Russia, a prezzi fino al 40 per cento in meno. Ha ridotto la sua area di coltivazione di un terzo questa stagione e dubita che possa far quadrare i conti in futuro.

Zvi Avner, capo del comitato per l’agricoltura nella Valle del Giordano, ha confermato che le vendite di peperoni e uva verso l’Europa occidentale – soprattutto Gran Bretagna e Scandinavia – sono scese di circa il 50 per cento e quelle delle erbe aromatiche di circa il 30-40 per cento.

Avner ed Elhayani hanno detto che sono fiduciosi di poter superare le difficoltà, con le vendite nei nuovi mercati e utilizzando tecniche più efficaci per l’agricoltura.

Secondo l’Unione europea, gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme est, dove ora vivono più di 550.000 israeliani, sono illegali secondo il diritto internazionale, ma non ha invitato al boicottaggio dei consumatori di prodotti degli insediamenti.

Nell’ambito dei colloqui di pace guidati dagli Usa, l’Unione europea ha promesso a Israele e ai palestinesi una partnership senza precedenti, che poco manca alla piena adesione all’UE, se raggiungono un accordo. Tuttavia, se i colloqui falliscono, i palestinesi potrebbero aspettarsi tagli agli aiuti dell’UE, mentre Israele potrebbe dover prepararsi per una più dura presa di posizione contro gli insediamento da parte dell’Europa.

Questo potrebbe includere piani per rilanciare a livello UE delle linee guida sull’etichettatura dei prodotti degli insediamenti. Attualmente, circa la metà dei 28 stati membri sostiene l’etichettatura differenziata, una misura che consentirebbe ai consumatori di osservare un boicottaggio.

La Gran Bretagna ha pubblicato linee guida per i rivenditori sull’etichettatura volontaria dei prodotti degli insediamenti nel 2009. Nel mese di dicembre, l’ente per il commercio estero della Gran Bretagna ha fortemente scoraggiato le imprese dal fare affari con gli insediamenti.

Negli ultimi anni, diverse catene di supermercati inglesi hanno cominciato ad etichettare o hanno sospeso la vendita di prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani.

“I supermercati cominciano a rendersi conto che c’è in ballo davvero un grande rischio per la loro reputazione”, ha detto Michael Deas dalla Gran Bretagna, un coordinatore per il movimento internazionale di boicottaggio.

Marks & Spencer ha detto che non vende prodotti provenienti dagli insediamenti dal 2007. La catena di supermercati di lusso Waitrose ha detto che ha smesso di vendere le erbe aromatiche dagli insediamenti nella Cisgiordania diversi anni fa. Morrisons, la quarta più grande catena di supermercati in Gran Bretagna, ha detto che ha smesso di vendere i datteri dagli insediamenti nel 2011. Nel 2012, il Co-operative Group, la quinta più grande catena di supermercati del paese, ha proibito i prodotti degli insediamenti israeliani dai suoi scaffali.

Alcuni rivenditori, come la Co-op, hanno detto che stavano prendendo una posizione morale, denunciando l’illegalità degli insediamenti. Altri, come Waitrose, hanno detto che la loro è stata una decisione commerciale.

In Germania, la catena di supermercati Kaiser ha detto che ha smesso di vendere nel 2012 i prodotti degli insediamenti della Cisgiordania e delle Alture del Golan, annesse da Israele.

Funzionari israeliani dicono che il boicottaggio ha forti connotazioni antisemite e mira a delegittimare lo Stato ebraico.

I sostenitori della campagna dicono che stanno guadagnando terreno e hanno indicato una serie di recenti successi. Questa settimana, la società di gestione di fondi pensione olandese PGGM ha detto che ha disinvestito da cinque banche israeliane, perché sono coinvolte nel finanziamento per la costruzione di insediamenti ebraici.

Altre misure, come ad esempio una recente decisione da parte di un gruppo di studiosi statunitensi di boicottare le università israeliane, ha provocato un ampio contraccolpo, in parte perché ha preso di mira Israele, e non solo gli insediamenti.

I coloni della Valle del Giordano dicono che un boicottaggio danneggerebbe anche i circa 6.000 palestinesi impiegati nelle loro aziende.

I funzionari palestinesi ribattono che Israele ha soppresso praticamente tutto lo sviluppo economico palestinese nella vallata e che i palestinesi potrebbero creare decine di migliaia di posti di lavoro se fossero liberati dal giogo israeliano.

Mentre alcuni coloni sperano di vedere la vallata annessa ad Israele, Benzion, 57 anni, ha detto che non avrebbe ostacolato la pace, anche se questo significherebbe smantellare il lavoro di una vita.

“Non c’è niente che mi spezza il cuore così facilmente, soprattutto non i mattoni”, ha detto. “Non avrei nessun ripensamento di lasciare quest’area, se ci fosse in cambio un trattato di pace con i nostri vicini. Lo apprezzerei”.

Fonte: Washington Post 

Traduzione di BDS Italia

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