Non è facile leggere il risultato delle elezioni amministrative che si sono svolte – parliamo del primo turno – in Grecia domenica scorsa. Se i primi exit poll infatti consegnavano uno scenario dove l’affermazione della sinistra radicale e il crollo dei partiti di governo sembravano netti, i risultati reali resi noti durante la giornata di ieri hanno cambiato notevolmente l’equilibrio tra le diverse forze, rivelando una estrema complessità del panorama politico ellenico.
Partiamo dal risultato del partito di Alexis Tsipras che si afferma di nuovo come seconda forza con il 17,7% dei voti a livello nazionale. Innanzi tutto va detto che il voto locale in Grecia subisce condizionamenti maggiori rispetto a quello nazionale – il clientelismo, il voto di scambio, la subalternità ai ras locali sono fortissimi soprattutto nelle regioni periferiche – e che quindi in genere le forze di sinistra vengono penalizzate. Va detto anche che gli elettori greci non hanno dimostrato un grande entusiasmo per elezioni locali che pure avevano un valore non di routine – l’affluenza è stata del 60% circa, come la scorsa volta – e che sono state presentate in particolare dalla sinistra radicale come la possibilità di delegittimare un governo di ‘larghe intese’, pedina locale della troika e dell’Ue, per poi poter chiedere in caso di sfondamento di Syriza che si vada presto alle urne per dare al paese un esecutivo realmente rappresentativo della volontà popolare.
Ma l’agognato sfondamento di Syriza non c’è stato. La coalizione guidata da Alexis Tsipras, trasformatasi recentemente in partito, dovrà puntare tutto sul secondo turno delle amministrative, domenica prossima, per dimostrare di essere in grado di sbaragliare le forze governative che vengono punite dall’elettorato soprattutto nella capitale e nella sua regione, l’Attica, ma che in generale reggono assai meglio del previsto il giudizio popolare dopo molti anni di asservimento totale ai diktat dell’austerity e della troika.
L’affermazione di Syriza è stata maggiore proprio nel cuore del paese, dove ha sfiorato e superato la soglia del 20%, perdendo però alcuni punti percentuali rispetto alle ultime elezioni politiche, quelle del balzo dal 5 al 27%.
Il candidato sindaco della sinistra radicale nella capitale, il giovane economista Gavriil Sakellaridis, alla fine però si è piazzato solo secondo, con il 19.9% delle preferenze, superato dal sindaco uscente di centro-sinistra Jorgos Kaminis (21.1%). E’ andata meglio alle regionali dell’Attica, dove la candidata di Syriza, Rena Dourou, ha ottenuto il primo posto con il 23.8% contro il 22.1% del presidente uscente, anche in questo caso di area Pasok, Jannis Sgouros. In tutti e due i ballottaggi più importanti – è la prima volta che accade dalla fine della dittatura dei colonnelli – i candidati del centrodestra di Nea Dimokratia vengono esclusi, indicando uno spostamento generale ‘a sinistra’ dell’opinone pubblica, almeno di quella parte che si reca alle urne. In molti casi il partito del premier Samaras è stato boicottato da una parte dei suoi elettori che non vedono di buon occhio le avances della direzione di Nuova Democrazia nei confronti della destra più radicale e addirittura dei nazisti di Alba Dorata. A Salonicco, seconda città del paese per popolazione e importanza, in testa si è piazzato un candidato di centrodestra che ha surclassato quello di ND imposto dalla direzione.
Se il Pasok, come partito, è crollato, mimetizzato tra l’altro in una coalizione denominata ‘L’Ulivo’, alcuni dei suoi candidati di area hanno conquistato il ballottaggio in molte regioni e comuni, e anche Nea Dimotrakia può vantare il primo posto ottenuto in ben otto dei tredici territori in cui è diviso il paese. Syriza invece, oltre che nell’Attica, accede al secondo turno solo nel Peloponneso e in altre due regioni. In alcuni casi ha perso molti voti rispetto alle scorse politiche, a causa di candidati di establishment o provenienti dal Partito Socialista – in alcuni casi sostenitori, fino ad un certo punto, dei prestiti capestro della Troika – che hanno allontanato una parte dell’elettorato più critico e radicale. Ed anche la presenza in alcuni casi di liste di più raggruppamenti locali di centro-sinistra rispetto al Pasok ha convinto una parte dell’elettorato più moderato della coalizione a spostare i propri consensi.
Se il giovane leader di Syriza, in tour in Italia in queste ore per la campagna elettorale europea, ha affermato che il voto di ieri in Grecia è stato un referendum contro l’austerità, anche i leader del centrodestra e quello del centrosinistra hanno cantato vittoria. Domenica prossima i candidati di centrosinistra che hanno conquistato il ballottaggio potranno contare sul sostegno di Nuova Democrazia, e in alcuni casi il favore potrebbe essere ricambiato dal Pasok nell’ottica di dimostrare che il governo Samaras è stabile ed ha consenso e sbarrare la strada ai candidati di Syriza.
Da segnalare, in queste elezioni, il boom disomogeneo ma innegabile dell’estrema destra neonazista che ottiene poco più dell’8%. Ma il candidato di Alba Dorata ad Atene ha ottenuto il 16,2% triplicando i voti rispetto alle elezioni amministrative del 2010 e raddoppiando i già consistenti consensi delle scorse politiche. Risultati un po’ più bassi ma allarmanti in Attica (11%) ed in altre regioni del paese, dove anche a livello locale – dove il consenso è condizionato anche dalla logica del voto utile e della governabilità – i neonazisti si affermano comunque come una delle principali forze del panorama politico. Che un partito la cui direzione è in galera, accusata di essere a capo di una banda criminale dedita alle aggressioni, agli omicidi, al racket e al contrabbando di armi e della prostituzione, ottenga un simile consenso non è un dato che può essere sottovalutato. Ormai i consensi espressi nelle zone popolari di Atene e del resto delle città elleniche per i picchiatori di Michaloliakos e camerati non può più essere considerato un effimero e inconsapevole voto di protesta ma va trattato per quello che è: un radicamento elettorale e popolare di un partito che propone una ‘uscita’ reazionaria, xenofoba e ultranazionalista dalla crisi che ha investito tragicamente la Grecia negli ultimi anni. Personaggi pericolosi e inquietanti come Ilias Kasidiaris, sotto processo per aggressione e possesso illegale di armi e Ilias Panagiotaros, anche lui sotto accusa per aggressione, hanno mietuto consensi di massa rispettivamente nei quartieri popolari di Atene e in Attica.
Va sottolineato anche il buon risultato delle liste e dei candidati del Partito Comunista (Kke) – che si presentava con la denominazione di ‘Raggruppamento del popolo’ – che hanno ovunque raddoppiato gli scarsi consensi ottenuti alle politiche del giugno 2012, che si trasformarono in un referendum tra ‘austerità’ (Pasok più ND) e Syriza, convincendo una parte importante dell’elettorato del Kke a votare la coalizione di Tsipras. Questa volta i comunisti, nonostante le difficoltà legate al voto locale, ottengono ottimi risultati un po’ in tutto il paese e il 9% come dato medio alle regionali, circa il 2% in meno rispetto alle amministrative del 2010.
Anche la coalizione della sinistra radicale marxista Antarsya, il cui bacino elettorale alle scorse elezioni politiche era stato letteralmente prosciugato da Syriza, ha ottenuto un 2,3%, circa mezzo punto in più rispetto alle scorse elezioni locali.
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