Dopo quasi sei anni di crisi economica e recessione, quasi un greco su tre si trova oggi a vivere in povertà e ad avere debiti, mentre il reddito disponibile è precipitato al di sotto della soglia di povertà.
E’ questa la drammatica immagine del Paese che emerge da una ricerca effettuata dall’Istituto per le piccole imprese della Confederazione ellenica dei professionisti, artigiani e commercianti (Ime-Gsevee). I dati dell’indagine, mostrano che le famiglie greche si trovano ad affrontare enormi difficoltà nel soddisfare i loro impegni quotidiani anche minimi. Nello stesso tempo, la mancanza di un’efficace legislazione in materia di pignoramenti delle case e l’aumento esponenziale delle tasse di proprietà hanno alimentato una nuova ondata di insicurezza.
Tre famiglie greche su 10 sono costrette a vivere con il più basso reddito familiare annuo che è inferiore a 10.000 euro. E le difficoltà sono naturalmente maggiori quanti più sono i membri che compongono i nuclei familiari. Il 46,9% degli intervistati ha dichiarato che il suo reddito familiare è insufficiente, non soddisfa le esigenze quotidiane, mentre il 55% ha affermato di aver bisogno di ulteriori aiuti, come prestiti dai parenti, vendite di proprietà o mutui dalle banche.
Inoltre, il 35,9% delle famiglie greche (oltre un milione) ha almeno un componente disoccupato. Tuttavia, solo l’8,9% di queste persone riceve sussidi di disoccupazione. L’indagine ha inoltre rilevato che il 52% degli intervistati considera la pensione come la principale fonte di reddito. Preoccupante, secondo l’indagine, è anche il fatto che le famiglie greche abbiano visto ingigantire i costi per l’assistenza sanitaria a causa di una maggiore partecipazione del settore privato e la riduzione della spesa pubblica per la sanità.
Infine, è stato stimato che nel 2014 ad oltre il 54% delle famiglie elleniche è stato chiesto di pagare più di 500 euro per la tassa di proprietà sulla prima abitazione e tre nuclei familiari su 10 hanno espresso il timore di perdere la casa in seguito ai sempre crescenti oneri finanziari e al pesante incremento delle tasse supplementari.
Non sorprende, visti i dati drammatici, che la Federazione internazionale dei diritti umani abbia accusato alcuni mesi fa i governi di Atene – sotto dettatura della Troika – e le istituzioni internazionali di aver abbandonato i cittadini in nome del diktat del salvataggio delle banche.
Per l’organizzazione non governativa fondata nel 1922 le misure per contrastare la crisi del debito hanno portato a una “violazione dei diritti umani senza precedenti”.
Durante la crisi più profonda dalla seconda guerra mondiale, “i leader internazionali e le organizzazioni hanno agito con il solo obiettivo di salvare le banche senza prendere in considerazione gli effetti disastrosi sulla popolazione”, ha dichiarato durante una conferenza stampa il presidente della federazione Karim Lahidji.
Al termine di un’inchiesta condotta a gennaio del 2014 l’Ong ha valutato quanto le misure di rigore imposte dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario alla Grecia in cambio dei numerosi prestiti abbiano messo a rischio i diritti dei lavoratori e delle fasce deboli della società.
Secondo l’ong, la disoccupazione è salita fino a superare quota 25%, mentre i salari minimi sono scesi del 22% dopo il secondo prestito concesso nel 2012.
La federazione ha dimostrato come il sistema sanitario sia stato danneggiato dai tagli di bilancio. “I medici ci hanno raccontato che non potevano più operare alcuni pazienti”, ha spiegato Noeline Blackwell, che ha condotto l’inchiesta, perché c’era troppa gente in fila negli ospedali pubblici ed è stata rilevata inoltre “una mancanza di strumentazione e di personale”.
Nemmeno i diritti politici e di libertà di espressione sono stati risparmiati, con l’aumento delle violenze della polizia nei confronti dei manifestanti, le aggressioni xenofobe da parte di Alba Dorata e la chiusura della tv pubblica Ert nel giugno del 2013 da parte del governo, addirittura con l’invio della polizia a sigillare gli studi e a manomettere i trasmettitori dell’emittente.
La Troika composta da Commissione Ue, Fmi e Bce, secondo la federazione, è dunque colpevole di aver imposto allo stato di mettere in pratica riforme che incoraggiano la violazione dei diritti umani, mettendo in prima fila il bene delle banche allo scopo di scongiurare lo scoppio di una crisi sistemica.
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