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L’Arabia Saudita è il primo importatore di armi al mondo

Spodestando la assai più popolosa e teoricamente potente India, lo scorso anno l’Arabia Saudita è diventata il primo importatore di armi al mondo con una spesa annuale di ben 6,5 miliardi. A sancire il sorpasso sono i dati dell’appena pubblicato Rapporto sulla difesa globale, della società di consulenza Ihs. L’impennata degli investimenti militari sauditi é quantificata al 54%, percentuale destinata a rimanere pressoché stabile (52%) anche quest’anno, con una spesa di 9,8 miliardi di dollari. Un dollaro ogni sette spesi in tutto il mondo in importazioni di armi e sistemi militari di vario tipo sarà speso dall’Arabia saudita, rivela il rapporto che conferma l’espansione militare di un paese che potendo sugli introiti derivanti dall’esportazione delle sue risorse naturali ha ingenti quantità di denaro da investire nella creazione di un esercito che è già tra i più potenti e miglior equipaggiati di tutto il Medio Oriente. Riad, d’altronde, non nasconde le sue aspirazioni egemoniche e la volontà di costruire una proiezione internazionale anche in campo militare oltre che economico e diplomatico. All’ascesa militare dell’Arabia Saudita si accompagna quella di altri paesi dell’area suoi alleati e complessivamente del Consiglio di Cooperazione del Golfo, che raccoglie tutte le petromonarchie e altri paesi attorno alla leadership e all’egemonia saudita (anche se con qualche problema di competizione con il Qatar, anch’esso in ascesa).

Gli Emirati Arabi uniti (Eau), secondo potenza economica dopo l’Arabia Saudita nell’area, seguono Riad nell’aumento della spesa militare. Complessivamente, i due paesi hanno investito nel 2014 la cifra di 8,7 miliardi in sistemi ed apparati di difesa, più di tutti i paesi dell’Europa dell’Est messi insieme.
Dall’altro lato della filiera del commercio di armi, Stati Uniti e Russia si confermano i primi due paesi esportatori di materiale bellico. L’Italia si conferma tra i primi dieci paesi esportatori al mondo salendo al sesto posto dopo Francia, Regno Unito e Germania e seguita da Israele, Cina, Spagna e Canada. Secondo il citato rapporto la Finmeccanica entra, al decimo posto, nella top-ten delle aziende esportatrici globali. I paesi del Medio Oriente, la regione che conta attualmente il più elevato tasso di concentrazione di conflitti del pianeta, hanno speso lo scorso anno complessivamente 120 miliardi di dollari, ha calcolato il Paramount Group, il 12% in più rispetto l’anno precedente.
Un ruolo determinante hanno assunto le monarchie petrolifere, non solo per le cifre dei rispettivi budget militari, ma per la loro crescente incisività nello scenario regionale: non si limitano più a finanziare operazioni e cambiamenti rimanendo in seconda linea e obbedendo alle direttive statunitensi come in passato, ma partecipano attivamente, come nel caso dei bombardamenti degli Eau e del Bahrein, prima sospesi, poi ripresi, contro obiettivi dell’Isis in Iraq e in Siria.
Secondo alcuni analisti, l’Arabia Saudita e le altre petromonarchie del Golfo temono una alleanza tra gli Stati Uniti e l’Iran che potrebbe far passare in secondo piano la storica collaborazione tra Washington e le potenze sunnite, e per questo avrebbe accelerato di molto negli ultimi mesi gli sforzi atti a dotare Riad di un suo esercito in grado di funzionare indipendentemente dal complesso bellico statunitense.

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