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Palestina. Militari israeliani sgomberano il villaggio resistente di Al Karamah

Nena News. All’alba di questa mattina, intorno alle 4 del mattino, il neonato villaggio palestinese di Al Karamah, a Beit Iksa (Gerusalemme), è stato sgomberato dalle forze militari israeliane. Bulldozer dell’esercito hanno demolito le tende e evacuato tutti gli attivisti presenti. Poco prima l’esercito aveva chiuso il checkpoint d’accesso al villaggio, impedendo a chiunque di avvicinarsi.

Le forze israeliane erano già attese nella notte di sabato, dopo che dalla radio della Mezzaluna Rossa avevano comunicato l’imminente raid per procedere allo sgombero di al-Karamah. La situazione è rimasta tranquilla fino alle sette del mattino di ieri, quando la polizia di frontiera si è presentata con la stessa ordinaria disinvoltura con la quale tecnici ed ingegneri effettuano un sopralluogo di un cantiere qualsiasi.

Si trattava della fase preparatoria della demolizione del villaggio palestinese di al-Karamah. Infatti, come per Bab al-Shams, i militari israeliani hanno preventivamente acquisito informazioni sulle strutture ed il numero di civili presenti, per consentire alla Corte Suprema di dichiarare l’area “zona di interesse militare” e rilasciare un ordine di evacuazione.

Al-Karamah (in arabo “dignità”) è il villaggio gemello di Beit Iksa, che si estende per circa 14.000 dunam (1 dunam equivale a mille metri quadrati) su di un territorio già fisicamente oppresso dall’occupazione. Beit Iksa si trova, infatti, a soli dieci minuti da Gerusalemme, ma è isolato: un checkpoint regola gli accessi al villaggio dall’unica strada di collegamento con Ramallah (e quindi Gerusalemme), la colonia di Ramot – costruita sul territorio occupato nel 1967 – lo circonda insieme al cantiere per l’alta velocità Gerusalemme-Tel Aviv, in appalto all’italiana Pizzarotti, il cui tracciato passerà anche attraverso i Territori Occupati senza, però, prevedere stazioni di fermata a beneficio dei palestinesi. Beit Iksa è stato oggetto, nel mese dicembre 2012, dell’ordine di esproprio delle terre destinate alla costruzione della barriera di “sicurezza”, che lascerà agli abitanti del villaggio solamente 400 dunam.

Sulla scia di quanto avvenuto a Bab al-Shams, gli abitanti di Beit Iksa hanno, quindi, deciso di costruire un villaggio gemello con il supporto di Fatah. Come dichiarato da Abdallah Abdallah (membro del Comitato Esecutivo di Fatah) durante un meeting con il sindaco Kamal Habbab, la fazione leader dell’Autorità Palestinese ha fornito le prime strutture abitative e (con la visita di Abdallah) sancito la primacy nel supporto alla lotta di Beit Iksa.

Mazin Qumsiyeh, professore ed attivista palestinese, è scettico: “Il fenomeno del coinvolgimento della leadership nelle azioni di resistenza popolare siinserisce in una logica di ricerca del consenso (politico) che vuole sfruttare l’alto impatto mediatico ed emotivo che tali situazioni comportano”, spiega a Nena News.

Contrariamente alla solidarietà di circostanza, “la popolazione è determinata a resistere fino alla revoca definitiva dell’ordine di esproprio, perché le terre che Israele vuole annettere sono la principale fonte di sostentamento per il villaggio”, spiega a Nena News Mahmoud, studente universitario di Beit Iksa. Secondo Shadi, nata a Beit Iksa ma residente ad Abu Dis (Gerusalemme Est), “le restrizioni imposte dall’installazione del checkpoint, che da tre anni limitano il transito ai soli residenti del villaggio, hanno de facto creato le condizioni per un trasferimento forzato della popolazione e l’isolamento di Beit Iksa”.

Al-Karamah ha accolto da sabato palestinesi ed internazionali. E dopo l’esperienza di Bab al-Shams e Beit Iksa, c’è da aspettarsi qualche altra sorpresa.
* Nena News

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