Come da tradizione negli ultimi decenni, le autorità turche hanno vietato l’accesso alla simbolica piazza Taksim di Istanbul alle manifestazioni sindacali organizzate per il Primo Maggio, lasciando presagire, come per gli anni precedenti, che i manifestanti che tenteranno di violare il divieto verranno pesantemente attaccati.
Il Primo Maggio dell’anno scorso gli scontri fra polizia e manifestanti, scoppiati quando questi ultimi avevano tentato di entrare a piazza Taksim, si erano conclusi con 90 feriti e 142 arresti, secondo il bilancio ufficiale probabilmente sottostimato.
La enorme Piazza Taksim non è soltanto ricordata per le grandi manifestazioni del giugno-luglio 2013 che avevano paralizzato la città turca per settimane, ma è anche carica di simboli e significati per il movimento operaio: il primo maggio del 1977 ben 34 persone – lavoratori, sindacalisti, studenti e attivisti politici di sinistra – furono uccise dalle forze dell’ordine che aprirono il fuoco sui manifestanti.
Da allora, adducendo scuse di volta in volta diverse, le autorità non hanno praticamente mai più concesso la piazza ai lavoratori, se non in poche circostanze.
In una nota, il governatore della più grande città della Turchia, Vasip Sahin, ha spiegato che la piazza non era “adatta alle celebrazioni del primo maggio” e che aveva pertanto respinto la richiesta dei sindacati di riunirvisi, parlando di “rischi alla sicurezza delle persone”.
Secondo i media turchi, almeno 10.000 poliziotti sono stati mobilitati per vietare ai pedoni l’accesso alla piazza mentre i servizi di metropolitana o di autobus che collegano la spianata al resto della metropoli sono stati sospesi.
Mentre nei giorni scorsi i portavoce del coordinamento “Taksim solidarietà”, accusati di gravi reati per aver rappresentato pubblicamente la protesta che portò in piazza milioni di persone nell’estate di due anni fa, sono stati assolti, davanti a un altro tribunale di Istanbul prosegue invece il processo contro 35 tifosi dello storico club Carsi del Besiktas che aveva aderito alla rivolta manifestando insieme alle altre tifoserie, tentando più volte l’assalto agli uffici dell’allora primo ministro Erdogan che avevano sede proprio nel quartiere di Besiktas e scontrandosi con le forze dell’ordine dopo aver eretto barricate in varie zone della città.
Ora i 35 ultrà noti per l’ideologia di sinistra radicale e anarchica rischiano una gravissima condanna all’ergastolo per “tentato golpe”. I 35 tifosi sono accusati anche di “associazione criminale” e di avere “voluto creare una immagine simile a quella delle primavere arabe per la stampa estera per fare cadere il governo”. Accuse “fantasiose” e di natura politica per varie forze dell’ opposizione che hanno denunciato il processo come illegittimo.
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