E’ fissata per lunedì 30 marzo la consegna da parte del governo ellenico di un nuovo pacchetto di cosiddette riforme ai partner dell’Eurozona. Una lista chiesta dai creditori internazionali in cambio dello sblocco degli aiuti finanziari che occorrono alla Grecia per affrontare una crisi di liquidità assai seria. Ad informare della scadenza è stato ieri il portavoce del governo di Atene Gabriel Sakellaridis il quale ha annunciato che la lista “sarà approntata al più tardi entro lunedì” ed ha aggiunto che “non conterrà misure recessive, ma cambiamenti strutturali”. Già durante la propria visita a Berlino e il suo incontro con Angela Merkel il premier greco Alexis Tsipras aveva promesso la realizzazione di «ampie riforme strutturali», anche se, aveva spiegato, è «necessario ottenere un nuovo mix politico» per alleviare l’impatto sociale ed economico causato dal programma di salvataggio.
“Ieri ho parlato con Tsipras e si è detto disposto a presentare la lista delle riforme a inizio della settimana prossima”, ha confermato il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker al Parlamento Ue, spiegando che qualche giorno fa era “pessimista, non c’erano progressi”, ma “ora siamo tornati a una dinamica più normale”. La Bce ha intanto aumentato il tetto dei prestiti di emergenza (Ela) che la Banca centrale greca può fornire al sistema bancario ellenico, portandolo a oltre 71 miliardi.
Ma secondo le prime indiscrezioni sul contenuto della lista da presentare all’Eurogruppo le misure potrebbero costituire un’amara sorpresa per i greci che continuano a sperare che il governo Syriza-Anel possa condurli fuori da una crisi che ha investito il paese come un uragano. Si parla infatti di un aumento dell’età pensionabile a 67 anni, equiparando così il limite a quello già in vigore in altri paesi dell’Unione Europea, mentre i lavoratori e le lavoratrici potrebbero ritirarsi dal lavoro a 62 nel caso in cui abbiano maturato almeno 40 anni di contributi. Inutile dire che l’elevamento dell’età pensionabile ritarda l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani, contribuendo a mantenere alta una disoccupazione che da tempo viaggia a livelli del 25%. Si parla anche di un aumento dell’Iva, chiesto a gran voce dalla Troika; non si sa a che livello e su quali merci o servizi, ma anche questa se verrà confermata non sembra proprio una buona notizia.
Brutte notizie anche sul fronte delle riparazioni di guerra, che la sinistra ellenica – e a dir la verità anche i nazionalisti di destra di Anel – continuano giustamente a chiedere al governo della Repubblica Federale Tedesca. La Germania non ha mai pagato alla Grecia vere e proprie riparazioni generali di guerra che, secondo alcune stime, ammonterebbero a 70 miliardi di euro attuali. Negli Anni Sessanta Bonn si limitò a versare 115 milioni di marchi come forma di assistenza alla Grecia. Nei giorni scorsi il parlamento di Atene ha anche formato una speciale commissione per studiare la questione e ancora durante la sua visita a Berlino Alexis Tsipras aveva citato esplicitamente la richiesta di risarcimento per i danni subiti durante l’occupazione tedesca della Grecia nel secondo conflitto mondiale. «Va affrontata da entrambe le parti, è un problema non materiale ma morale», aveva detto Tsipas, «per superare per sempre fascismo e nazismo e fare in modo che i totalitarismi non tornino mai più al potere». Il premier aveva anche stemperato i toni della polemica con Berlino affermando che la satira sulla cancelliera Merkel paragonata in alcune vignette a una leader nazista «è ingiusta nei confronti di Angela Merkel e dei tedeschi». «La Germania democratica di oggi non ha nulla a che fare col terzo Reich», ha aggiunto Tsipras, con una dichiarazione che la lasciato sconcertati non pochi greci (nella foto greci travestiti da nazisti tedeschi durante una protesta contro la Troika) che sulla loro pelle hanno vissuto in questi anni la violenza delle misure imposte dal governo tedesco. Che alle aperture del premier ellenico ha risposto con la consueta durezza: le riparazioni di guerra sono una questione «chiusa dal punto di vista sia giuridico sia politico» ha ribadito Frau Merkel.
Nei giorni scorsi il governo greco aveva minacciato di requisire alcune proprietà tedesche ad Atene, fra cui le sedi del Goethe Institut e la Scuola tedesca di archeologia, come compensazioni per i danni della seconda guerra mondiale. Era stato in particolare il ministro della Giustizia greco a dirsi pronto a firmare una sentenza della Corte Suprema che consentirebbe ad Atene di sequestrare beni tedeschi come parziale risarcimento per i crimini commessi nel paese dai nazisti. Riferendosi a una decisione pronunciata nel 2000 dalla massima istanza giuridica del paese, Nikos Paraskevopoulos ha ricordato che il provvedimento sosteneva il diritto dei sopravvissuti della cittadina di Distomo in Beozia – dove il 10 giugno del 1944 le forze occupanti naziste uccisero 218 persone, tra cui diversi bambini come rappresaglia dopo un attacco dei partigiani – a chiedere un risarcimento.
“La legge – ha ricordato il responsabile della Giustizia – stabilisce che per attuare il provvedimento è necessario un ordine del ministro. Ritengo che tale permesso debba essere dato e sono pronto a farlo”, aveva spiegato Paraskevopoulos nel corso di un’intervista, suscitando un vespaio di polemiche sia all’interno del paese che a livello internazionale.
Ma dopo pochi giorni il Ministro della Giustizia di Atene si è rimangiato la promettente minaccia, e ieri ha smentito “le voci” (che in realtà sono sue dichiarazioni pubbliche…) secondo cui il governo di Atene avrebbe intenzione di confiscare i beni tedeschi a titolo di risarcimento per i danni di guerra. “Nessun cittadino greco vorrebbe la confisca di uno storico Istituto educativo e culturale come il Goethe di Atene”, ha detto Paraskevopoulos.
Intanto l’ex ministro delle Finanze greco Yorgos Papaconstantinou, 53 anni, è stato condannato ieri a un solo anno di carcere con una sospensione della pena per tre anni, da un tribunale speciale che lo ha riconosciuto colpevole di aver rimosso i nomi di suoi parenti da un elenco di cittadini greci intestatari di depositi bancari in Svizzera – la ‘Lista Lagarde’ – e accusati di evasione fiscale per un valore complessivo di alcuni miliardi di euro. Nell’elenco figuravano i nomi di 2.059 greci che hanno un conto corrente nella succursale di Ginevra della banca Hsbc. I nominativi, contenuti in un cd, erano stati forniti nel 2010 a Papacostantinou dall’allora ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde (attuale direttore dell’Fmi), ma il cd si era poi misteriosamente volatilizzato. Quando la lista venne recuperata, con alcuni anni di ritardo, i parenti del ministro si erano casualmente cancellati.
L’ex ministro è stato giudicato da un tribunale speciale composto da 13 giudici della Corte suprema (Areios Pagos) e del Consiglio di Stato che lo ha riconosciuto colpevole di falsificazione di documenti ufficiali e ha stabilito la restituzione della cauzione di 30.000 euro.
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