Se qualcuno pensa che solo in Italia ci si trovi di fronte a alternative impossibili da scegliere sul piano politico, lo scenario israeliano non è da meno. La sfida sulle elezioni di oggi è infatti tra il Likud, il partito di destra capeggiato da Netanyahu, e l’Unione Sionista capeggiata da Herzog e dalla ex ministra Tzipi Livni.
Le elezioni sono state convocate anticipatamente dopo lo scioglimento del terzo governo Nethanyau a seguito dello scontro con il Ministro della Giustizia, Tzipi Livni e il Ministro delle Finanze, Yair Lapid. In un primo momento Netanyahu pensava di avere già un quarto mandato in mano e di poter ottenere la maggioranza alla Knesset grazie all’alleanza con l’estrema destra nazional-religiosa di Naftali Bennet con i partiti religiosi aschenaziti e sefarditi. Ma a distanza di tre mesi dalla crisi di governo nel dicembre 2014 il quadro politico israeliano si è modificato e nel centro-sinistra è emersa la coalizione Unione Sionista (un nome che è tutto un programma) che appare in testa nei sondaggi.
L’Unione Sionista, è guidata daYitzhak Herzog, esponente di un’importante dinastia politica che ha fondato questo nuovo partito – l’Unione sionista appunto – fondendolo con ha-Tnuah (Il movimento), costola del vecchio partito Kadima (Avanti) creato a suo tempo da Ariel Sharon.
Herzog, ha spostato il partito ancora più “a destra” aprendolo ai fuoriusciti dal Likud, ma che condividono la necessità di pervenire a un accordo con l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). L’Unione sionista afferma di essere preoccupata per la situazione economica del paese, ma i temi sociali sono solo marginali nella sua agenda, mentre punta piuttosto a risolvere le tensioni con l’amministrazione statunitense ed a tentare l’avvio di un nuovo accordo di pace con l’Anp. In apparenza una politica diversa da quella guerrafondaia e oltranzista di Netanyahu, ma una coalizione che è giunta a definirsi come Unione Sionista non lascia ben sperare. I palestinesi innanzitutto, inclusi i palestinesi del ’48 che oggi risultano esser cittadini israeliani, di serie B, ma israeliani. Questi ultimi a loro volta hanno dato vita per la prima ad una coalizione unitaria dei partiti arabo-israeliani. I sondaggi mostrano che la Lista Araba Unita potrebbe guadagnare il terzo posto e diventare un fattore decisivo nel meccanismo che domina la politica israeliana: la creazione della coalizione di governo. Molti nella comunità arabo-palestinese in Israele, che rappresenta il 20% degli otto milioni di cittadini israeliani, vedono la ritrovata unità come una svolta nella battaglia contro la discriminazione: anche se hanno pieni e eguali diritti, gli arabi israeliani spesso accusano di essere trattati come cittadini di seconda classe.
Occorrerà attendere domani mattina per i risultati definitivi, ma sicuramente la sfida si giocherà su uno scarto di pochi seggi (approssimativamente 2 o 3) e non sono escluse a loro volta coalizioni post-elettorali anche tra i due partiti di maggioranza, ovvero una grande coalizione nazionale tra Likud e Unione Sionista. Insomma al peggio non c’è mai fine. Sarà per questo che i leader israeliani ripetono sempre che l’Italia è il miglior alleato di Israele in Europa?
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