Sono stati denunciati presso la Corte penale internazionale (Cpi) i dirigenti della Chevron, multinazionale statunitense già condannata in Ecuador per uno dei più gravi casi di inquinamento ambientale in Amazzonia ma che si rifiuta di rispettare la sentenza.
A intraprendere l’azione legale, anzitutto nei confronti dell’amministratore delegato John Watson, è stata un’organizzazione che riunisce le 80 comunità di agricoltori e di nativi colpite dal disastro ecologico e sociale provocato da venti anni di attività estrattive portate avanti tra il 1967 e il 1990 dalla Texaco, poi assorbita dalla Chevron, violando le più elementari misure di tutela dell’ambiente evidentemente considerate un freno al profitto.
Nel 2011 la società statunitense è già stata condannata in Ecuador, con una sentenza dal valore storico, a versare risarcimenti per circa nove miliardi e mezzo di dollari. La somma non è stata però ancora versata dalla multinazionale e la Chevron ha anzi presentato ricorso presso la Corte costituzionale dell’Ecuador.
L’Union de Afectados y Afectadas por las Operaciones de Texaco – l’associazione che riunisce le vittime dell’inquinamento e le popolazioni indigene che vivono nella zona devastata dall’irresponsabilità della Texaco/Chevron – un mese fa ha presentato ricorso contro la Chevron presso il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, sostenendo che il mancato risarcimento dei danni causati – falde acquifere inquinate, aumenti dei casi di tumore – costituisce una violazione dei diritti umani della popolazione dell’Ecuador.
Ma incredibilmente ora è la Chevron a tentare di colpire gli attivisti per i diritti umani dell’Ecuador sul fronte giudiziario. Alla fine dello scorso anno, sfruttando una legge federale statunitense degli anni ’70 pensata per combattere la mafia e il crimine organizzato – il cosiddetto RICO Act – i dirigenti della Chevron hanno denunciato ad un tribunale di New York i firmatari della class action e i loro avvocati accusandoli di essere a capo di un’organizzazione a delinquere che ha corrotto giudici e autorità locali al fine di ottenere una sentenza favorevole (!) ma illegittima.
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