Tra venerdì e domenica altre quindici persone sono state uccise nel Guerrero, stato messicano che si affaccia sull’oceano Pacifico. Sabato sera è stato ritrovato ucciso al volante del taxi collettivo che guidava per lavoro l’attivista Miguel Ángel Jiménez, fondatore della Unión de pueblos y organizaciones del estado de Guerrero (Upoeg), un’organizzazione sociale di autodifesa contro le violenze dei narcotrafficanti. Jiménez aveva partecipato attivamente alle proteste e alle indagini sulla scomparsa, nel settembre del 2014 ad Iguala, di 43 studenti, rapiti dalla polizia locale e probabilmente uccisi da una banda di narcos con la complicità dell’esercito. Un caso che ha reso ancora più evidente quanto sia profonda la complicità tra le bande criminali e gli apparati dello stato messicano.
Il corpo di Jiménez presentava ferite da arma da fuoco ed è stato ritrovato nel paesino di Xaltianguis, nella zona rurale di Acapulco. Scrive di lui un cronista della redazione messicana del quotidiano spagnolo El País: “Quest’uomo aveva dissotterrato a mani nude decine di cadaveri sepolti in fosse comuni. Diceva che gli veniva la pelle d’oca solo a pensare al modo in cui erano stati assassinati: soli, nel bel mezzo della notte, con un colpo di pistola alla nuca. Sabato è toccato a lui, senza che potesse nemmeno difendersi”.
Nelle stesse ore nella piazza del Mariachi ad Acapulco, nota località turistica, la polizia ha trovato il corpo di un giovane di venti anni ucciso a colpi di pistola, mentre altri due uomini sono stati uccisi nella colonia Centro e presso il terminal dei camion.
Nella colonia di Alta Cuauhtémoc, sempre alla periferia di Acapulco, domenica la polizia ha rinvenuto cinque cadaveri, quattro uomini e una donna, parzialmente sepolti.
Lo stato di Guerrero ha registrato lo scorso anno 1.514 omicidi. Nel 2015 sono già stati 943. Il tasso di omicidi nel 2014 è risultato di 42,7 ogni 100 mila abitanti, contro una media nazionale di 13,08: Acapulco è considerata attualmente una delle città più violente del mondo.
Nei giorni scorsi intanto la polizia ha diffuso un video che mostra i presunti assassini del fotoreporter Rubén Espinosa, trovato morto nei giorni scorsi insieme a quattro donne, tutte torturate e violentate prima di essere assassinate con un colpo alla testa. Tra le vittime della brutale strage anche la 32enne Nadia Vera, attivista per i diritti umani e antropologa che aveva più volte denunciato la responsabilità delle autorità dello stato di Veracruz in molti casi di omicidio e di complicità con il narcotraffico, in particolare del governatore dello Stato, Javier Duarte, ribattezzato il ‘mata periodistas’ (l’ammazza giornalisti).
Il video, girato da una telecamera di sicurezza, mostra due uomini che escono dall’abitazione di Città del Messico in cui è stato ritrovato il corpo del giornalista più volte minacciato di morte per la sua attività di inchiesta. Nel video uno dei due uomini sale a bordo di una Ford Mustang rossa, mentre l’altro con una valigetta nera viene raggiunto da un altro uomo. I due se ne vanno a piedi. Secondo gli inquirenti, i tre uomini sono ricercati per l’omicidio delle cinque persone ed una persona sarebbe già stata fermata.
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