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Atene: “accordo fatto”. Una capitolazione tira l’altra…

Una capitolazione tira l’altra… e anche di fretta, visto che entro il 20 agosto Atene deve ottenere il beneplacito da parte dei cosiddetti creditori per il via libera al terzo programma di finanziamenti in cambio del quale la Troika stringerà ulteriormente il cappio attorno al collo della maggior parte dei greci che dopo le elezioni del 25 gennaio e la vittoria del ‘no’ al referendum di inizio luglio avevano invece tirato un sospiro di sollievo.

L’annuncio dell’accordo raggiunto tra governo Tsipras e rappresentanti della troika allargata al Fondo ESM è arrivato all’alba, dopo una notte di intensi ‘negoziati’ che vanno avanti a ritmo serrato ormai da due settimane. L’accordo sugli obiettivi finanziari rappresenta in realtà un passo solo propedeutico al raggiungimento di una intesa globale che ancora è tutta da vedere. Secondo quanto diffuso dalle agenzie di stampa, l’intesa di massima raggiunta in nottata prevede che la Grecia registrerà nel 2015 un deficit primario (saldo di bilancio, esclusi i pagamenti di debito) pari allo 0,25% del Pil, nel 2016 un avanzo primario dello 0,5% del Pil, dell’1,75% nel 2017 e del 3,5% nel 2018. Una quota sensibilmente inferiore rispetto a quella assurda fissata nel documento imposto ad Atene qualche settimana fa, ma che comunque non lascia molto margine per gli investimenti sociali che Syriza aveva promesso di realizzare per alleviare le sofferenze di milioni di greci precipitati nella povertà proprio da misure analoghe imposte dalla Troika ai precedenti governi. Ancora molti i cosiddetti “dettagli” da chiarire, a detta dello stesso ministro delle Finanze Tsakalotos, come ad esempio il Fondo delle privatizzazioni che dovrebbe di fatto pignorare i principali beni pubblici del paese e la sorte delle sofferenze delle banche creditrici. I ‘negoziati’ si erano incagliati ieri sulla misura introdotta dal governo nei mesi scorsi, che permette a chi ha debiti con lo stato di pagare in cento rate mensili, di cui la Troika chiede l’abolizione. Ma da Bruxelles già ieri arrivavano messaggi del tipo “Atene si sta comportando responsabilmente”, il che può suonare bene ai mercati e nelle stanze dell’establishment continentale ma non certo nelle case dei greci che avevano sperato in una rottura radicale con l’austerity e i sacrifici a senso unico.

L’agenzia Ana parla di un accordo di 27 pagine che contiene 35 “azioni prioritarie” (denominazione che definisce misure da attivare immediatamente e senza ulteriori negoziati) che vanno dalla tassazione dell’industria mercantile alle liberalizzazioni, dalla eliminazione delle pensioni anticipate alle esenzioni fiscali per le isole (anche se posticipate alla fine del prossimo anno nelle isole non turistiche). Fra le misure richieste dai creditori al governo greco vi sono le modifiche alla tassazione sulla stazza dei cargo per le imprese mercantili, la riduzione dei prezzi dei farmaci generici, la revisione – cioè il peggioramento – del sistema di previdenza sociale. Nel pacchetto ci sono anche il rafforzamento del personale dipendente dal dipartimento per i crimini finanziari (Sdoe, l’equivalente della Guardia di Finanza italiana), la deregolamentazione del mercato dell’energia con il via libera alle privatizzazioni da estendere anche in altri settori.

Il tutto dovrà essere chiarito entro il 14 di agosto, quando la prossima riunione dell’Eurogruppo dovrà dare l’ok ai risultati della trattativa, e considerando che il superministro tedesco Shaeuble non ha rinunciato al suo progetto di espellere Atene dall’Eurozona e spinge affinché al massimo venga concesso alla Grecia un prestito ponte e non un accordo complessivo della durata di tre anni.

Se tutto andrà ‘bene’ (per l’Ue e il Fmi, ovviamente), entro il 20 agosto il governo dovrà ottenere l’assenso al piano del parlamento ellenico. Assenso che verrà grazie al voto massiccio dei partiti marionette di Bruxelles, visto che una trentina di parlamentari di Syriza hanno già votato contro gli accordi raggiunti nelle scorse settimane con i ricattatori di Bruxelles. Entro quella data Atene deve pagare una rata alla Bce di ben 3.2 miliardi di euro che non ha, e quindi vuole incassare i primi prestiti da parte della Troika per poter evitare il default. Una posizione di estrema debolezza ampiamente sfruttata dalla squadra di burocrati atterrati ad Atene a metà luglio. Una volta incassato il ‘si’ di un parlamento completamente espropriato di sovranità e ricattato, Tsipras ha intenzione di andare ad un congresso che normalizzi il suo partito eliminando dagli organi dirigenti le aree più critiche, e dopodiché andare a elezioni anticipate a novembre, con liste depurate da possibili dissidenti, in modo da ottenere una maggioranza assoluta in grado di garantirgli un percorso meno accidentato rispetto a quello sperimentato in questi primi mesi di governo.

Per ora i sondaggi danno Syriza saldamente in testa, ed anche in crescita rispetto ai consensi ottenuti il 25 gennaio. Ma i dati economici vanno peggio del previsto, con la produzione industriale che a giugno è nuovamente crollata del 4.5% e in autunno si faranno pesantemente sentire le conseguenze delle nuove misure di austerità accettate a testa china dal quarantenne che aveva suscitato l’entusiasmo di mezzo continente. Per questo Tsipras ha fretta di incassare una nuova fiducia prima che la delusione prevalga sulla speranza. E prima che la sinistra di Syriza, ormai in rotta di collisione con la svolta moderata della segreteria, abbia il tempo di creare una nuova formazione politica e presentarsi alla competizione elettorale e sottrarre preziosi consensi alla versione rivista e corretta della coalizione ex radicale.

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1 Commento


  • Luciano

    “Syriza ancora in testa nei sondaggi, ed anzi in crescita”.Cosa deve ancora succedere al popolo greco per comprendere la natura e il senso del voltafaccia del loro caro primo ministro che altri sondaggi danno addirittura saldamente in testa nelle loro preferenze?Ho sempre pensato che,come del resto in l’Italia,la sinistra,quella vera, rappresenti un’infima minoranza nel paese e i voti di Syriza non siano altro che voti moderati provenienti da un ceto medio in via di estinzione che vede in quella formazione nient’altro che la prosecuzione della linea fin qui seguita dai precedenti governi collaborazionisti.Un partito che passa in due anni dal 3,5% al 25% non può che destare qualche dubbio sulla consapevolezza attorno all’effettiva ferocia della tanto amata “Europa”,ed è bene ricordare che,solo due anni fa i partiti collaborazionisti ebbero la maggioranza assoluta.Tutti improvvisamente rinsaviti,o pervicacemente convinti della “convenienza a restare in Europa”(sic),sostenendo il nuovo Quisling?

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