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In Finlandia perdono i conservatori, “falchi” dell’austerità

L’Unione Europea perde appeal e pezzi anche nel cuore dell’Europa de nord, nei paesi che fin qui hanno rappresentato il “nocciolo duro” dei pasdaran dell’austerità.

Ieri ci sono state le elezioni in Finlandia, infatti, e i conservatori guidati da Stubb – lo stesso partito cui appartiene Jyrki Katainen, ex premier e ora vicepresidente della Commissione europea, con delega alle questioni economiche – hanno clamorosamente perso. E non è andata meglio ai socialdemocratici, che – seguendo uno schema largamente adottato in molti altri paesi dell’Unione – li avevano accompagnati in un governo di “grande coalizione”, con un programma di “riforme strutturali” identiche a quelle dei paesi Piigs nella logica, ma naturalmente un po’ meno drastiche, vista la situazione assai migliore dei conti pubblici.

Ma tre anni di recessione e declino, durante i quali il grande marchio orgoglio della piccola nazione – la divisione cellulari di Nokia – è scomparso dal mercato, assorbito dall’americana Microsoft. Il nuovo esecutivo sarà certamente guidato dal vincitore delle elezioni, l’imprenditore miliardario Juha Sipila, leader del Partito di Centro, probabilmente in colazione col partito dei Finlandesi, un movimento euroscettico di destra guidato da Timo Soini. 

Il Partito di Centro ha vinto ottenendo però appena il 21,1% dei consensi, pari a 49 seggi su 200. Secondi –  in termini di seggi (38) – sono appunto i Finlandesi, che superano di misura il Partito di Coalizione nazionale del premier uscente, Alexander Stubb (18,2% e 37 seggi); solo quarti i socialdemocratici con il 16,5% e 34 seggi.

I risultati garantiscono quindi una situazione difficilmente governabile, perché occorreranno almeno tre dei quattro principali partiti per formare una maggioranza. E il gioco delle vicinanze politico-ideologiche favorisce un’alleanza tra Sipila e il movimento populista di destra di Soini.

L’appellativo di “euroscettico” in una paese del nord Europa ha un significato diverso rispetto a quello di movimenti etichettati alla stessa maniera più a sud. Nel 2011 i “Veri Finlandesi” ottennero più o meno gli stessi voti di ieri, ma rifiutarono di entrare nel governo perché si opponevano al piano di salvataggio per la Grecia. A maggior ragione oggi, quando Atene è guidata da un esecutivo assai meno arrendevole dei precedenti, sembra difficile evitare una coalizione finlandese egemonizzata dagli “ultra-duri”, che vogliono la cacciata della Grecia dall’euro e dall’Unione, oltre che una stretta sull’immigrazione.

Economia e rapporti internazionali – la Russia è il vicino sempre ritenuto “pericoloso” da tutti i governi guidati dalla destra finlandese – saranno comunque le spine principali per la costituzione di un esecutivo cui è facile prevedere una vita travagliata.

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