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Decine di morti in Ucraina, la tregua è sepolta

Doveva essere la volta buona, almeno nelle intenzioni delle parti in causa – regime di Kiev e repubbliche popolari – e delle varie potenze che nel quadrante ucraino combattono una partita che sembra prolungarsi oltre le previsioni. Dopo qualche giorno di calo del numero e dell’intensità dei combattimenti, però, la pace di Minsk è morta e sepolta anche nella sua seconda versione, quella di inizio dicembre. 

A sommare le vittime dell’ultima settimana si contano alcune decine di morti, sia tra i militari di entrambe le parti sia tra i civili delle città assediate del Donbass.
I bombardamenti di artiglieria e gli scontri sono riesplosi con grande intensità in varie zone. Tra queste ciò che rimane dell’aeroporto di Donetsk – ormai ridotto in polvere – che sorge in una zona strategica per il controllo dei territori circostanti, che i ribelli affermano di aver riconquistato nella sua interezza anche se naturalmente Kiev smentisce. Comunque, dopo l’annuncio da parte delle autorità della Repubblica di Donetsk dell’avvenuta vittoria, dalla zona dell’aeroporto continuano ad arrivare gli echi degli spari, segno che i soldati governativi sono comunque nei dintorni. Andréi Lisenko, portavoce delle forze armate ucraine, ha affermato che almeno sei militari sono morti intorno all’ex scalo e 18 sono rimasti feriti.
Gli intensi bombardamenti operati dall’artiglieria pesante ucraina sui quartieri di Donetsk hanno causato almeno sette morti tra i civili. Martedì scorso l’episodio più grave, quando un proiettile – o una mina piazzata dai paramilitari governativi, accusano i ribelli – ha colpito un autobus fermo ad un checkpoint  uccidendo 13 civili che erano a bordo e ferendone un’altra ventina. La tragedia è avvenuta a un posto di blocco dell’esercito ucraino sulla strada che collega Donetsk e Mariupol, sul mare d’Azov, ultima grande città dell’est sotto il controllo di Kiev. 
Scontri anche alle porte di Mariupol, dove le milizie ribelli hanno concentrato i propri attacchi nelle ultime ore. Nei giorni scorsi si erano diffuse voci sul fatto che il regime di Kiev, nonostante la tregua e la mediazione sul terreno degli inviati dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) stesse ammassando truppe e armi nella zona cuscinetto in attesa di sferrare un attacco in grande stile contro i territori insorti dopo il golpe filoccidentale del febbraio scorso.
Notizie confermate solo in parte, anche se all’inizio di questa settimana la Rada ha votato una legge che di fatto decreta la mobilitazione generale. Su proposta dell’esecutivo Jatseniuk-Poroshenko il Parlamento ha adottato una legge che prevede tre ondate di “mobilitazione parziale” di riservisti nell’esercito per il 2015 per sostenere lo sforzo bellico nella parte orientale del paese. Secondo la norma, conseguenza di un decreto presidenziale firmato alla vigilia, la prima ondata inizierà domenica 20 gennaio e mobiliterà circa 50mila combattenti. Le altre ondate sono previste teoricamente ad aprile e giugno. Il regime ucraino si giustifica con la necessità di inviare forze fresche al fronte per sostituire i reparti più usurati ma la sensazione che Kiev stia preparando la spallata finale, se non ora comunque a primavera, è consistente. Intanto la riunione del gruppo di contatto – i rappresentanti di Kiev, delle Repubbliche, della Russia e dell’Osce – prevista per oggi è stata rimandata dopo che la delegazione ucraina non è arrivata nella capitale della Bielorussia sede dei colloqui. A causa dello stallo nel compimento di alcune condizioni previe all’avanzare del negoziato è stata rimandata anche la prevista riunione tra la Cancelliera tedesca Angela Merkel e i presidenti di Francia, Russia e Ucraina prevista ieri ad Astana, capitale del Kazakistan.
Nel frattempo il segretario del Consiglio nazionale di Sicurezza di Kiev, Oleksandr Turchinov, ha elevato di nuovo i toni dello scontro, affermando che il conflitto potrebbe sfociare in una “guerra continentale su ampia scala” accusando naturalmente la Russia di preparare un intervento diretto contro l’Ucraina, oppure di mirare alla destabilizzazione economica e militare del paese.
Pessime le notizie sul fronte economico: nonostante i miliardi versati nelle casse di Kiev da Ue, Stati Uniti e Fmi – non certo a fondo perduto – la Banca mondiale ha diffuso nuove stime negative per quanto riguarda il Pil ucraino nell’anno appena concluso. Rispetto a una precedente valutazione (- 8%), secondo la nuova stima il calo è stato del -8,2%. Anche per il 2015, la precedente previsione di una recessione del -1% è diventata già un -2,3%.

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