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Il Pd nel buco nero dell’astensionismo

La tornata elettorale consumata in Emilia Romagna e Calabria ci consegna – oltre la cortina fumogena delle paludate chiacchiere degli opinionisti e degli abituali commentatori dei media dominanti – la crescita impressionante del fenomeno dell’astensionismo dalle urne il quale condiziona ogni possibile giudizio, di tipo tradizionale, sui risultati elettorali.

E’ evidente che il dato emerso è profondamente diverso dal già accertato corso, registrato nelle passate tornate elettorali, verso la disaffezione degli elettori nei confronti dello strumento del voto.
Questa volta le cifre della fuga dal voto sono impressionanti ed anche il dato che questo indicatore provenga, soprattutto, dall’Emilia Romagna (uno dei centri pulsanti del capitalismo tricolore) è paradigmatico di come nelle viscere della società italiana sono in corso sommovimenti sociali che prefigureranno, sempre più, novità e scenari politici inediti rispetto all’abituale contesto verso cui, tutti noi, siamo abituati ad interloquire e riferirci nella nostra pratica politica.

Sulle cifre dei voti ai partiti
In Emilia Romagna il Partito Democratico ha perso circa 300.000 voti, Forza Italia smarrisce 400.000 elettori e la Lega Nord, pur aumentando le percentuali, in realtà perde 50.000 voti. Il buon Vasco Errani nel 2010 era stato eletto con 1.197.789 voti. Adesso il candidato renziano, Bonaccini, ne ha ottenuti 615.516 quindi con un calo di 582.273 voti. Una perdita di non poco conto.
Certo la Lega Nord ha superato Forza Italia sancendo un risultato importante nella strategia di Matteo Salvini ma anche per i padani, in salsa social/razzista, non c’è quell’effetto sfondamento che auspicavano a seguito della loro nuova e disinvolta strategia politica post/Bossi.
In Calabria registriamo per l’astensione la stessa dinamica anche se, per ciò che attiene al nuovo presidente della regione, Mario Olivieri, dobbiamo evidenziare che l’eletto del PD non è direttamente riconducibile alla cordata di Renzi ma è un personaggio legato ai vecchi equilibri di potere del partito i quali, in Calabria, godono ancora di spazi materiali di manovra e di gestione consistente di interessi forti. Questo si vede anche dai risultati elettorali, dove le forze “tradizionali” mantengono le prime posizioni (PD, Forza Italia, UDC) mentre le liste di opposizione sono relegate in fondo alla “classifica”.

A proposito della questione astensionismo e disaffezione al voto
La peculiarità dell’astensionismo e della disaffezione alla politica imperante oggi nelle società a capitalismo maturo è che essi non solo non possono essere visti necessariamente come sintomo antagonistico e/o rivoluzionario, ma possono essere addirittura fattore di stabilizzazione e di nuova qualità delle moderne forme del dominio. In questo caso, però, va aggiunta una riflessione relativa al fatto che l’altissima quota di astensionismo si ha nella regione dove le percentuali di voto sono sempre state altissime fino a ieri e che è sempre stata la roccaforte del centrosinistra e la sua base politica.
Indubbiamente le iniziative pre-elettorali della magistratura hanno avuto un peso su questo risultato, ma non si può negare che ciò rappresenta una prima evidente crepa nella strategia renziana; perdere peso politico dove la situazione sociale non è paragonabile a quella, ad esempio del sud, significa che si sta manifestando una contraddizione tutta politica sulle scelte che sta facendo il PD in significativi strati del suo elettorato storico che si è astenuto e che non ha votato le liste di opposizione.
E’ certamente presto per dirlo, ma può entrare in crisi la prospettiva dello stesso governo Renzi; se si conferma lo smottamento elettorale già nelle regionali del prossimo anno, si potrà avere l’effetto di mettere in crisi il patto del Nazzareno, con un Berlusconi alle corde già da oggi, ed aprire una nuova giostra politica come quelle che abbiamo visto dal 2011 con la crisi prima del governo Berlusconi, poi di Monti e poi di Letta.
Questa prospettiva appare chiara già nelle dichiarazioni di Renzi stesso che tenta di sminuire il rischio che si profila all’orizzonte, peraltro rasentando il ridicolo. Infatti di fronte al recente tracollo degli iscritti al PD  il “nostro” dichiarò che contano gli elettori, e di fronte al tracollo degli elettori, sempre il “nostro”, ora dichiara che l’astensionismo è un fatto secondario. In realtà la scissione tra la società reale e la dimensione istituzionale è sempre più forte, produce effetti inaspettati con un elettorato sempre più “volatile” e rischia di rendere più difficile la tanto agognata governabilità. Situazione questa che sta segnando anche il Movimento 5 Stelle, che aveva dato per scontato un aumento esponenziale del proprio voto e comunque uno “zoccolo duro” del proprio elettorato che si sta dimostrando non essere affatto tale.
Se usciamo dai dati strettamente elettorali e dai giochi della politica istituzionale quello che emerge è che la crisi sta ridisegnando lo scenario sociale e politico facendo riemergere, in forme spesso distorte, il nodo della rappresentanza di quel blocco sociale penalizzato dall’attuale sviluppo capitalistico. E’ su questo dato, che nel tempo andrà amplificandosi, che bisogna ragionare per ridare forza ad una opposizione di classe e ritrovare un ruolo per i comunisti nel nostro paese.

Una opposizione politica e sociale all’altezza della sfida e della nuova qualità della posta in gioco
I risultati elettorali di questo appuntamento elettorale, se pur limitati a due aree geografiche del paese, inducono ad una riflessione collettiva l’insieme dei compagni e degli attivisti politici e sociali che agiscono nelle diversificate pieghe del conflitto.
Nelle ultime settimane tutti noi abbiamo partecipato e valorizzato i segnali di un rinnovato protagonismo sociale nei posti di lavoro, nei territori e nelle piazze. Le stesse contestazioni, in ogni città, alle uscite demagogiche e propagandistiche di Matteo Renzi sono un positivo segnale di questa iniziale riattivazione sociale alla quale – come Rete dei Comunisti – non abbiamo fatto mancare il nostro contributo militante.
Restano, però, sul terreno (e questi risultati elettorali né sono una conferma) tutti gli snodi teorici e politici inerenti a ciò che abbiamo definito il rompicapo della Rappresentanza Politica degli interessi dei settori popolari della società. Un tema vero e scottante che intendiamo porre all’attenzione, nel vivo delle forme del conflitto, ai compagni tutti.
Una rappresentanza che abbia i suoi tratti politici molto chiari e netti. Il primo è indubbiamente quello della totale indipendenza dal PD e dai suoi alleati; le ambiguità, i giochi elettorali e le tattiche usate dalla sinistra in questi anni nei confronti del PD sono ormai logore ed è necessario affermare definitivamente la fine di ogni subalternità. L’altro elemento costitutivo è la totale opposizione alla Unione Europea e all’Euro, quali strumenti usati per schiavizzare i popoli del continente alle logiche del capitalismo continentale. Come è altrettanto strategica la costruzione di un rapporto organico e indipendente con i settori di classe nella nostra società.
Una questione, vieppiù urgente, mentre si aggrava la catastrofe politica della sinistra e dei suoi variegati epigoni, e mentre anche il movimento di Grillo/Casaleggio è sostanzialmente inadatto, incapace e non conseguente nel promuovere, per davvero, elementi di lotta sociale e di relativo intreccio con un auspicabile programma di avanzamento e di critica serrata alle politiche economiche e sociali di Renzi, della borghesia continentale europea e all’insieme delle scelte dei poteri forti del capitale.
Un compito non facile, particolarmente in un contesto in cui i fattori di crisi economica incubano reazioni populiste, razziste e dichiaratamente neofasciste, non solo in Italia ma in tutto lo spazio europeo.

Come Rete dei Comunisti non ci siamo mai sottratti a questa complicata discussione ed abbiamo, sempre, rifuggito da ogni deriva politicista, identitaria o falsamente autoconsolatoria, per rifugiarci, magari, nel cielo dell’astrazione ideologica per scansare i problemi che la complessità della situazione ci impone.
I risultati di queste elezioni e le conseguenze che ne scaturiranno, anche nel breve/medio periodo, sono, per quanto ci riguarda, un ulteriore stimolo al confronto, all’approfondimento delle questioni ed alla costruzione di ogni possibile sinergia di mobilitazione, di conflitto e di organizzazione sociale e, soprattutto, politica.

Rete dei Comunisti

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