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Ucraina. Vauro nella ‘lista nera’ insieme a Depardieu e Bregovic

Qualche mese fa, insieme al giornalista de Il Fatto Quotidiano Lorenzo Galeazzi e all’interprete Eliseo Bertolasi, il vignettista Vauro si era recato in Ucraino per produrre un documentario sulla situazione causata dalla guerra civile che da più di un anno oppone le forze golpiste di Kiev alle milizie del Donbass. Il quotidiano aveva pubblicato diversi reportage sulle terribili condizioni della popolazione, sulle distruzioni causate dai bombardamenti e dai combattimenti, sugli sfollati e sui profughi, sulle ragioni dell’una e dell’altra parte. Un lavoro che è costato caro al vignettista che, a quanto scrive lo stesso Fatto Quotidiano, si è visto inserire in una “lista nera” che si allunga sempre di più di esponenti di vari paesi considerati nemici di Kiev e indesiderati. E così il nome di Vauro Senesi, insieme a quelli di Bertolasi e Galeazzi, è stato aggiunto alla lunga lista – ben 566 finora i personaggi banditi dal regime golpista – che comprende già Steven Seagal (!), Gerard Depardieu, Goran Bregovic, Emir Kusturica e tanti altri scrittori, artisti, intellettuali, giornalisti ed esponenti politici che hanno osato criticare il governo sciovinista di Kiev, la sanguinosa guerra scatenata contro le popolazioni del sudest del paese, la violazione sistematica dei diritti umani e civili degli oppositori. Vauro è stato in particolare accusato di essere entrato in territorio ucraino senza il permesso delle autorità – il vignettista era passato dalla Russia direttamente nel territorio posto di frontiera di Rostov, controllato dalla Repubblica Popolare Lugansk, e quindi clandestinamente, attentando nientemeno che “all’integrità territoriale” del paese spaccato in due. Per lui e per i suoi collaboratori le autorità golpiste hanno decretato il divieto di ingresso per un certo numero di mesi.

La notizia – c’è da chiedersi se il governo italiano, sostenitore dei golpisti ucraini, batterà un colpo – si aggiunge a quella della messa al bando in Ucraina delle opere di 38 autori russi, perché inciterebbero “all’odio e al separatismo”. A sorvegliare che le opere bandite non entrino nel territorio del paese saranno i Servizi Fiscali incaricati dei controlli doganali, i quali hanno anche annunciato che presto la lista potrebbe essere ulteriormente allungata.
Tra le opere proibite dal regime sciovinista, nella fattispecie dal Comitato Ucraino dell’audiovisivo, anche quelle di Eduard Limonov, uno dei leader del movimento nazional-bolscevico, dell’esponente rosso-bruno Alexander Dugin, e poi quelle del consigliere economico del Cremlino Sergei Glaziev. La misura censoria vuole “impedire la propagazione dell’ideologia dell’odio, del fascismo, della xenofobia, del separatismo”, aveva spiegato alcune settimane fa il responsabile del Comitato per l’audiovisivo Bogdan Chervak. Peccato che nel paese le scorribande dei gruppi e delle organizzazioni scioviniste e neonaziste siano all’ordine del giorno, che i fascisti ricoprano posti chiave nell’amministrazione politica e anche in quella militare e che contro gli antifascisti il regime abbia scatenato sin dall’inizio una feroce campagna di censura e repressione. La realtà è che Kiev vuole tappare la bocca a chiunque metta in discussione il potere degli oligarchi messi in sella dalla Nato attraverso il golpe del febbraio 2014, poco importa l’ideologia o il punto di vista politico di chi finisce nella lista nera.

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