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Repubblica turca, l’ora dei veleni

Bülent Arinç, il vicepremier che non vuol far ridere le donne in pubblico, almeno così dichiarò l’estate scorsa in una frase rimasta celebre, critica Erdoğan per i ripetuti tentativi di forzare la mano spingendo verso una trasformazione della Repubblica da parlamentare a presidenziale. Arinç, fondatore come l’ex capo dell’esecutivo diventato presidente del Partito della Giustizia e dello Sviluppo, considera queste spinte iniziative autoritarie con cui si fortifica solo un enorme potere personale, alla maniera di Putin. I reiterati interventi critici verso un politico che si ritiene un insostituibile perno del sistema turco stanno ormai assumendo contorni imbarazzanti: quasi ogni pronunciamento presidenziale viene setacciato con cura dal collega-rivale che, pur non mostrando un carisma pari a Erdoğan, può vantare un buon seguito in una delle zone industriali del Paese. Si tratta dell’area di Bursa, dove il presidente proprio grazie ai buoni uffici di Arinç s’è creato uno zoccolo duro di sostegno fra quei lavoratori e piccoli imprenditori, che nell’ultimo quindicennio hanno spinto in avanti la locomotiva economica turca.

 

L’intraprendente Arinç mette i bastoni fra le ruote anche al recente rilancio di contatti fra l’Atatürk islamico e Öcalan, interrotti due anni or sono e rimasti in crisi dopo il ritiro dal ruolo e da un possibile ingresso in politica del capo del Mıt Fidan.  Questi è stato un collaboratore fidatissimo di Erdoğan che rimase interdetto alla notizia delle dimissioni. La ripresa di colloqui col leader kurdo prigioniero, oltre a riaprire i contatti sull’annosa questione della copiosa minoranza, potrebbe consentire a Erdoğan di ottenerne l’appoggio parlamentare al possibile disegno di legge presidenzialista per il quale l’Akp non ha la maggioranza assoluta (gli mancano una cinquantina fra seggi e voti). Arinç ha ultimamente bacchettato Erdoğan perché non ha mantenuto le promesse sul suo ruolo ma s’è trovato aggredito da un altro fedelissimo del presidente: il sindaco di Ankara Gökçek, che lo accusa d’essere diventato un membro del movimento Hizmet, il gruppo con cui Fetullah Gülen lancia attacchi al sistema erdoğaniano. Veleni ricambiati: establishment corrotto e autoritario da una parte, golpismo da Stato parallelo dall’altra per un panorama politico rissosissimo, seppure all’apparenza non deteriorato. Le consultazioni di giugno preparano scontri infuocati e incrociati. 

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