Il giornale britannico The Guardian ha svelato un retroscena che getta parecchie ombre sull’operato del “negoziatore dell’Onu” in Libia, lo spagnolo Bernardino Leon. Secondo il giornale, durante l’estate – mentre era impegnato nel suo ruolo di mediatore – avrebbe avviato una trattativa su un compenso di 50.000 euro al mese per un incarico prestigioso per conto degli Emirati Arabi Uniti, ossia uno degli stati parte in nella guerra civile.
The Guardian ha ottenuto e pubblicato una serie di mail che mettono seriamente in dubbio l’imparzialità del diplomatico spagnolo nel negoziato sulla Libia. L’articolo sottolinea come gli Emirati e l’Egitto sostengono apertamente (e militarmente) il governo di Tobruk – per il quale nella sua corrispondenza Leon afferma esplicitamente di parteggiare. E’ vero che il governo di Tobruk è quello “riconosciuto” dalle potenze occidentali e dalla cosiddetta comunità internazionale, ma un negoziatore ha quantomeno l’obbligo della neutralità per essere credibile e quanto rivelato dal Guardian mina proprio questa credibilità.
Leon è a conclusione del suo mandato per l’Onu che passerà adesso al tedesco Martin Kobler, ma appena concluso il mandato assumerà l’incarico di direttore generale della “Accademia diplomatica” degli Emirati, una istituzione con finanziamenti statali con il compito di promuovere e faciltare la politica estera degli Emirati Arabi Uniti ed preparare i suoi diplomatici. In una nota inviata al The Guardian, Leon ha negato qualsiasi conflitto di interesse, ricordando che era sua intenzione lasciare l’incarico Onu entro il primo settembre. Altre mail citate dal quotidiano britannico dimostrano però che a Leon l’incarico è stato offerto a giugno, seguite a luglio da richieste di aumento del compenso per coprire le spese di alloggio. Ad agosto Leon annunciava che si sarebbe trasferito con la famiglia a Abu Dhabi, il più ricco dei 7 emirati che formano lo stato del Golfo.
Ma ci sono elementi ancora più gravi. In una mail inviata il 31 dicembre 2014 al ministro degli esteri degli Emirati, affermava testualmente che: “Non intendo lavorare ad un piano politico che includa tutti”, aggiungendo di avere una strategia “per delegittimare completamente” il General National Congress, cioè il ‘Parlamento’ di Tripoli. Nella stessa mail Leon ammette inoltre che: “Tutte le mie mosse e proposte sono state confrontate con (ed in molti casi messe a punte dal) Parlamento di Torbuk e (con l’ambasciatore libico negli Emirati) Aref Nayed e (l’ex premier libico ora residente negli Emirati) Mahmud Jibril”. Anche la conclusione del messaggio inviato alle autorità degli Emirati risulta una vera e propria lapide sulla non imparzialità di Leon come negoziatore: “Io posso aiutare a controllare il processo mentre sono qui. Tuttavia, come lei sa, non penso di restare qui a lungo…Sono considerato come sbilanciato a favore di Tobruk. e consigliato gli Usa, il Regno Unito e l’Ue di lavorare con voi”.
Leon si è giustificato con The Guardian per aver scritto queste cose perché “il mio obiettivo era conquistare la fiducia di tutti gli attori in gioco”.
Che il negoziato tra le parti in conflitto in Libia fosse “taroccato” era fin troppo visibile. L’ostilità unilaterale delle potenze della Nato contro il governo di Tripoli e il sostegno a quello di Tobruk, è emerso piuttosto chiaramente in questi anni. Una posizione che, di fatto, ha paralizzato ogni seria trattativa che potesse portare ad un governo di unità nazionale. Alla luce delle rivelazioni del The Guardian, è evidente come adesso governi, come quello italiano per esempio, non potranno più nascondersi dietro la foglia di fico del negoziato portato avanti dall’inviato dell’Onu. Il rischio è che una volta che l’imbroglio è stato svelato e che il re è stato dichiarato nudo, le potenze occidentali, l’Egitto e le petromonarchie del Golfo decidano di passare direttamente all’intervento militare in Libia.
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