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Turchia. Anche due ‘curdi’ nel governo elettorale. Ancora scontri e morti

Sembra davvero un paradosso che nel governo che dalla fine di luglio sta bombardando le postazioni della guerriglia curda e facendo arrestare migliaia di militanti e dirigenti – sindaci compresi – delle formazioni politiche curde siedano da ieri anche due ministri del Partito Democratico dei Popoli. Se ne parlava da qualche giorno, anche se in pochi ci credevano, e alla fine ieri anche due esponenti del partito nato dalla confluenza della sinistra curda e di alcuni spezzoni della sinistra turca hanno giurato nel nuovo esecutivo guidato dall’islamista ed erdoganiano di ferro, Ahmet Davutoglu, che dovrà portare il paese verso le elezioni già fissate per il primo novembre. Elezioni che nella strategia del partito Akp dovrebbero far recuperare ai liberal-islamisti quella maggioranza assoluta persa all’appuntamento di giugno, quando il calo del partito di governo e l’exploit dell’Hdp avevano reso impossibile la formazione di un esecutivo politico. E così ieri Muslum Dogan è stato designato ministro dello sviluppo economico ed Ali Haydar Konca ministro per le relazioni con l’Unione Europea. 

Il governo elettorale è stato battezzato all’insegna delle polemiche e del caos, dopo che l’ex leader del Partito del Lavoro (Emep) ed attuale deputato dell’Hdp, Levent Tuzel, aveva rifiutato di far parte dell’esecutivo, e anche i due suoi colleghi designati ministri hanno disertato la cerimonia di insediamento in solidarietà con le vittime della repressione turca. Di fatto i due ministri dell’Hdp – è la prima volta in assoluto che esponenti di una formazione che sostiene i diritti nazionali della popolazione curda partecipano ad un governo, anche se nessuno dei due neoministri è di origine curda – fanno parte di un esecutivo svuotato completamente di autorità e relegato all’amministrazione corrente, in un paese in cui da sempre sono gli apparati paralleli dello Stato a comandare, prima all’interno di un regime nazionalista, autoritario e laico nell’orbita Nato e poi, dall’affermazione di Erdogan e dei suoi, nella nuova versione turbo liberista, islamista e altrettanto autoritaria dell’Akp.
Del governo transitorio fanno parte altri 12 ministri designati dal Partito Giustizia e Sviluppo, 11 definiti indipendenti ed un deputato del partito nazionalista di destra Mhp, che pure osteggia apertamente i curdi e da tempo chiede a Davutoglu ed Erdogan di inasprire la già feroce repressione contro la guerriglia e i fronti urbani del movimento di liberazione e di mettere fuori legge l’Hdp. L’esponente degli ultranazionalisti, Tugrul Tyrkes, (tra l’altro figlio del fondatore del movimento) designato alla carica di vice premier, è stato infatti disconosciuto dal suo partito che lo ha minacciato di espulsione se non rinuncerà all’incarico. Nel governo elettorale c’è anche una donna ministro che indossa il velo, ed anche in questo caso si tratta di una ‘prima volta’; si tratta di Aysen Gurcan, responsabile della Famiglia e delle Politiche Sociali. Docente all’Università (privata) del commercio di Istanbul, la donna fa parte del Consiglio di amministrazione di una fondazione islamista, “Il servizio dei giovani e dell’istruzione” (Turgev), di cui Bilal Erdogan – figlio del presidente turco – è uno dei principali responsabili. La fondazione è stata tra l’altro al centro di una inchiesta per corruzione e malversazione di fondi che nell’inverno del 2013 aveva travolto l’allora primo ministro Erdogan prima che le indagini fossero bloccate dall’esecutivo.
Da segnalare che, allo strategico incarico di Ministro degli Interni è andato il capo della polizia di Istanbul, Selami Altinok.
Da parte loro i nazionalisti socialdemocratici del Partito Repubblicano del Popolo (Chp) sembrano osteggiare l’esecutivo dopo il fallimento delle trattative per la formazione di un governo di unità nazionale con l’Akp naufragate nelle scorse settimane. Dopo il fallimento delle trattative seguite alle elezioni del 7 giugno la legge turca impone un ‘governo del presidente’ con la teorica partecipazione di tutte le forze politiche rappresentate in parlamento. Non sarà così, ma comunque il via libera del presidente Recep Tayyip Erdogan permette all’esecutivo elettorale di entrare in carica senza neanche chiedere ed ottenere la fiducia dell’assemblea legislativa.
La formazione del nuovo governo non ha impedito alle forze di sicurezza di Ankara di proseguire le operazioni militari contro la guerriglia curda e di attaccare villaggi e città dove più forte è il radicamento del movimento curdo che da parte sua ha intensificato di nuovo i blitz contro polizia ed esercito. A Tunceli si registrano cinque morti tra guerriglieri e poliziotti in conseguenza di un attacco ad un edificio governativo, mentre a Kiziltepe nel distretto di Merdin la polizia ha sparato contro una macchina uccidendo il 16enne Mazlum Turan e ferendo altre due persone dopo che un’esplosione aveva colpito un veicolo delle forze di sicurezza a poca distanza dalla moschea di Seyda. Due agenti sono stati invece uccisi in un attacco contro la polizia che stazionava nei pressi di un ospedale a Urfa. 
Nel frattempo migliaia di abitanti hanno abbandonato le loro case nella città curda di Hakkari dopo l’ennesimo attacco della polizia contro alcuni quartieri.
Ieri invece due giornalisti britannici del network “Vice News”, Jake Han­ra­han e Phi­lip Pendle­bury, sono stati arrestati insieme al loro traduttore a Diyarbakir; l’accusa nei loro confronti è di aver filmato gli scontri tra polizia e militanti del Pkk “senza la necessaria autorizzazione delle autorità”.

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