Mentre i caccia di Ankara riprendevano i massicci bombardamenti delle postazioni della guerriglia curda sulle montagne ai confini tra Turchia e Iraq, il presidente Erdogan è tornato ieri a promettere l’annientamento del Partito dei Lavoratori del Kurdistan. La campagna aerea contro i militanti del Pkk continuerà “finché non rimarrà un solo terrorista” ha tuonato il ‘sultano’ parlando in tv. “Noi continueremo a combattere finché non verranno deposte le armi…e non rimarrà entro i nostri confini anche un solo terrorista”, ha detto il leader islamista, vantando che due settimane di raid aerei hanno inflitto “gravi perdite” alla resistenza curda.
Solo ieri si sono contati una ventina di bombardamenti contro le basi del Pkk nella zona di Hakkari, nel Kurdistan turco, che hanno causato la morte di un numero imprecisato di combattenti (secondo Ankara ne sarebbero morti circa 400 dall’inizio della campagna militare contro i curdi).
Continuano gli scontri anche sul terreno: ieri un soldato è stato ucciso nella provincia di Sirnak mentre due guerriglieri del Pkk sono morti nella provincia di Bingol in uno scontro a fuoco scoppiato quando i partigiani curdi hanno tentato un blitz nel villaggio di Elmali, respinti dalle forze di sicurezza di Ankara che avrebbero arrestato anche 23 tra guerriglieri e militanti del fronte giovanile urbano del Pkk.
Continuano incessanti anche gli arresti di massa contro gli esponenti dei movimenti curdi e le organizzazioni dell’estrema sinistra turca. Mancano cifre ufficiali ma sarebbero ormai ben 1600 le persone fermate o arrestate, e tra queste solo poche decine sono riconducibili alle sigle del jihadismo contro il quale pure Ankara ha dichiarato una guerra che continua a rimanere del tutto simbolica e strumentale alla persecuzione dei veri nemici degli islamo-liberisti dell’Akp.
E nelle ultime ore il regime turco ha anche ufficialmente dato il via alle operazioni di invasione della Siria per la creazione della cosiddetta ‘safe zone’ con il consenso della Nato e la attiva collaborazione degli Stati Uniti.
Come parte dei piani per l’occupazione del nord della Siria, le truppe turche sono penetrate ieri nel territorio di Damasco passando dal valico di confine di Bab Al-Selamê. Secondo quanto riferito dall’agenzia Hawar news (ANHA), alcune brigate jihadiste coordinate dai servizi segreti turchi (Mit) sono entrate ieri pomeriggio nella città siriana di Azaz. Alcune fonti locali hanno riferito che le forze militari di occupazione – denominate “Brigata Sultan Murat” e “Brigata Fatih Sultan Mehmet” si sono poi dirette verso i villaggi di Kefferan e Delhan a bordo di alcuni autobus coperti di bandiere turche e striscioni con i simboli di entrambe le brigate, e di veicoli armati con armi pesanti.
Grazie al sostegno turco, i miliziani dello Stato Islamico hanno conquistato nelle ultime ore le località di Marea e Um Hosh, a Nord di Aleppo nel cantone curdo di Efrine, dopo aver decimato – 25 i morti – e poi cacciato una brigata del cosiddetto Esercito Siriano Libero teoricamente incaricata di presidiare uno dei territori che dovrebbero far parte della ‘zona cuscinetto’ che Ankara vuole creare nel Nord della Siria per spazzare via l’autogoverno curdo e rovesciare il governo di Damasco.
Nei giorni scorsi il Ministro della Difesa turco aveva annunciato un intervento diretto nella zona di Jarablus, in Siria, per impedire l’unificazione territoriale dei tre cantoni del Rojava (Efrine, Kobane e Jezire), più vicina dopo che a giugno i combattenti delle Unità di Difesa del Popolo (Ypg) e delle Donne (Ypj) avevano liberato Tal Abyad dagli islamisti.
Anche se le autorità turche continuano a smentire interventi militari contro le milizie popolari curde in Siria, i comandanti delle milizie del Rojava hanno di nuovo denunciato attacchi contro le loro unità, che avrebbero causato il ferimento di sei guerriglieri curdi. Che, ricoverati in alcuni ospedali del Kurdistan turco, sono stati consegnati dalle autorità turche ai jihadisti di Jabat al-Nusra, la branca siriana di Al Qaeda.
La stessa che nei giorni scorsi ha annunciato il ritiro dei propri miliziani proprio dalla zona di Aleppo di fronte all’avanzata dei rivali dello Stato Islamico, giustificando la mossa con il rifiuto di collaborare alla creazione della zona cuscinetto nel nord della Siria, dove Ankara ha intenzione di ammassare alcune centinaia di migliaia di profughi siriani attualmente rifugiati in Turchia e di realizzare l’addestramento di alcune migliaia di mercenari da lanciare poi contro le forze di Damasco ed eventualmente contro i guerriglieri curdi. Al Nusra ha affermato di non voler collaborare al progetto turco-statunitense nel nord del paese, ma di essere disponibile insieme alle altre forze jihadiste riunite nel cosiddetto ‘Esercito della Conquista” a continuare a contrastare l’Isis in altre zone della Siria.
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